lunedì 22 ottobre 2012 - paolodegregorio

D’Alema, addio?

Fino a ieri scrivevo “D’Alema, addio!”, oggi, dopo le dichiarazioni di baffo di ferro, mi correggo e dico: “D’Alema arrivederci, presto”. La dichiarazione che: se vince Renzi, io faccio un altro partito, di sinistra, aperto a Sel, spariglia tutte le carte e consegna il PD ad una scissione certa.

La cosa dovrebbe far riflettere seriamente sui guasti che la lunga presenza in politica genera nei leader, che si sentono tutti indispensabili e considerano il partito cosa loro. Anzitutto vi è la questione delle regole. D’Alema ha accettato il metodo delle primarie per eleggere il candidato premier e dire che lui con i suoi seguaci farà un altro partito se vincerà Renzi è un colpo di mano che consegna il PD alla scissione e alla perdita delle elezioni. Consapevolmente egli consegna a Berlusconi una arma formidabile che B. userà sicuramente, quella di mandare a votare il popolo della libertà per Renzi, sapendo che ciò spaccherà il PD e il discorso delle elezioni si riapre.

D’Alema non fa questa mossa per amore del partito di cui è dirigente, ma per ritagliarsi uno spazio politico di leader e avere un futuro, visto che con la vittoria di Renzi il suo ruolo nel partito si scioglierebbe come neve al sole. Tutto questo deriva da una regola sbagliata nello Statuto del PD, che recita che dopo 3 legislature si è ineleggibili, eccetto alcuni casi. Bastava stabilire che dopo 3 legislature tutti sono ineleggibili e il caso D’Alema non sarebbe mai esistito.

Tra l’altro ammettere eccezioni e ricandidare un certo numero di dirigenti, crea una cupola inamovibile che rafforza il ruolo di vertice e fa assomigliare qualunque partito ad una oligarchia, invece che ad una organizzazione democratica. D’Alema ha fatto molti favori a B., soprattutto non facendo nulla, durante il periodo in cui fu primo ministro, contro il monopolio televisivo del Cavaliere e sul conflitto di interesse, e ora vedere lui, uomo di destra e di apparato, proporsi come leader di una nuova sinistra, è penosamente ridicolo.



1 réactions


  • (---.---.---.48) 25 ottobre 2012 14:07

    questo articolo, ridotto nel contenuto, è stato pubblicato tra le lettere al direttore del fatto quotidiano del 23 ottobre e ha suscitato la risposta di D’Alema il 24 ottobre con la definizione di provocazione stupida.

    Ho chiesto il diritto di replica con questo scritto:

    lettera aperta a Massimo D’Alema

    Caro D’Alema, sono quello stupido provocatore (come lei mi ha gentilmente definito) reo di lesa maestà per aver osato commentare la notizia, apparsa su molti giornali, che in caso di vittoria di Renzi alle primarie lei avrebbe preso l’iniziativa di fondare un nuovo partito di sinistra aperto a Vendola.

    La cosa in sé non mi dispiacerebbe, e sanerebbe uno stato di fatto di virtuale spaccatura del PD, invenzione a tavolino che aveva l’ambizione, tutta teorica e togliattiana, di unire le anime storiche del popolo italiano: quella comunista, quella cattolica e quella socialista. Operazione decisamente fallita, che però ha reso sterile il partito, bloccato da veti incrociati e, soprattutto, lo ha privato della sua identità e strategia di sinistra.

    Recuperare uno spazio di sinistra antagonista, autentica e popolare, è uno spazio vero, che esiste, e di cui si sente la mancanza, ma è patetica e ridicola solo l’idea che questo nuovo partito possa essere evocato e guidato da un personaggio come D’Alema, che ha contribuito come pochi negli ultimi venti anni, al governo o all’opposizione, a smantellare ogni identità delle classi subalterne.

    Il signor D’Alema è disposto ad occupare questo spazio, diciamo di “sinistra”, non già per un sopravvenuto pentimento, ma solo perché la “destra” del suo partito è meglio rappresentata da Renzi e da quei cattolici che sono nel PD solo per sterilizzarlo definitivamente della sua matrice popolare e di classe. Dunque in un partito “renziano” D’Alema non avrebbe futuro. E’ necessario dunque riciclarsi come vate della sinistra e allontanare la rottamazione e l’oblio.

    L’arrogante e il cinico D’Alema è capace di questo, come è stato capace durante il suo governo di partecipare alla aggressione alla Serbia, è stato capace di definire il monopolio Mediaset un patrimonio dell’Italia, è stato capace di impedire qualsiasi iniziativa di legge sul “conflitto di interessi”, ha accettato dal Vaticano l’onorificenza di “viceconte pontificale” come se i preti fossero così ingenui da premiare i loro avversari.

    Nel PD, ancora oggi, vi è uno “zoccolo duro” della base del vecchio PCI, che non aspetterebbe altro di tornare a vedere un partito di sinistra senza se e senza ma, alleato della sinistra extraparlamentare e della FIOM, capace di far tornare il problema del “LAVORO” in cima a tutto il resto.

    Spero che questa base non si faccia incantare dal trasformista D’Alema e identifichi in lui uno dei massimi responsabili del declino della sinistra.

    Comunque il “pensionato” D’Alema avrebbe una vecchiaia piena di agi, nel buon ritiro in Toscana, fra le sue vigne, confortato da un sontuoso vitalizio parlamentare, non falcidiato, come le pensioni dei lavoratori, dai tagli del professor Monti.

    Paolo De Gregorio


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