lunedì 31 ottobre 2016 - Marina Serafini

Ex Machina: Uomini e Robot

Leggendo una recensione su un film visto di recente, che ritengo davvero ben fatto (Ex Machina), mi sono lasciata tentare e ho postato un breve commento. E siccome qualcun'altro lo ha fatto dopo di me, ho deciso di approfondire la questione.

Ex Machina

Linko qui  l'articolo, e procedo comodamente, agganciandomi al commento pubblicato da DOK a fine pagina, nel quale identifica, infine, il robot con un modo di computare.
 
Quel modo che spesso si evidenzia anche in certi comportamenti degli esseri umani come esecuzione di un programma - che sia immesso attraverso una morale, una tradizione, una certa cultura esplicitamente o implicitamente appresa.
 
La riflessione esplicitata non gira intorno al modo, ma al contesto in cui tale comportamento viene esercitato, ovvero alla direzione per il raggiungimento di quali obbiettivi.
 
Gli obbiettivi che un uomo dovrebbe perseguire sono quelli rispettosi della sua natura, e devono quindi essere funzionali alla sua natura in primis, e per quello specifico individuo in seconda (ma pur sempre primarissima) istanza. Riuscire ad eseguire una procedura In maniera ottimale è una buona, buonissima cosa... Ma bisogna far attenzione agli obbiettivi prefissati. E alle reali motivazioni che ci spingono verso di essi. 
 
 Ovvero: la dinamica in atto mi è di qualche utilità? Mi fa bene? Mi danneggia? Mi è indifferente? In quanto esseri viventi noi siamo anche esseri economici, e ciò nel senso etimologico del termine, quello che indica cioè il rispetto delle leggi del nostro ambiente - la cui prima concretizzazione è proprio la nostra persona.
 
E se le cose stanno così, allora ad uno sforzo, ad un lavoro, deve corrispondere un vantaggio.
Se ci guardiamo attorno, e se riflettiamo sul nostro stesso agire, ci accorgiamo che spesso, nel fare, andiamo in perdita... Che "il gioco non vale la candela".
 
E allora dovremmo fare un altro passo più indietro e chiederci perché abbiamo perseguito quell'obbiettivo. Obbiettivo non conveniente.
 
Spesso le risposte conducono all'intenzione di altri che si sono imposte in modo subdolo, melenso, inconsapevole - o anche brutale - sul nostro fare.
 
L'ho fatto per lui... Le faceva piacere... Me lo ha chiesto con tanta insistenza...Temevo che poi ci sarebbero rimasti male...
 
Emozioni: il canale prioritario attraverso cui passano le fregature. Lo sanno bene i pubblicitari. Lo sanno bene i furbi. Lo sanno male certe persone sensibili.
 
Un buon robot non prova emozioni, segue la sua routine, nel pieno rispetto della propria natura. Un buon essere umano dovrebbe fare altrettanto, verificando di volta in volta se le emozioni che lo conducono sono sane (per lui) o devianti. 
 
Perché a volte, le emozioni, sono appositamente indotte... E il buon essere umano sensibile, se non sta attento, rischia di perdere se stesso agendo in modo sbagliato -ossia non funzionale alla sua natura di uomo e di individuo.
 
Uomini e robot: le macchine fanno ciò che ne giustifica l'esistenza; gli umani impegnano spesso la loro esistenza a giustificare ciò che fanno. 
 


2 réactions


  • Leandro Malatesta Leandro Malatesta (---.---.---.89) 31 ottobre 2016 15:18

    Ciao, Marina come prima sono davvero molto felice di leggere questo tuo articolo e sono contento che la mia recensione del film "Ex Machina" abbia generato dapprima il tuo commento (sono contento per l’intera discussione seguita da altri commenti) e poi questo tuo scritto. La tua frase: "Uomini e robot: le macchine fanno ciò che ne giustifica l’esistenza; gli umani impegnano spesso la loro esistenza a giustificare ciò che fanno." è veritiera. Hai ragione anche quando sostieni che un buon robot deve eseguire soltanto degli input scevri da ogni emozione. Con il mio articolo forse mi sono spinto un po’ troppo oltre ma ragionavo sul fatto che forse l’essere umano è a volte troppo sensibile alla tentazione. E la tentazione "pericolosa" nel ricreare la A.I. sarebbe, secondo me, quella di voler creare un simulacro di umanità in macchine che non dovrebbero (come dicevi tu giustamente) essere divinità robotiche ma semplici esecutori. Probabilmente la "tentazione" a cui faccio riferimento nasce dal senso di vuoto che oggi più che mai l’essere umano sente attorno a sé; e per colmare questo vuoto pneumatico la presenza di macchine che vadano oltre le macchine e che abbiano una scintilla di umano con una "intelligenza artificiale" avanzata potrebbe essere vista come un qualcosa di possibile e in un certo senso persino un qualcosa di più semplice vista la complessità dei rapporti tra esseri umani. Ecco forse è proprio questa la tentazione dalla quale fuggire per invece (come hai scritto tu) tornare a riflettere sulle nostre umane emozioni ed azioni.

     

    • Marina Serafini Marina Serafini (---.---.---.24) 1 novembre 2016 18:23

      Caro Leandro, è sempre un piacere incontrare intelligenze disposte al dialogo, pronte a confrontarsi con l’altrui pensiero.

      Si, ho capito il senso del tuo discorso, ma credo che - essendo proprio le intelligenze umane quelle che vanno a ricrearsi in "ambiente diverso", difficilmente possono riprodurre il proprio modo "in maniera più semplice". Le emozioni sono degli starter fantastici, ma anche pericolosi se accompagnati all’ignoranza o alla malversazione. La storia ci fornisce una quantità infinita di esempi in tal senso.
      L’essere umano si manifesta nella sua complessità, e purtroppo e per fortuna difficilmente una macchina potrà mai identificarvisi. Blade Runner è un vecchio - seppur epocale - film di fantascienza...
      Tu lasci intendere che l’evoluzione tecnologica potrebbe nascere dall’esigenza di compensare una carenza interiore, chissà... Facciamo tante cose in compensazione, senza nemmeno avvedercene! 
      L’importante è che poi abbiano anche una certa utilità.

      Primariamente dovremmo riflettere su noi stessi, su cosa ci appartiene e su cosa ci manca. Quindi sul perchè ci manca, e su cosa ci impedisce di afferrarlo e/o di cercarlo.
      Da un pò frequento una scuola sulla lettura delle immagini, quelle mentali innanzitutto (ne parlo spesso sul mio blog), le proprie e quelle che altri ci propongono. Si tratta di flash, di sogni, di film, di quadri, di espressione artistica in generale. Ed è davvero interessante accorgersi di quanto veniamo condizionati attraverso di esse, e di quanto esse dicono al mondo di noi stessi.

      Nel film in questione - Ex Machina - il robot è il vero personaggio vincente, in quanto utilizza le emozioni proprie della specie umana per ottenere ciò a cui anela: la libertà. 
      Il ragazzo invece, cade proprio in quell’errore di compensazione a cui tu fai riferimento: s’innamora di quella che sembra una donna, pur sapendo che si tratta di una macchina. Dovrebbe testarne il livello di intelligenza e lo fa inconsapevolmente e a proprio discapito, perchè ne rimane ucciso.Un uomo non può amare una macchina, nel senso che può utilizzare i modi che gli sono propri solo con i suoi simili. Una macchina ne ha altri, non li condivide. Al più può simularne la condivisione per fini ulteriori. 
      Ed ecco che l’errore diviene fatale: il ragazzo perde la possibilità di tornare al suo mondo.
      Per distinguere la simulazione dalla realtà occorre utilizzare strumenti di rilevazione e controllo propri della specie umana: questi si formalizzano attraverso il linguaggio universale delle immagini. Si tratta di una forma di computazione biologica, che l’uomo sperimenta da sempre in modo così frequente da dimenticare spesso di dargli la dovuta importanza.

       "Un sogno...Che vuoi che sia! Un flash...vabbè, chissà che mi è preso.."

      Ma quelle immagini, le stesse che un artista ripropone nelle sue opere sono prodotte proprio da quella persona e in quel modo, in quel dato momento. Niente avviene per caso. Un altro individuo non potrebbe mai fare lo stesso nello stesso identico modo, proprio a causa della nostra individuale unicità.
      Anche il corpo, per come si espone, rivela l’immagine di noi stessi...

      Un linguaggio articolato ma condiviso con la nostra natura da sempre. Un linguaggio che conviene apprendere...




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