giovedì 3 luglio 2014 - Cesarezac

Chi sbaglia deve pagare?

In base ad un sondaggio condotto da SGW e pubblicato dal Messaggero, il 70 per cento degli italiani non approva il funzionamento della macchina giudiziaria e l’81 per cento vuole che il giudice che sbaglia paghi.

La responsabilizzazione delle toghe comporta il prevedibile rischio di ritrovarsi con una giustizia “difensiva”. Come dire che i giudici per evitare di essere puniti, anziché emanare sentenze giuste, produrranno sentenze meno rischiose per se stessi. Tuttavia, la situazione è tale per cui ad estremi mali, estremi rimedi.

E’ innegabile che il problema giustizia costituisce un bubbone non più tollerabile. Da tempo è una delle prime cause, insieme alla esagerata pressione fiscale, della drammatica situazione economica, della disoccupazione, della non attrattività degli investimenti esteri e della fuga dei capitali.

La punibilità dei magistrati che sbagliano, anche per inettitudine, non è la sola anomalia da sanare. L’altra, la più evidente, è la spudorata partigianeria politica di una parte sia pure minoritaria, del corpo dei togati, organizzata in una consorteria, temuta anche dai colleghi, quelli che amministrano la giustizia con serietà e senza ambizioni politiche o smanie di protagonismo. Di fatto, si è trasformata questa fondamentale istituzione, che dovrebbe non solamente essere, ma anche apparire, rigorosamente al di sopra delle parti, in una sorta di partito politico eversivo e quindi antidemocratico, venendo meno alla sua principale peculiarità e minandone alla base la sua autorevolezza, che , in precedenza, finanche durante la dittatura fascista, non era mai scesa così in basso nella credibilità dei cittadini. Ormai il fenomeno ha travalicato ogni limite di sopportazione tanto che i segni di insofferenza quando non di esplicita ribellione come nella cosiddetta guerra tra procure, sono sotto gli occhi di tutti. Persino autorevoli magistrati, anche in seno al CSM non nascondono il profondo disagio di appartenere a quel mondo e a quello schieramento politico.

Come sempre chi ne paga le conseguenze sono i cittadini, è il popolo, in nome del quale viene perpetrata ogni genere di stortura. Per le lungaggini della giustizia, il nostro Paese paga abitualmente le previste sanzioni alla UE, o per essere più precisi, le sanzioni non le pagano i colpevoli, ma i cittadini che quindi sono vittime due volte, cornuti e mazziati. I politici di turno, di fronte al grave problema dei paurosi arretrati delle cause, anziché individuarne i colpevoli, si sono inventati i giudici di pace, non sempre ferrati in materie giuridiche.

Ora hanno chiuso moltissimi tribunali, anche sedi del giudice di pace, con la logica conseguenza di denegata giustizia, peggio di prima, a tutto beneficio dei disonesti, che quando i reati commessi non superano una certa soglia di valore hanno la certezza dell’impunità in quanto le vittime non troveranno conveniente perseguirli.

Tra costoro possiamo tranquillamente annoverare stato e comuni che come avvoltoi si servono di leggi e regolamenti vessatori concepiti a bella posta per “fare cassa”, eufemismo che sta per - rapinare i cittadini. Se ad un cittadino viene comminata un’ammenda ingiusta e per fare ricorso deve fare riferimento ad una città lontana decine di chilometri, necessariamente sarà costretto a farsi assistere da un avvocato che ovviamente, anche in caso di vittoria in giudizio, gli addebiterà costi necessariamente molto maggiori dell’entità dell’oblazione richiesta. La riforma della giustizia è nel programma del Presidente del Consiglio Matteo Renzi. Riuscirà il nostro eroe a spuntarla contro una casta che detiene nelle sue mani un potere capace di far tremare le vene e i polsi a chiunque anche perché supportata dai poteri forti?

Anche nel suo stesso partito vi sono personaggi bene individuati che difendono le caste che li foraggiano, che gli frappongono ogni genere di ostacoli per poi crocifiggerlo se non gli sarà stato possibile mantenere le promesse fatte.

 

Photo: Amodio Valerio Verde, Flickr




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