Cairo: sulle onde (web) della Rivoluzione

A quasi due anni dalle manifestazioni di Piazza Tahrir in Egitto, il 25 gennaio, siamo andati a capire il ruolo che hanno giocato le Radio Web nella costruzione di una nuova generazione di rivoluzionari cairoti, dall'abbattimento del regime di Mubarak alle nuove sfide per la democrazia.
“La rivoluzione di Twitter è iniziata” era l’etichetta più diffusa per definire il ruolo determinante che i social network hanno giocato nel successo politico e mediatico della rivoluzione egiziana del 25 gennaio 2011. E questo è sicuramente vero. Ma non sono stati solamente i social network a dare manforte ad un movimento giovane, laico e determinato nel divampare come un incendio in tutto l’Egitto e aprire spazi di democrazia partecipata nelle faglie di un regime trentennale: anche le radio libere hanno giocato, come nelle migliori tradizioni di lotte partigiane, il loro ruolo di catalizzatori di pensiero libero e partecipazione, contagiando sul filo del web tante fette di popolazione egiziana che fino a quel momento non era mai scesa in piazza in vita sua. In base ad una legge varata da Mubarak, non era possibile aprire radio o televisioni private in onde medie (FM) permettendo di fatto l’emissione radiotelevisiva esclusivamente a televisioni pubbliche o provate ma controllate dal regime o da network internazionali mainstream. Nessuna radio libera o comunitaria ha mai potuto trasmettere il dissenso. Invece internet, dalla metà degli anni duemila, ha permesso la creazioni di radio web, libere, gratuite e diffusissime fra le nuove generazioni di egiziani.
A quasi due anni dalla rivoluzione di Piazza Tahrir, siamo andati ad incontrare queste giovani realtà mediatiche cairote che svolgono un percorso di inclusione delle nuove generazioni nella cittadinanza attiva egiziana.
Il primo che incontriamo è il direttore di Horytna, una radioweb nata nel 2007 ma che solo dal 2011 ha trovato una reale diffusione in Egitto. “Lavoriamo assieme a Andalus, un centro di ricerca sul monitoraggio dei media, per verificare lo stato di salute del diritto all’informazione nel nostro paese, il livello di violazioni nei media e le ripercussioni di queste violazioni. La situazione di questo paese è difficile da questo punto di vista, e al momento c’è stato qualche miglioramento dalla rivoluzione di Piazza Tahrir in poi, ma sono tante le cose da fare”.
Poi ripercorre quei giorni del gennaio 2011, il ruolo delle radio fra il movimento di cittadini in piazza. “Sono stati giorni convulsi, avevo mandato solo due giornalisti inviati alla manifestazione perché pensavamo che sarebbe stata poco partecipata, invece dopo poche ore abbiamo capito che sarebbe stato un evento epocale per la storia del nostro paese. Praticamente in quei giorni vivevamo tutti in piazza, raccoglievamo storie di libertà. La gente aveva voglia di parlare, di esprimere il suo punto di vista sulla situazione, di raccontare che c’era. Erano 30 anni che gli egiziani volevano raccontare la propria storia…”
Poco distante da lì, andiamo a visitare Radio Hokok ed il suo direttore Sameh Said ci racconta che durante la rivoluzione la radio ha si svolto una funzione di diffusione online delle notizie dalla piazza, ma per quello c’erano anche i grandi network internazionali, la vera innovazione è stato esserci in quella piazza, non da un trespolo o da un terrazzo, ma fra la gente, fra le tende, raccogliendo storie e diffondendo speranze e libri…”. Libri?
“Si, sembra banale, ma gli egiziani dopo 30 anni di dittatura avevano anche voglia di leggere ed informarsi su cose nuove, su nuove esperienze, e noi che siamo una web radio abbiamo montato in piazza Tahrir in quei giorni una postazione di CrossBooking, dove la gente poteva prendere libri, scambiarli, prestarli, leggerli e commentarli, e poi, attraverso i nostri microfoni, commentarli a chi non c’era”
L’ultima radio che incontriamo è Radio Bokra ed il suo direttore Shady El Adl ci racconta la specificità della sua radio, che è anche in centro di formazione per giovani redattori online, che forma 150 giornalisti all’anno, una fucina di nuovi osservatori che può diventare una “sentinella” contro le violazioni al diritto all’informazione libera.
Abbiamo in questo momento due totalitarismi da contrastare: quello islamico della Fratellanza e quello militare. I diritti umani sono ancora in cattivo stato, io non sono ottimista…..”.
Si congeda con queste parole premonitrici, purtroppo la cronaca di queste settimane sembra dargli ragione. Ma le radio web al Cairo continuano ad emettere le voci e le storie libere e laiche di questo paese….