lunedì 23 maggio 2022 - Marco Barone

Caro Giulio, se puoi, scusaci...

Sei anni da quel maledetto 25 gennaio 2016, da quando Giulio venne risucchiato nel buco nero degli apparati di sicurezza egiziani. Sei anni dall'omicidio di Stato che ha turbato il mondo, la società civile e che ha minato, almeno per qualche mese, profondamente, come non accadeva dai tempi della seconda guerra mondiale, i rapporti tra Italia ed Egitto. 

Poi, una mano, amica sicuramente della non giustizia e non verità per Giulio, ha deciso che era arrivato il momento, di cancellare quella strada dell'inimicizia apparente che si stava costruendo tra Egitto ed Italia, per la riconciliazione, nel nome dei più grandi interessi, che facevano rima certamente con affari, con gas, con armi, con interscambio commerciale, con tutto e di più, ma non con diritti umani e giustizia.

Il regime dittatoriale di Al Sisi che governa un popolo da cento milioni di abitanti con un colpo di Stato militare, dal luglio del 2013, va diritto verso il suo decennale, corre, rapido, come un treno ad alta velocità, lo stesso non può dirsi per la giustizia per Giulio. La verità oramai, più o meno, è nota, ci sono ancora diversi aspetti da dover limare, ma sostanzialmente lo hanno capito tutti cosa è successo. Giulio, rapito dai servizi di sicurezza egiziani, ossessionati dalla questione della sicurezza interna, dove la lotta al terrorismo era diventata solo un pretesto per rendere più rigide le misure di controllo verso la società civile, e dalle ostilità al regime, poi torturato e ucciso, per essere abbandonato sul ciglio di una strada. Menzogne, calunnie, depistaggi, ma si è arrivati ad avere dei nomi, quattro, saranno sicuramente di più, ma intanto si parte da quei quattro quali il generale Sabir Tariq e dei colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim, e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif. Irreperibili, si appellano loro, proprio loro, alle misure della garanzia dello Stato di diritto che in Egitto non esiste, cercano di eludere un processo, che non è politico, quello spetterà alla storia, al tempo che verrà. E in tutto ciò, il tempo, passa, trascorre e il regime di Al Sisi continua ad atteggiarsi con la tipica arroganza che lo ha connotato in questo decennio.

Per dimostrare come lui tenga sotto controllo l'operato dell'Italia, decide di inviare a Roma a rappresentare il proprio Paese, il suo portavoce ufficiale, Bassam Rady, nominato ambasciatore straordinario e plenipotenziario straordinario dell'Egitto in Italia. Ha ricoperto diversi incarichi tra cui membro del comitato nazionale per la stesura di una nuova legge antiterrorismo nel 2015, membro del Comitato di sicurezza superiore per la lotta al terrorismo guidato dal consigliere del presidente per gli affari antiterrorismo nel 2015, si è specializzato nel monitoraggio delle attività dei gruppi estremisti e dei Fratelli Musulmani. Insomma, non una nomina casuale, non uno qualunque. Nulla è figlio del caso. Un chiaro messaggio politico che arriva all'Italia. A quell'Italia che sembra aver le mani legate, che non ha mai avuto il coraggio di dichiarare l'Egitto come Paese ostile ed insicuro. In tutto ciò la famiglia di Giulio con il team legale sta facendo l'impossibile, sostenuta costantemente ogni giorno dal popolo giallo che non si è mai fermato. Caro Giulio, se puoi, scusaci.

Scusaci se il tuo Paese non ha messo in campo tutto quello che poteva per ottenere giustizia, non tanto solo per te, ma per dare un segnale al mondo di non impunità, perché quello che rischia di passare e consegnarsi alla storia è che un Paese tramite i propri apparati può deliberatamente sequestrare, torturare, uccidere un cittadino di questo mondo, e fottersene di tutto il resto perché ci sarebbero cose più grandi e importanti dei diritti umani, della vita umana, da tutelare e preservare. Se dovesse finire così, rimarrà nel mondo una macchia indelebile dove l'impunità sarà la norma, la giustizia, no. Certo, non sarebbe la prima volta, è vero, ma perché non si ripeta mai più, è necessario che verità e giustizia si faccia al più presto.

mb




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