mercoledì 2 agosto 2017 - Riccardo Noury - Amnesty International

Egitto, cittadino irlandese in carcere da quattro anni

Quella di ieri è stata la 29ma udienza e, alle 21 ora del Cairo, ancora non si sa com’è andata. Probabile che anche questa volta si sia deciso di aggiornare il processo.

Un processo di massa, che vede alla sbarra circa 500 persone, tra cui Ibrahim Halawa, cittadino irlandese nato il 17 dicembre 1995, arrestate il 13 agosto 2013, durante le manifestazioni della Fratellanza musulmana contro la deposizione di Mohamed Morsi.

La buona notizia è che nell’udienza precedente la pubblica accusa ha terminato la sua requisitoria e oggi ha iniziato la difesa.

Ibrahim e gli altri devono rispondere di omicidio, tentato omicidio, disturbo all’ordine pubblico, intralcio alle attività delle istituzioni nazionali, protesta senza autorizzazione, distruzione di beni pubblici, impedimento ai fedeli di pregare nella moschea Al Fath, possesso di armi, attacco alle forze di sicurezza.

Ibrahim, figlio di uno dei più noti imam irlandesi, era partito da Dublino insieme alle sorelle Somaia, Fatima e Omaima per andare a trovare i parenti al Cairo. Lì decisero di prendere parte alle proteste della Fratellanza musulmana. In quelle manifestazioni, caratterizzate anche da numerosi atti di violenza da parte delle persone scese in strada, le forze di sicurezza egiziane fecero una strage.

Le sorelle Halawa, dopo tre mesi di carcere, furono rilasciate ed espulse in Irlanda.

Al rientro a Dublino, denunciarono le torture subite dal fratello, confermate anche dal giornalista di al-Jazeera Peter Greste, che ha condiviso con lui un periodo di detenzione nel carcere di Tora.

In questi quattro anni di carcere, Ibrahim Halawa ha passato molto tempo in isolamento, senza poter incontrare un avvocato. Inoltre, a causa della mancanza di cure mediche, ha riportato una lesione permanente a una mano, colpita da un proiettile al momento dell’arresto.

La vicenda di Ibrahim Halawa è paradossale: è accusato di aver preso parte agli scontri con la polizia in un luogo in cui non si trovava e di aver impedito l’ingresso ai fedeli nella stessa moschea nella quale a sua volta si era rifugiato per evitare di essere colpito, moschea poi sgomberata con la forza dai militari.

Amnesty International Irlanda ha esaminato con estrema attenzione il caso ed è giunta alla conclusione che Ibrahim Halawa sia un prigioniero di coscienza. Non avrebbe mai dovuto essere arrestato. Invece, in carcere è diventato maggiorenne e chissà se riuscirà a celebrare, libero, nel paese dov’è nato, almeno il suo 22mo compleanno.

(Illustrazione di Brian Gallagher)




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