giovedì 28 ottobre 2021 - Osservatorio Globalizzazione

Condorelli, gli artigiani del dolce che non hanno ceduto alla Mafia

Il patron della azienda italiana Condorelli, il cav. Giuseppe, ha denunciato anni di tentativi di estorsioni nei confronti della sua azienda da parte della mafia, nella espressione del clan Santapaola-Ercolano.

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 La sua denuncia nel 2019 ha fornito una ulteriore spinta all’inchiesta “Sotto Scacco” partita nel 2017, portando all’arresto di 40 persone legate al racket dell’estorsione. A Giuseppe venne anche recapitata una bottiglia incendiaria con un messaggio minatorio: “Mettiti a posto o ti facciamo saltare in aria, cercati un amico”. Il “Ritratto” della settimana lo dedichiamo al fondatore dell’azienda, Francesco Condorelli che da umile garzone di bottega, grazie alla lungimiranza e a una serie di circostanze favorevoli, è riuscito a creare una realtà leader nel settore dolciario italiano: si lavorano quotidianamente 15000 kg di torrone per 160 varietà, esportati in 25 paesi del mondo, impegnando più di addetti fissi, dai 40 ai 60 lavoratori stagionali e quasi un centinaio di agenti.

Antonino Francesco Palmino Condorelli nacque a Belpasso, nel catanese, il 31 marzo 1912. La famiglia era numerosa ma piuttosto benestante: la madre Mariagrazia Carbonaro era casalinga, mentre il padre era il proprietario di due saloni da parrucchiere e figurava tra i fondatori della banca operaia di Catania, dopo aver lavorato come agente per la Lloyd Latino, una società di navigazione che si occupava di trasporto marittimo di merci e persone verso le Americhe. Terzo di cinque figli, fu spinto fin dalle elementari dal padre ad imparare un mestiere e nel pomeriggio andava nella bottega dello zio Salvatore, che aveva una officina di riparazione calessi. All’età di 10 anni assistette all’inaugurazione di una dolceria in quel di Belpasso e, fatta amicizia con il padre dell’artigiano, cambiò bottega, iniziando ad apprendere l’arte dolciaria. Lavorò in bottega fino ai 16 anni, continuando a studiare e frequentando il Ginnasio di Paternò. Il 12 maggio 1928, infatti, il padre morì e fu costretto ad abbandonare gli studi, per trasferirsi a Catania, trovando lavoro presso la pasticceria Marcianti, all’epoca una delle migliori e più rinomate pasticcerie del capoluogo etneo, per poi spostarsi alla fabbrica di cioccolato “La preferita” nel quartiere Borgo.

Riuscì a mettere da parte sufficiente denaro e ad acquisire sufficiente maestria per ristrutturare la casa dei nonni a Belpasso, in piazza Stella Aragona, e aprire una propria bottega di pasticceria l’8 gennaio 1933. Era il coronamento di una ambizione dopo anni difficili di duro lavoro. Dopo un inizio incerto, anche grazie al girovagare del Condorelli per il paese a vendere gelati e granite (dalle due alle quattro lire), la pasticceria prese il volo e nel 1934, approfittando dell’inaugurazione della strada Etna-Nicolosi, ebbe l’intuizione di aprire un locale alle pendici del vulcano, il “Caffè dello Sci” il primo bar sorto alle falde del Mungibbeddu. Poche settimane dopo fu però richiamato al servizio di leva. Vero che come figlio di madre vedova poté restare in Sicilia, tra Messina e Catania, ma altrettanto vero che non riuscì a gestire due locali: dovette vendere il Caffè, curando saltuariamente la sua bottega a Belpasso. Dopo un anno e nove mesi di leva, tornato al paese natio, si occupò alacremente della pasticceria fino al 1939, anno in cui, su consiglio di un amico residente al nord, si trasferì a Pola, per esportare l’arte pasticcera siciliana, lavorando per la dolceria Biasoletto. Lo stipendio era buono, circa 600 lire al mese, di cui 250 ne inviava alla madre, la quale, anziché spenderli per vivere, li metteva in un libretto di risparmio a nome del figlio Ciccino. Fu una mossa lungimirante e azzeccata. Con la guerra iniziarono i guai: venne arruolato nel 24° Reggimento artiglieria “Peloritani” prima come scrivano, avendo fatto il Ginnasio, e poi come responsabile mensa. Durante uno scontro con gli anglo-americani nei pressi di Modica, venne fatto prigioniero con altre 15 persone e mandato a Susa presso Tunisi. La sua arte culinaria gli tornò utile e divenne presto pasticcere di fiducia degli americani, preparando i dolci per i ricevimenti degli ufficiali, rientrando in Italia al loro seguito nel 1944. La sua pasticceria intanto dovette chiudere i battenti e quando rientrò in Sicilia da uomo libero l’anno seguente, si trovò con una attività da far ripartire da zero. Fortunatamente c’erano quei soldi che la madre aveva accantonato e con i quali non solo ebbe di che sostentarsi ma ne restarono a sufficienza per iniziare di nuovo la sua attività.

Di cambiali ne firmò parecchie ma riuscì sempre a saldarle, anche perché venne aperta la Belpasso-Etna e il suo locale divenne luogo di transito per raggiungere la parte alta del Vulcano. Il turismo funse da volano per la pasticceria, dalla quale si possono (usiamo il presente perché il locale ancora esiste) vedere le eruzioni dell’Etna, e diventò punto di riferimento per il paese, perché il Condorelli fu tra i primi a investire nella neonata Televisione: era uno dei pochi in provincia a disporre di un apparecchio televisivo.

Con gli anni del boom economico anche la pasticceria si arricchì di saloni e spazi nuovi che Condorelli utilizzava per feste di nozze ed altri eventi di più ampio respiro, come feste di paese cui partecipavano anche delle celebrità quali Edoardo Vianello, Peppino di Capri e Wilma Goich.

Condorelli era già una realtà regionale ma il salto di qualità, la svolta, che lo portò alla notorietà nazionale avvenne nel 1965, quando ad una cena con amici, ospite di una ricca vedova a Torino (ad essere più precisi a Venaria Reale), venne servito ai commensali una stecca di torrone diviso in parti diseguali: in questa occasione ebbe l’idea di cercare di produrre dei torroncini uniformi già tagliati e confezionati. Dovette ammorbidire la pasta ma l’esperimento ebbe successo, iniziando a vendere in Italia e all’estero. Nel 1973 venne creata (insieme al primo stabilimento produttivo su larga scala) la IDB Industria Dolciaria Belpasso, seguita, insieme alla storica pasticceria, da Condorelli stesso fino in tarda età. Il resto è storia recente: negli anni ’80 Pippo Baudo a “Domenica In” lanciò i torroncini in diretta nazionale, poi vennero i celebri spot che in molti ricordano: dai Re Magi che portano in dono al bambinello il dolce tipico siciliano al “Cavalier Condorelli? E’ un vero piacere” pronunciata da Leo Gullotta ad un Francesco ripreso a mezzo busto.

Nel 2002, a 90 anni, venne insignito del titolo di Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana ma sovente lo si poteva incontrare per le vie del paese. Spirò nel 2003 a 91 anni, il Cav. Antonino Francesco Palmino, per la gente di Belpasso ancora “Ciccino”, Condorelli.

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I ritratti dell’Osservatorio

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