mercoledì 25 ottobre 2017 - Riccardo Noury - Amnesty International

Caso Regeni | 21 mesi senza Giulio, 21 mesi senza la verità. Quanto interessa al governo?

Il 25 gennaio 2016 il nome di Giulio Regeni si aggiungeva a quelli dei tanti egiziani e delle tante egiziane vittime di sparizione forzata dall’ascesa al potere, nel luglio 2013, di Abdelfattah al-Sisi. Pochi giorni dopo, il 3 febbraio, il nome del nostro ricercatore si aggiungeva a quelli dei tanti egiziani e delle tante egiziane assassinati con la tortura.

Sono trascorsi 21 mesi da quel 25 gennaio e ancora le autorità egiziane si ostinano a non rivelare i nomi di chi ha ordinato, di chi ha eseguito, di chi ha coperto e ancora copre il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio.

Un’ostinazione sempre meno faticosa, in realtà. Non certo per colpa dei genitori di Giulio, della loro avvocata, della campagna “Verità per Giulio Regeni” e dei coraggiosissimi difensori dei diritti umani egiziani che se la passano sempre peggio.

Se le autorità egiziane hanno vita sempre più facile, la responsabilità ricade sul governo italiano.

Il 14 ottobre, due mesi dopo la decisione di far tornare l’ambasciatore al Cairo e un mese dopo il suo reinsediamento, Amnesty International Italia ha chiesto al primo ministro Gentiloni e al ministro degli Esteri Alfano di sapere quali dei tanto pubblicizzati “passi avanti” verso la verità fossero stati da allora sollecitati e raggiunti.

A quella lettera non è ancora pervenuta una replica. Nessuno stupore: cosa avrebbero dovuto rispondere dopo un mese in cui l’ambasciatore italiano al Cairo si è speso soprattutto per promuovere il ritorno in massa del turismo in Egitto e per favorire la prima visita istituzionale di alto livello nel paese, quella del sottosegretario agli Esteri Amendola?

Naturalmente, non è mancato neanche in questo caso un riferimento a Giulio. Ci si fa bella figura e si dà l’idea di perseverare nella ricerca della verità.

Il comunicato stampa della Farnesina, datato 23 ottobre, menziona “l’auspicio dell’Italia che il ristabilimento delle relazioni diplomatiche a livello di Ambasciatori del settembre scorso vada di pari passo con l’aspettativa, fortemente sentita e condivisa unanimemente dall’opinione pubblica e dalle istituzioni italiane, di sviluppi positivi nella collaborazione giudiziaria sulla barbara uccisione di Giulio Regeni”.

Rileggetelo. Si auspicano, si aspettano “sviluppi positivi”.

Questo è invece il comunicato stampa con cui il 14 agosto il ministro degli Esteri Alfano aveva annunciato il ritorno dell’ambasciatore al Cairo:

“Alla luce degli sviluppi registrati nel settore della cooperazione tra gli organi inquirenti di Italia ed Egitto sull’omicidio di Giulio Regeni, di cui fa stato il comunicato congiunto emesso oggi dalla Procura della Repubblica di Roma e dalla Procura Generale de Il Cairo, il Governo italiano ha deciso di inviare l’Ambasciatore Giampaolo Cantini nella capitale egiziana…”

Rileggetelo. Due mesi fa gli sviluppi erano acclarati, certi. Ora sono “auspicati”, “attesi”. Passi indietro, dunque, altro che “passi avanti”!

Il governo italiano vuole davvero cercare la verità per Giulio Regeni?

Dubitare è lecito. Forse anche doveroso.




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