mercoledì 18 settembre - Riccardo Noury - Amnesty International

Burundi, quattro anni di presidenza Ndayishimiye: stessa repressione di prima

La buona notizia della grazia alla giornalista Floriane Irangabiye, dopo aver scontato due dei dieci anni di carcere cui era stata condannata nel 2022 per “aver messo in pericolo l’integrità del territorio nazionale” durante un dibattito radiofonico, rappresenta l’unica, parziale, buona notizia pervenuta in questi ultimi anni dal Burundi.

In occasione del quarto anniversario della presidenza di Evariste Ndayishimiye (nella foto), Amnesty International ha denunciato la costante restrizione degli spazi di libertà nel paese africano e la repressione contro difensori dei diritti umani, esponenti dell’opposizione politica e giornalisti.

I primi segnali erano stati incoraggianti, con la ripresa delle relazioni diplomatiche con importanti partner internazionali, soprattutto con l’Unione europea, e la scarcerazione di due difensori dei diritti umani e quattro giornalisti.

Poi, tutto è tornato come ai tempi del predecessore di Ndayishimiye, Pierre Nkurunziza.

Qualche caso. Nel 2022, Olucome e Parcem, due Ong che si occupavano di sviluppo sostenibile e che denunciavano la corruzione, sono state chiuse. Nel febbraio 2023, a Gitega, 24 persone sono state arrestate durante un seminario sull’inclusione economica.

Sempre nel febbraio 2023 cinque difensori dei diritti umani sono stati arrestati e accusati di ribellione. Due di loro sono stati poi assolti, tre sono stati condannati a un anno di carcere con pena sospesa ma non annullata.

Con le elezioni parlamentari in programma nel 2025, Amnesty International ha sollecitato l’Unione europea a non abbassare la guardia e a chiedere al presidente Ndayishimiye di rispettare i diritti umani.

La foto, tratta da Wikipedia, è stata scattata durante un viaggio in India dalla segreteria della vicepresidenza indiana (GODL-India)




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