venerdì 25 febbraio 2022 - Enrico Campofreda

Fattore gas, Khan vola a Mosca nell’ora della guerra

Quando si dice tempismo. Il presidente pakistano Imran Khan può vantare il primato d’essere l’unico politico al mondo ad affacciarsi al Cremlino mentre Mosca attua il piano d’invasione dell’Ucraina. 

Ciò nonostante ha rilasciato dichiarazioni mellite, speranzose in un’attenuazione della crisi, seppure evitando di pronunciarsi sul precipitare degli eventi e tantomeno criticare l’azione russa. Del resto il motivo del viaggio - pianificato da tempo, ma non rinviato nonostante il pesante clima degli ultimi giorni - riguardava l’energia, nella fattispecie la realizzazione del multimiliardario (in dollari) gasdotto da costruire in collaborazione fra i due Paesi. Il costo è così diviso: un miliardo e mezzo per Mosca, tre miliardi e mezzo da parte di Islamabad. Pakistan Stream è un impianto di cui si parla dal 2015, 1.100 km di lunghezza, oltre 12 miliardi di metri cubi di capacità, dai giacimenti caucasici si dovrebbe sviluppare lungo il Mar Arabico fino a Karaki, coinvolge l’Eurasian Pipeline Consortium e l’Operational Service Centre attivi in Russia. La realizzazione ha subìto ritardi anche per le sanzioni della Comunità internazionale al regine putiniano. Quelle inflitte due anni or sono. Giunto nella capitale russa e accolto dalla Guardia d’onore, Khan ha osservato l’intero protocollo con tanto di visita al Milite ignoto, mentre il suo portavoce smentiva notizie d’un rientro anticipato dal tuono dei cannoni, mille e cento chilometri a sud.

Due giorni pieni, come da programma. Idem per l’intero staff. Se in alcune stanze Khan stringeva la mano colloquiando col presidente russo, in altre il ministro degli Esteri pakistano Qureshi incontrava l’omologo Lavrov, parlando anche dell’area centroasiatica, della conferenza sull’Afghanistan tenuta a dicembre a Islamabad, delle prospettive dei nuove tappe sul tema previste a marzo. Dopo l’uscita americana dal conflitto afghano, proprio la questione securitaria rappresenta l’altro intento che l’establishment della popolosa nazione islamica affianca all’interesse energetico. Il suo doppiogiochismo con la galassia talebana, protetta e attaccata secondo i gruppi di potere interni (Intelligence, Forze Armate), è noto da quasi un ventennio. E nell’intricato asse di alleanze globali e contrasti regionali la partita s’ingarbuglia. Un partner di Mosca sul versante mediorientale è l’Iran, Stato redditiere sul fronte energetico come l’Arabia Saudita, e come quest’ultima in prima linea per la supremazia regionale. Com’è lo stesso Pakistan, che in tale competizione non riceve sostegni energetici dai concorrenti. E li cerca altrove. Ben oltre il business e l’economia energetica, il versante securitario geopolitico è diventato una palude. La consolidata alleanza militare con gli Usa, che da tempo ha reso il Pakistan potenza atomica, è incrinata dalle sue prospettive d’intesa con la Cina, non solo in funzione anti indiana, ma proprio per limitare quei conflitti locali che gli strateghi della ‘via della seta’ vogliono spegnere lungo i propri percorsi affaristici. Visione che non appartiene a Putin né riguardo all’attuale rivendicazione sui territori dell’est ucraino, e negli anni passati sugli scenari siriano e libico. Osservatori interni consigliano a Khan cautela e una certa equidistanza, lui s’è sbilanciato sul gas. Elemento carico di potere anche alle porte dell’Europa.

Enrico Campofreda

 




Lasciare un commento