giovedì 24 marzo 2022 - Enrico Campofreda

Emirato afghano, scuole femminili ancora chiuse

Un nuovo dietro-front dell’Emirato Islamico sulla questione delle scuole femminili che avrebbero dovuto riaprire in questi giorni, invece resteranno chiuse. La settimana dedicata ai festeggiamenti del Newroz, evidenziata con enfasi dall’attuale governo di Kabul, annunciava una riapertura degli istituti per la giornata odierna.

 Si era addirittura mosso il ministero dell’Istruzione confezionando un video di congratulazione per il rientro in classe. Poi la doccia fredda, l’annuncio del portavoce ministeriale che rinviava l’apertura delle scuole dal sesto grado in su. Motivo addotto: la mancanza di adeguate uniformi religiose e il ridotto numero d’insegnanti al femminile. Così oltre un milione di ragazze si ritrovano bloccate senza poter riprendere il percorso dell’istruzione. Un diritto negato alle giovani che torna a rinfocolare la polemica sugli aiuti internazionali per l’emergenza alimentare. Infatti, accanto ai fondi afghani (9.5 miliardi di dollari) bloccati nelle banche statunitensi dalla scorsa estate, denaro che servirebbe agli acquisti di derrate, gli stessi donatori internazionali hanno fortemente diminuito il flusso di aiuti. Stanno seguendo la logica dell’amministrazione Biden che vuol colpire l’Emirato per la mancata applicazione dei diritti, fra cui quello dell’istruzione femminile. Il responsabile per la tutela di genere di Human Rights Watch ha dichiarato alla stampa che la vicenda delle scuole lasciate chiuse “aumenterà la sfida sul versante del sostegno alle carenze alimentari”. Se non una ritorsione, sicuramente un braccio di ferro fra le parti.

Ma al di là delle delusioni di esponenti ufficiali dell’Onu e degli Stati Uniti, in primo piano è la tendenza di gruppi di donatori direttamente legati ai governi che restano scettici davanti alle mosse dell’Emirato. I talebani, divisi fra una componente in linea di princìpio moderata e una oltranzista, misurano col bilancino quale posizione assumere al cospetto della Comunità Internazionale. E questioni come l’apertura delle scuole e il rinvio della stessa mettono a nudo un compromesso che sembra difficile. Negli ultimi tempi altri segnali hanno mostrato la tendenza a far prevalere posizioni tradizionaliste attorno alle libertà di genere, come il tema degli spostamenti di donne non accompagnate per viaggi entro un certo chilometraggio. Alcune avvocate dei diritti sono pessimiste e giudicano i segnali in atto nient’affatto positivi. Eppure la rivalsa occidentale su finanziamenti e derrate sembra non pagare. Questo mese l’Organizzazione della Cooperazione Islamica s’è mossa a sostegno della popolazione afghana, la vera vittima delle restrizioni alimentari. Un meeting conclusosi oggi a Islamabad, con la partecipazione di 56 nazioni del mondo musulmano, ha annunciato anche un intervento dell’Accademia Islamica del Diritto per favorire comportamenti tolleranti verso l’educazione e la tutela delle donne. Staremo a vedere se riuscirà a riportare le studentesse a scuola, con o senza uniforme religiosa.

Enrico Campofreda




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