domenica 5 aprile 2009 - Pietro Orsatti

Dopo la manifestazione della Cgil - Democrazia Part time

Due milioni, due milioni e mezzo. Comunque tantissimi, un popolo. Non una cosa da nulla, in questa epoca di ritirata delle idee. Un fiume di gente ha detto ieri che vuole contare, che vuole risposte alle domande, che vuole “riagganciarsi” al resto del mondo che questa crisi enorme, epocale, non la sta nascondendo come facciamo noi nel nostro snobbismo da naufraghi. Il resto del mondo, bene o male, con coraggio o con paura, ci prova a mettere in campo il meglio delle energie e del carattere di popoli, solo apparentemente simili a noi italioti. Perché noi ormai siamo una democrazia part time, e un insieme di teste senza memoria. Siamo come i contratti di tanti precari (un popolo ancora): abbiamo una data di scadenza.

Non ci illudiamo. Due milioni e mezzo di persone in piazza non sono nulla. Non ci illudiamo e soprattutto non facciamo l’errore di credere che la Cgil sia il nuovo “partito della ”. Non deleghiamo alla Cgil una soluzione che non può e soprattutto non deve assumersi. Non chiediamo questo a chi già fatica, fra mille contraddizioni, a tenere una rotta in questo Paese allo sbando. I partiti non ci sono più, la , intesa come insieme di organizzazioni, non c’è più. Tutto finito, tutto da rifare. E da quel poco (enormemente poco) che si vede oggi, quel poco che soprravvive grazie ai rimasugli dei fidi bancari ottenuti grazie al finanziamento pubblico dei partiti, non è che si possa continuare a investire su qualcuno che continua ad annaspare in ordine sparso: un ceto politico senza mestiere che, andato a casa, non può e non riesce a reinsirirsi nella società di noi poveri mortali. Una impalpabile, in ginocchio, disorientata, che non ha più nulla da dire e che in compenso … chiede… chiede… (per favore togliete oggetti appuntiti e corpi contudenti dalla mia portata!)… dico, chiede la benedezione a Ratzinger!!! Ditemi, quanti sono i teodem? Quanti voti sposta la Chiesa? Ditemi per favore che cavolo c’entra la CEI con il , con la laicità, con la …. con l’!

E’ ora che ci mettiamo l’anima in pace. Conta più il “cappellano” di quei bravi ragazzi di Forza Nuova che Franceschini. Teniamoci leggi primitive, contro le donne, contro la nostra civilità, contro le persone, e dedichiamoci al vodoo sperando che il cada solo perchè stiamo riempiendo di spilli un bambolotto con le sembianze di Brunetta. Non funziona?

, come direbbe Marcantonio Lucidi il mio caporedattore, immortalato in un autoscatto nel parossismo di un tripudio di tette siliconate e tacchi da 12 e cravattone con il nodo grosso, ha in mano il Paese, o meglio quello che ne resta. Il Paese assomiglia terribilmente a lui, imprenditore spesso insolvente (come nel caso di alcuni call center a cui non salda le fatture da mesi), venditore di prodotti al limite della scadenza. O come nel caso degli straordinari e delle missioni della catturandi , a cui non sono state pagate le centinaia di ore di servizio extra fatto al tempo della cattura di . Tre anni fa. “Dici vero?”, direte voi. “Vero è!”. Guardiamoci nello specchio, vedremo le stesse vanità e la stessa grossolona sicumera. Guardiamoci attorno, e troveremo il deserto. Un deserto di energie consumate, di speranze affidate al tubo catodico (se va bene) e di cambiali per il suv da parcheggiare al centro. Popolo di mattonari con mutui a tasso variabile, idebitati fino al collo ma che non manchiamo una puntata dell’Isola dei famosi. E pronti a fare un bel “buffo” con una per conquistarsi il diritto a una settimana tutto compreso in Costa smeralda a fotografare le chiappe dei vip con i nostri inutilissimi videofonini. Se saremo fortunati potremmo fare uno scatto, un po’ fuori fuoco, della dentatura squalesca de ministro della difesa e del billionaire.

E intanto il sud esce dalla democrazia e diventa a sé. La provincia di Caserta potrebbe tranquillamente dichirarsi “Repubblica indipendente dei ”, la Sicilia potrebbe chiedere di diventare il più grande franco della storia (e guardate che lo sta già facendo con una leggina velonosa di Tremonti) e divenire di conseguenza la Singapore (modello inizio ‘900) del Mediterraneo. A quando una strada dedicata al grande e indimenticabile sindaco del “sacco” di don (e sottolineo don) Vito Caincimino? E quando una medaglia al merito a ? E quando un pacheggio multipiano con centro commerciale a via D’Amelio?

E il nord? E il nord a puttane, ovviamente. Chi se ne frega che fra poco terminano le casse integrazioni e nessuno sa dove far rientrare decine di migliai di persone. Chi se ne frega che un monolocale in periferia a Milano in affitto ti costa mille euro al mese e in busta paga (si chiama così anche quando sei in cassa integrazione???) ne hai solo 800. Chi se ne frega degli anziani che frugano nell’immondizia in cerca di avanzi. Chi se ne frega che neanche a nero ti assumono. Su, sorridete! C’è il popolo della libertà e una cravatta con il nodo doppio che non stringe poi così tanto sul “gargarozzo”. Se usi il sapone.

Due milioni e mezzo di persone in piazzza, in un sabato di primavera romano. Un bel vedere. Ma non è come che si clicca il pulsante “mi piace” e poi si ricomincia a guardare il Grande Fratello.

Io mi domando perché attorno a me non vedo gente incazzata! Io sono nero! Mi sembra di aver buttato nello scarico 40 anni di vita, di lotte, mestiere, speranze e voti. Quando sento la rabbia di mi rinfranco un po’. Ma è una magra (anche se dolce) consolazione. Abbandoniamo i nostri rassicuranti monitor per un po’ e torniamo a respirare “la strada”. Ognuno nel suo piccolo. Non cerchiamo il palliativo della comunity dimenticandoci la società. Torniamo, noi artigiani della comunicazione, a consumare scarpe e a raccogliere storie. Tornino le persone a fare politica e non a tele votare un leader. Torniamo a parlare con il nostro vicino di casa, con il fornaio, con il “pizzardone” all’incrocio, con il migrante che vende libri davanti alla libreria. Con l’ossessione della , con la paura (infondata) montata in questi ultimi due anni, ci hanno tolto la piazza, le nostre città, la nostra socialità. Discutiamo, scaldiamoci gli animi, annusiamoci. Senza mediatori tecnologici. Riprendiamoci la nostra comunità in mano. Quella fisicaq, reale, e non quella virtuale. E affanculo le comunity autoassolventi! O ricominciamo a fare politica ora o non ci sarà più tempo.



3 réactions


  • Rocco Pellegrini (---.---.---.2) 6 aprile 2009 09:37

     "Io mi domando perché attorno a me non vedo gente incazzata! Io sono nero! Mi sembra di aver buttato nello scarico 40 anni di vita, di lotte, mestiere, speranze e voti. Quando sento la rabbia di Salvatore Borsellino mi rinfranco un po’. Ma è una magra (anche se dolce) consolazione."
     Vedo che ti dai la risposta da solo, tuttavia vorrei aggiungere qualche considerazione.
     Incazzarsi serve soltanto per decidere di muoversi altrimenti è una patologia mentale perchè altera la capacità di reagire in modo giusto e razionale. Il pugile che "si incazza" dopo aver preso un bel colpo in faccia, tranne casi particolari, ne prende altri di cazzotti e finisce, spesso, ko. Questo perchè poichè è incazzato agisce in modo istintivo, scomposto, sbagliato, non valuta le sue forze nè quelle dell’avversario.
     Non abbiamo bisogno di risposte emotive, di riempirci la bocca di iperboli ma di capire cosa ci ha portato, come sinistra intendo, ad essere così marginali nella società contemporanea.
     Siamo come i drogati che ogni tanto hanno bisogno di rinnovare la dose, nel nostro caso la manifestazione.
     Vetroni portò tanta gente in piazza ma perse, inesorabilmente, in tutte le elezioni cui ha partecipato tranne, mi sembra, ad una in Trentino.
     Epifani parla, come te d’altronte, di 2 milioni, 2 milioni e mezzo, ma i sondaggi dicono che il 75% degli italiani preferiscoo un sindacato che dialoga col governo piuttosto che fare manifestazioni.
     Una volta si diceva "piazze piene, urne vuote".
     La Cgil si sta infilando in un vicolo cieco ripronendo la cultura degli anni 70 dove siamo invecchiati a forza di fare manifestazioni, rassicuranti ma politicamente inutili se non dannose.
     Quando capiremo che abbiamo bisogno di dedicarci a cose concrete, a costruire piuttosto che a denunciare?
     Siamo diventati dei predicatori un pò fuori moda e continuiamo a ripetere, come una litania, cose che già abbiamo sperimentato senza risultati.
     Se "le parole cuocessero il riso" la sinistra, quella italiana massimalista da sempre in maggioranza, sarebbe al potere ma purtroppo ci vuole il fuoco sotto l’acqua per cuocere il riso e bisogna essere seri per raccogliere la legna o scavare per estrarre il gas necessario.
     


    • (---.---.---.48) 6 aprile 2009 10:03

      La realtà è che gli Italiani sono stupidi, e quelli non stupidi sono simili al nostro premier, perchè un dentista che non fattura dovrebbe non votare il premier, perchè un edile cha ha tutti in nero dovrebbe non votare il premier, perchè tutti gli italiani che fottono il vicino dovrebbero non votare il premier, perchè chi ha 2 lavori e vive alla grande dovrebbe non votare il premier, e avanti così...

      Non è demagogia, è che ognuno pensa ai cazzi propri, il Premier ci ha tolto l’ici, il premier ha ridotto le tasse, il premier ci fa vivere meglio, il premier non ci lascerà in mezzo ad una strada...... L’informazione che passa è questa, il resto sono bugie.....

      il premier ci fa fare brutte figure in europa, ma no.....sempre con lui??? Basta.

      Gli Italiani sono questo, si rispecchiano in lui, e allora perchè votare un altro. Lui ci permette di vivere meglio di altri.........

      A voi le risposte.



  • virginia (---.---.---.148) 6 aprile 2009 11:06

    Ci sono verità "nascoste" dietro un fiume in piena, stracolmo di frasi ad effetto, tracimante rabbia e rassegnazione. Basta, mi viene da dire, basta con le denigrazioni come tanti Tafazzi che si martellano e non trovano più parole di buon senso con l’ottimismo della volontà.
    Basta buttarsi giù, basta autoflagellarsi per incapacità propria a reagire.
     Basta riempirci la bocca con la parola "democrazia" che ci appare violata.
    Il peggior difetto dei nevrotici è quello di dare sempre la colpa a qualcun altro della propria infelicità. Democrazia è anche volontà di non cadere nella rete e anche responsabilità individuale. 


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