venerdì 6 marzo 2020 - Osservatorio Globalizzazione

Dalla Siria alla Libia, l’all-in di Erdogan

Dalla Libia alla Siria la Turchia di Erdogan si è ultimamente fatta sempre più assertiva. Verdiana Garau torna a discutere sul tema con l’analista esperto di geopolitica mediorientale Mauro Indelicato parlando degli obiettivi del Sultano e dei nuovi equilibri regionali.

Mauro, cosa sta accadendo in Siria? È di pochi giorni fa la notizia dell’uccisione di 33 miliziani turchi avvenuta ad Idlib per mano siriana. Erdogan è infuriato. Sta minacciando tutti, anche l’Europa. Parrebbe proprio una gioiosa macchina da guerra la sua, per fare una battuta. Lo scacchiere mediorientale sembra farsi sempre più complesso e la Turchia pare restare isolata in questo scenario. Chi sono i veri alleati di Erdogan? Ma soprattutto, Erdogan ha ancora alleati?

Già, una macchina da guerra che non lascia spazi…Come avrebbe detto all’epoca un soldato di Hitler nel bunker, scheisse. Su Idlib diciamo subito che Erdogan non si ritrova Putin come alleato. Putin appoggia Assad. Dal punto di vista commerciale ed energetico hanno certamente fino ad oggi dovuto collaborare. Ma sia in Siria che in Libia i due protagonisti sono antagonisti. In Libia vediamo la Russia appoggiare Haftar, e ad appoggiare Al Serraj vediamo invece Erdogan. Stessa cosa in Siria dove Erdogan cerca di destabilizzare Assad, appoggiato al contrario da Putin.

Ma dopo questa collaborazione tra Turchia e Russia, le convergenze sono proprio saltate su Idlib.

Finché il tentativo era quello di cercare e trovare una tregua la situazione pareva sotto controllo. Ma lo stato delle cose perde il suo equilibrio sull’area di Idlib.

Assad sta tentando infatti di riconquistare tutta la Siria e vorrebbe mettere le mani su Idlib. Mentre da Idlib Erdogan teme i flussi migratori e nel timore di perdere la sua influenza sta tentando di contenere l’avanzata di Assad.

Non c’è solo Idlib, ma anche Afrin. Potrebbero negoziare Assad e Erdogan e trovare un accordo?

Erdogan è ad Afrin dal 2018. Afrin è territorio sotto il controllo delle milizie turche. Questo cantone è sempre stato storicamente a maggioranza curda caduto poi in mano alle milizie filoturche. Assad potrebbe certamente mettere in conto di aver perso Afrin, ma certamente non Idlib.

La Russia si ripropone sempre sotto l’aspetto della forza riequilibratice. Quali saranno dunque i dossier sul tavolo da discutere tra Putin e Erdogan?

Né Erdogan né Putin vogliono entrare in collisione. Il Turkstream è il vero dossier sul tavolo, prima di Idlib. Il vertice tra i due si terrà a breve, il 5 marzo a Mosca. E si darà il via alle negoziazioni.

Anche Lukyanov, noto politologo russo, direttore della rivista Russia in global Affairs ad una intervista a Formiche.net ha sfatato la possibilità di una entrata in collisione tra Putin e Erdogan. Erdogan ha invocato la Nato all’indomani dell’uccisione dei suoi 33 soldati ad Idlib. La Nato ha formalmente risposto che c’è, anche se nel merito alla questione non potrà fare niente. Idlib tecnicamente è territorio siriano, quindi non c’è stato nessun attacco, ma semmai è stato un atto di difesa. Resta il fatto che pur apparendo Erdogan isolato, la Russia sembra restare l’unico alleato possibile.

Erdogan è isolato. Non è nella posizione per imporsi in qualsivoglia modo con la Nato o dettare regole. Ha più volte violato le regole degli alleati e assunto posizioni diverse rispetto a questi. Si trova in un vicolo cieco in sostanza, non può certo dare le spalle a Putin. Bombardando Idlib e minacciando di aprire ai migranti vuole dimostrare a tutti quali siano le sue carte e tentare il ricatto. Sono provocazioni.

Dati i più fronti aperti sui quali si ritrova Erdogan con le sue milizie, dalla Libia, alla Siria, al Kurdistan, non è forse la sua una strategia da logoramento dell’avversario?

Certamente Erdogan sta tentando di trascinare sempre più in avanti il conflitto con l’avversario fino allo sfinimento, per garantirsi infine però la sua fascia di sicurezza territoriale e qui appunto il conteso confine siriano. Faccio presente che Assad mentre perdeva Saraqeb, riconquistava l’altra parte della zona di Idlib. Proprio in queste ultime ore lo scontro si è spostato nuovamente a Saraqeb ritornando a diventare il nuovo epicentro dello scontro. Consideriamo che Saraqeb è all’interno della stessa provincia ed è una cittadina strategica posta nell’intersezione delle due autostrade più importanti siriane, la M5 e la M4. Quindi ovviamente non si può prendere Idlib se non si ha in mano Saraqeb.

Erdogan però ha soltanto nemici in Medio Oriente. Geometria che poi ritroviamo anche negli schieramenti del conflitto libico. Inoltre c’è Israele. Come si comporterà Erdogan con Netanyahu?

Erdogan non ama il progetto EastMed che entra in conflitto con il Turkstream di cui sopra, che lo esclude totalmente e vede la forte presenza dell’Egitto. Erdogan sta infatti tentando di avere la meglio su questo e nel merito sferra nuove provocazioni. Come ad esempio le fregate mandate a Cipro. Anche su questo punto gioca al rialzo e alza il livello dello scontro. Erdogan resta certamente inviso al Medio Oriente in generale, poiché i suoi progetti a loro volta escludono il Medio Oriente. Emerge dunque come vediamo a conti fatti, una Turchia decisamente isolata. La questione dei gasdotti è certamente la più importante.

Quindi la Russia domina. Ha ottenuto tutto ciò che voleva. Le sue basi in Medio Oriente, la base navale di Tartus e la base aerea di Khmeimim. Ha ottenuto il benestare dei sauditi per il suo ingresso in Opec Plus imponendo così i suoi cartelli. Perché restare ancora in Libia?

Il fronte libico è in stallo generale. Ogni colloquio intralibico al momento è stato sospeso e di conseguenza anche quelli internazionali. Dopo la commissione militare detta 5+5, indetta a febbraio a Ginevra, i colloqui si sono arrestati. Tobruk vuole riprenderli. Tripoli si rifiuta. Haftar e Al Serraj non si parlano. Haftar intanto mostra i muscoli e continua con i suoi bombardamenti, come l’attacco di pochi giorni fa al porto di Tripoli. Nulla si muove. Nemmeno il 5 marzo quando Putin e Erdogan si incontreranno a Mosca il dossier libico sarà sul tavolo. L’attenzione sarà concentrata tutta sulla Siria, l’affare più delicato.

Quando Erdogan a dicembre ha inviato i suoi militari a Tripoli e stiamo parlando di 5000 unità, quindi molte, sembrava voler sguarnire Idlib. Invece questo non si è verificato. Forse è stata la Russia a non riuscire a contenere Haftar.

Putin pensa ad Assad. Erdogan pensa ad Idlib.

Questo gioco potrà portare Erdogan a strappare qualche risultato in Libia?

Il tempo gioca a suo favore. Dal memorandum d’intesa sono passati soltanto quattro mesi. Ora la questione si farà politica. Il ruolo della Turchia oggi si fa più importante. A Tripoli come detto sopra, ci sono 5000 miliziani pagati dalla Turchia. L’Unione Europea è assente e non tornerà o se torna lo farà a fatica, faccio menzione dell’operazione Sophia che è partita, ma con nessuna regola di ingaggio preciso.

E l’Iran? Per spostare di nuovo l’attenzione in Medio Oriente. In questo momento stanno anche fronteggiando l’emergenza coronavirus. Sembra attraversare dunque una fase di contenimento su tutti i fronti, considerando anche l’assassinio di Soleimani da poco avvenuto?

L’Iran certamente ha moltissimi problemi interni da contenere. Ma non rinuncia alla sua presenza in Medio Oriente. Così come il ruolo dell’Iran è importante come sponda alla Siria. Anche in Yemen, gli Houti, che sono filoiraniani e sciiti, continuano ad infliggere sconfitte e perdite ai sauditi. Da poco si sono avvicinati alla roccaforte di Marib, hanno inoltre abbattuto droni sauditi. La forza iraniana in Medio Oriente sta aumentando il suo peso specifico. Tra Libano, Siria, Yemen, Iran e anche Iraq, dove si nota che l’Iran non ha assolutamente perso terreno, la sua presenza resta forte. La linea politica ne è uscita rafforzata, proprio in seguito all’uccisione di Soleimani. Il parlamento è dominato dai conservatori e l’Iran continuerà certamente sulla propria strada. Teheran non rinuncerà alla sua politica.

Quindi alla luce di tutto questo disegno, in Medio Oriente sta cambiando qualcosa.

Dobbiamo vedere come andranno le elezioni negli Stati Uniti. Trump non vuole continuare con questa politica. Vorrebbe riavvicinarsi all’Iran. Pompeo ha addirittura espresso il suo rammarico e offerto aiuto per la vicenda del coronavirus.

Abbiamo di fronte la classica strategia di Trump, quella del bastone e della carota.

Il suo intento è certamente quello di ricucire il tessuto in Medio Oriente, grazie certamente ad una Russia che ha filato le trame e che potrebbe anch’essa vedere i suoi progetti riusciti. Attendiamo comunque tutte le elezioni che l’anno 2020 porteranno.

E le elezioni in Israele? Come influiranno?

Netanyahu ne esce comunque avvantaggiato, grazie anche alla recente eliminazione di Soleimani. Netanyahu potrà pensare ai suoi progetti e finalmente occuparsi di quello che è stato definito da Trump “il piano del secolo” di ricostruzione.

Le elezioni israeliane certamente influiscono sulla strategia americana. Smuovono molto fuori, però poco dentro.

C’è una minaccia che ha preoccupato e sta preoccupando molto in questi giorni e che vorrei affrontare con te, il tema dei migranti. La Grecia sembra essersi opposta ferocemente ad Erdogan e anche alle posizioni Nato e ha subito provveduto ad alzare barriere. Nessuno sembra andare in suo soccorso però.

Cosa succederà? Ci sono già migliaia di migranti che hanno raggiunto le regioni in prossimità di Macedonia e Bulgaria, la situazione pare essere già tragica.

La Grecia sta agendo da sola. Mitsotakis, l’attuale primo ministro, ha agito prontamente e con programmaticità. Fa molto e lo fa da solo. Ha potenziato i controlli e schierato guardie sui confini. Senza però l’aiuto dell’Unione Europea non potrà arginare da solo il problema. I migranti in un modo o nell’altro riusciranno ad entrare nel resto d’Europa. Il primo ministro non potrà adottare misure per contenerli tutti. Ha il pugno di ferro, ma ha già fatto presente che “non sta accogliendo nessuno”. Come entrano illegalmente, illegalmente risaliranno. I centri di accoglienza greci sono saturi, al collasso. Poco fa è anche emerso un video di una guardia costiera che picchiava alcuni migranti. La situazione sta diventando difficile da sostenere. La UE resta alla mercé di Erdogan. Come volevasi dimostrare, quando si parla di politica estera europea, troviamo un vuoto.

Un’ultima domanda. Così a toccare tutte le sponde del Mediterraneo interessato. La Francia. Potenza anch’essa in seno alla Nato. Coinvolta in Libia contro Erdogan. Che gioco sta giocando Macron? È un gioco sottile o assenza totale? Non è chiaro.

La Francia ha un piede in due scarpe come si suol dire. La Nato e la Turchia. Ma la Francia sta alla Nato, come la Nato sta alla Turchia. Recentemente Macron ha dato per morta l’alleanza atlantica e questa sua continua ostilità nei confronti degli Stati Uniti spiega molto delle sue posizioni. Ma è un gioco “vedo, non vedo”.

C’è anche la questione legata a Huawei, il cinese 5G. Hanno indetto un bando in Francia e dato spazio alla Cina di partecipare a fianco di Nokia e Ericcson. Forse una scusa per declinare l’offerta all’ultimo momento?

Macron sta studiando una politica militare strategica autonoma. Se si aggregasse in questo momento all’Unione Europea o alla Nato, perderebbe il suo spazio d’azione.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay 




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