lunedì 31 gennaio 2011 - Phastidio

La lettera di Berlusconi al Corriere: dal Viagra agli allucinogeni

La lettera che il ghost writer di Silvio Berlusconi ha inviato al Corriere, riguardante le mirabolanti azioni bipartisan con le quali sarebbe possibile far ripartire l’italica crescita, sta producendo le solite onde nello stagno della politica italiana.

Quindi, riepilogando: l’uomo che ha iniziato la legislatura con una maggioranza poderosa e tale da permettergli di fare tutto ed il contrario di tutto, l’uomo che si è poi perso per strada la componente finiana e che in seguito è riuscito a coagulare intorno a sé un gruppo di tacchini terrorizzati dal Natale, riottenendo l’agognata autosufficienza, lancia un ponte all’opposizione per grandi riforme strutturali.

Naturalmente lo fa perché è magnanimo, visto che non avrebbe certo bisogno dei voti dell’opposizione per rivoltare l’Italia come un calzino e fare quella agognata “rivoluzione liberale” che tutti (si fa per dire) attendono con ansia da quasi un ventennio. Potremmo intitolare questa diligente letterina “il drizzone che non colsi”, se non ci fosse da piangere.

Perché ormai la cosiddetta maggioranza è questa: in caso di sprovveduti voti di sfiducia gentilmente offerti dall’opposizione, il governo sopravvive grazie al provvidenziale “stringiamoci a coorte”, la strizza che coglie i deputati quando si avvicina lo spettro di elezioni anticipate. Immediatamente dopo il voto, in aula, è tutto un darsi il cinque, baci e abbracci. I più socievoli organizzano subito un Mignotta-party per celebrare. Dal giorno dopo, si ricomincia con proclami e visioni mentre l’attività parlamentare resta pressoché bloccata, a parte eventi vitali come il Milleproroghe (per gli amici “Legge mancia”) o il leggendario federalismo fiscale che (ormai è chiaro anche ai somari) si tradurrà in una esplosione di tributi locali.

Se il Cav. ritiene di poter promuovere una bella agenda di crescita proceda, lui e la sua maggioranza di responsabili. Diversamente ne tragga le conclusioni, anche mandando una videocassetta al Quirinale.



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