giovedì 20 novembre 2008 - Virginia Visani

Eros...senza i bottoni

Che il kimono sia un abito tradizionale e costume nazionale dei giapponesi è cosa nota. E si sa anche che il kimono non ha né bottoni né tasche in quanto è stretto intorno alla vita da una larga fascia trattenuta da un cordoncino.
Meno risaputo è invece il fatto che al posto dei bottoni era in uso un accessorio, il Netsuke, oggetto talmente raffinato e prezioso da richiedere una mostra altrettanto raffinata e preziosa come quella allestita in questi giorni fino a marzo 2009 dal Museo Poldi Pezzoli di Milano.

"Netsuke" significa "scultura in palmo di mano". Questa, usata a mo’ di bottone, serviva da contrappeso alla piccola borsa che si portava allacciata alla vita. La preziosità dell’oggetto, degno appunto di una mostra, sta nei materiali usati per scolpirlo, avorio, legno laccato, corno, pasta di vetro, ceramica, come pure nell’eccezionale fattura opera di artisti divenuti famosi nel tempo.
Ma non solo, cosa altrettanto preziosa è che il Netsuke testimonia meglio di qualsiasi altro oggetto le abitudini del popolo giapponese nei secoli passati. Realizzato in un periodo che va dal 1615 al 1868, questo minuscolo accessorio rappresenta tutta la sensualità erotica che attraverso le famose case da thé, il teatro, le feste nelle case dei ricchi, pervadeva nel secolo XVII tutta Tokio, l’antica capitale Kyoto e il porto commerciale di Osaka. In queste città, prima che in altre minori, si sviluppa una cultura che pone il piacere al centro dell’esistenza, di ogni attività della vita e sottolinea la transitorietà della vita stessa.

E’ la nuova classe ricca giapponese che nelle case di tolleranza, ma anche attraverso il teatro, la danza, la letteratura, ispira questa filosofia dominata dalla sensualità e dalla leggerezza del vivere. In quel periodo che va dagli inizi del 600 fino alla fine del 700, il Giappone è chiuso al mondo esterno e coltiva e sviluppa al proprio interno tutte le arti, dalla danza alle arti decorative, che sono tutt’oggi la più significativa bellezza di questo Paese.

Tutta questa grande fioritura ha tuttavia una fine con l’arrivo degli Occidentali, il kimono cade in disuso e di conseguenza anche il Netsuke perde il suo valore di accessorio d’uso, per diventare un vero e proprio oggetto d’arte, ambito dai collezionisti di tutto il mondo.

La raccolta che è in mostra al Museo Poldi Pezzoli viene sia dalla Collezione di Giacinto Lanfranchi, industriale bresciano, sia dal Linden Museum di Stoccarda e dalla collezione privata dello stesso Poldi Pezzoli.



2 réactions


  • Francesco Rossolini Francesco Rossolini (---.---.---.185) 20 novembre 2008 10:09

    é sempre piacevole scoprire qualcosa d’interessante sulle raffinante civiltà orientali. Credo proprio che la mostra sia di un certo valore. 


  • virginia (---.---.---.96) 20 novembre 2008 10:34

    Francamente ero un po’ perplessa se pubblicare o no questo articolo: ero rimasta talmente colpita dalla bellezza e raffinatezza di questa mostra da dubitare della mia obiettività. In altre parole non volevo fosse una specie di esaltazione che forse non corrisponde al reale "sentire" del lettore di Agoravox.
    Mi fa dunque piacere che tu apprezzi. E mi sono convinta che pubblicare vale la pena, comunque.
    Grazie
    !!


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