martedì 17 novembre 2020 - Osservatorio Globalizzazione

Dalla Libia all’Europa, la grande sfida della Turchia

Il 2020 è stato un anno ricco di avvenimenti storici, alcuni dei quali riempiranno le pagine dei manuali di storia per le prossime decadi. Pensiamo alla crisi epidemiologica mondiale causata dal virus SARS-CoV-2, più comunemente conosciuto come Covid-19 che ha letteralmente mostrato tutte le fragilità di una società globalizzata, non ancora capace di risolvere unilateralmente questioni di rilevanza globale. 

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Tuttavia la focalizzazione della nostra società rispetto all’angoscioso problema dell’emergenza sanitaria, negli ultimi tempi ha rischiato di celare altre questioni sociopolitiche, che di sicuro in altri tempi avrebbero riempito quotidianamente le prime pagine dei giornali locali, nazionali ed internazionali.

Gli attentati terroristici rivendicati dall’Isis in Austria e in Francia ci hanno mostrato come il terrorismo di stampo islamista sia ritornato prepotentemente in auge nel cuore dell’Europa. Vienna, in particolare, una delle città colpite dalla barbarie terroristica, è stata teatro ed è attualmente testimone secolare dei conflitti tra il mondo cristiano-cattolico e quello musulmano di stampo sunnita. La cristianità e l’Islam nella storia, di fatti, hanno condiviso più di quanto si pensi, basti pensare che lo stesso continente europeo ospita sul lato sudorientale la Turchia, attualmente governata dal Presidente Recep Tayyp Erdogan. La stessa Istanbul verosimilmente è un ponte tra l’Occidente e l’Oriente con la penisola anatolica che è stata sede nell’antichità del potente impero persiano fino alla conquista macedone di Alessandro Magno, e poi più tardi del Regno dei Parti il quale nel corso dei secoli più volte ebbe modo di scontrarsi con l’Impero Romano.

Recentemente il periodico satirico Charlie Hebdo, è ritornato agli onori della cronaca, per esser stato la conditio sine qua non della messa in stato di accusa della Turchia alla Francia di tollerare quello che il “Sultano” Recep Erdogan definisce un odio nei riguardi dell’Islam e dei musulmani. L’accusa di Ankara è stata atta a voler strumentalizzare una questione ben più ampia per lo stato francese, ossia l’irrisolto problema dell’integrazione delle banlieue francesi, site nei quartieri periferici delle grandi città della Francia. Tuttavia le recenti accuse di Erdogan al Presidente francese Emmanuel Macron di voler fomentare un odio esacerbato verso l’Islam hanno riportato i rapporti diplomatici tra Ankara e Parigi ai livelli della prima guerra mondiale, quando i due paesi si contendevano il controllo strategico del Mar Mediterraneo.

La storia la conosciamo tutti, l’Impero Ottomano fu una delle grandi potenze sconfitte, che uscì malamente dal primo conflitto bellico. Gli strascichi economici e i problemi sociali interni all’Impero portarono alla deposizione dell’ultimo Sultano Mehmed VI, e all’inizio di una nuova stagione riformista e progressista capeggiata da Mustafa Kemal, conosciuto ai più come Ataturk, artefice dei radicali rinnovamenti strutturali nell’assetto istituzionale ed ideologico della neonata Turchia. L’opera di laicizzazione e di ammodernamento del nuovo stato durò fino a periodo tra l’ultimo scorcio di secolo e il nuovo millennio. Con l’avvento degli anni Duemila la Turchia ha subito un profondo cambiamento nel suo sistema politico, attuando una politica fortemente islamizzata in controtendenza con lo sviluppo occidentale di Istanbul e del progetto di adesione all’Unione Europea avanzato dallo stato turco.

L’intolleranza e l’aperta criticità di Erdogan nei confronti dell’Occidente, nonostante non disdegni gli abiti di Armani, assieme all’omofobia e all’insofferenza verso la libertà di espressione sono alla base dell’antica giurisprudenza ottomana che adottava il Corano e le vecchie consuetudine preislamiche. Nondimeno a livello di politica estera l’amministrazione di Erdogan si sta dimostrando particolarmente attiva, esercitando un velato imperialismo che l’ha portata ad entrare con autorità nel precario sistema tribale libico, appoggiando il presidente libico Fayez al-Sarraj in funzione anti-Haftar.

L’ingresso della Turchia nello scacchiere geopolitico del Nord Africa, la dura repressione sul popolo curdo e l’aperta ostilità contro le opposizioni politiche interne alla Turchia stanno vanificando decenni di processi democratici e di apertura al mondo esterno condotti nel corso del secondo dopoguerra dal Partito Democratico con l’appoggio alterno di altre forze politiche di stampo repubblicano e relativamente tolleranti verso il liberismo. Sarà interessante esaminare il futuro politico turco in Libia dove per necessità ha un ruolo da alleato con l’Italia, la quale ricordiamo nonostante appoggi al-Sarraj, leader riconosciuto dalla comunità internazionale nutre degli interessi differenti.

L’Italia secondo l’emittente qatariota Al Jazeera appoggia l’esercito turco di stanza a Tripoli per un’oggettiva preoccupazione da parte del Governo Conte II, determinata da una remota ipotesi che Erdogan possa in futuro decidere di disimpegnarsi dalla scena nordafricana, lasciando pertanto un buon margine d’azione per la Francia, che ricordiamo appoggia il colonello Haftar.

Quest’inedita alleanza per certi versi simile riprende il sodalizio tra la stessa Turchia con la Russia nella Siria di Assad martoriata da una guerra civile ormai decennale iniziata a seguito di una stagione rivoluzionaria dai risvolti popolari, conosciuta come “Primavera araba” e poi dall’entrata in scena dell’Is. L’esito dell’imperialismo turco al momento rimane incerto, ma siamo sicuri che gli attacchi per mezzo stampa tra la Turchia e la Francia, avranno un proseguo dai contorni ancora sconosciuti sul campo libico, dove entrambi, da avversari si contendono l’influenza su un territorio nevralgico per gli interessi del Mare Nostrum. Italia permettendo.

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