venerdì 20 luglio 2012 - UAAR - A ragion veduta

Breivik e le ideologie dell’odio: cosa comporta scegliere tra "follia" e "punizione"

di Gui­do Sal­vi­ni*

La sen­ten­za per la stra­ge di Utoya, at­te­sa per il 24 ago­sto, non ri­guar­derà solo la sor­te per­so­na­le di Brei­vik ma porrà mol­te do­man­de. Se sarà giu­di­ca­to in­ca­pa­ce, se­guen­do le con­clu­sio­ni di una pri­ma pe­ri­zia del­la Cor­te, Brei­vik che ri­fiu­ta una sen­ten­za si­mi­le più del­la con­dan­na stes­sa, sarà in­ter­na­to per mol­to tem­po in un luo­go di cura con l’obiet­ti­vo di gua­rir­lo dal­le sua fol­lia e di far­ne ces­sa­re la pe­ri­co­lo­sità. Se sarà giu­di­ca­to sano di men­te, se­guen­do una se­con­da pe­ri­zia, sarà con­dan­na­to ad una ven­ti­na di anni di car­ce­re per­ché nel­la ci­vi­le Nor­ve­gia non esi­ste né la pena di mor­te né l’er­ga­sto­lo.

Il giu­di­zio sul­la sa­nità di men­te di un im­pu­ta­to che com­pie cri­mi­ni or­ri­bi­li e tal­vol­ta è an­che con­vin­to di aver fat­to il giu­sto, è uno dei più dif­fi­ci­li per i giu­di­ci di ogni pae­se. Lo è nei de­lit­ti co­mu­ni, al di là dei casi evi­den­ti di chi uc­ci­de un pas­san­te si­cu­ro di aver sen­ti­to del­le “voci”. In­fat­ti spes­so ma­nie, for­me nar­ci­si­sti­che, ca­rat­te­ri an­ti­so­cia­li col­lo­ca­no la ca­pa­cità dell’im­pu­ta­to in una zona gri­gia e sem­pre con mag­gior fre­quen­za gli stu­di neu­ro­psi­chia­tri­ci spie­ga­no ai Giu­di­ci che non solo la paz­zia ma­ni­fe­sta ma an­che si­mi­li di­stur­bi del­la per­so­na­lità pos­so­no do­mi­na­re la men­te di una per­so­na e ren­der­la non del tut­to li­be­ra di de­ci­de­re. Se quin­di, in as­sen­za di cri­te­ri si­cu­ri nei rap­por­ti tra le scien­ze me­di­che e la giu­sti­zia, nei pro­ces­si co­mu­ni il giu­di­zio di sa­nità men­ta­le o meno ri­ma­ne “con­ven­zio­na­le”, que­sta di­scre­zio­na­lità si sen­te an­cor di più nei de­lit­ti a sfon­do ideo­lo­gi­co.

Brei­vik è paz­zo? O ha ela­bo­ra­to una vi­sio­ne del mon­do che, per quan­to ri­pu­gnan­te, cor­ri­spon­de ad una sua scel­ta? Tan­to per fare un po’ di or­di­ne, l’ideo­lo­gia che Brei­vik dif­fon­de­va nei suoi scrit­ti in In­ter­net non ha co­mun­que mol­to a che ve­de­re con il fon­da­men­ta­li­smo cri­stia­no e nem­me­no con il na­zi­smo: mag­gio­ri sem­bra­no i le­ga­mi con mas­so­ne­rie oc­cul­te e Brei­vik si è sem­pre di­chia­ra­to an­che un de­ci­so fi­lo-se­mi­ta ed esal­ta­to­re di Israe­le come ba­luar­do con­tro l’Islam. Le sue idee, tra l’al­tro con ve­na­tu­re eco­lo­gi­che e pri­ve di pre­giu­di­zi nei con­fron­ti de­gli omo­ses­sua­li, sem­bra­no piut­to­sto un amal­ga­ma che ri­cor­da, in modo più ra­di­ca­le e por­ta­to alle estre­me con­se­guen­ze, l’ideo­lo­gia del lea­der po­pu­li­sta olan­de­se Pim For­tuyn, uc­ci­so nel 2002 da un fa­na­ti­co di estre­ma si­ni­stra.

Co­mun­que, paz­zia o pu­ni­zio­ne, en­tram­be le de­ci­sio­ni sono in realtà tec­ni­ca­men­te pos­si­bi­li e cre­do che le de­ci­sio­ne dei giu­di­ci di­scen­derà, an­che in­con­scia­men­te, dal­la per­ce­zio­ne del­la mi­glior “ac­cet­ta­bi­lità” po­li­ti­ca e cul­tu­ra­le di una del­le due con­clu­sio­ni. La Cor­te può af­fer­ma­re che l’im­pu­ta­to, con­vin­to di do­ver pre­ser­va­re "l’iden­tità" del­la Nor­ve­gia da­gli isla­mi­ci, ha ad­di­rit­tu­ra tru­ci­da­to, per dare un mes­sag­gio fol­le, i suoi con­na­zio­na­li che non pre­ven­go­no ma fa­vo­ri­sco­no l’in­va­sio­ne del loro pae­se. In ogni caso è solo paz­zo e la sua ideo­lo­gia non in­te­res­sa: que­sta sa­reb­be una sen­ten­za per un ver­so “ac­cet­ta­bi­le” ma un po’ fin­ta. Una de­ci­sio­ne in tal sen­so apri­reb­be an­che una con­trad­di­zio­ne che nes­su­no sem­bra per ora co­glie­re. Al­tri gio­va­ni, spin­ti da un’ideo­lo­gia po­li­ti­co-re­li­gio­sa, han­no fat­to crol­la­re le Tor­ri Ge­mel­le e han­no uc­ci­so mi­glia­ia di ci­vi­li, tra cui mol­ti loro cor­re­li­gio­na­ri, in Eu­ro­pa e in al­tri pae­si del glo­bo, spes­so im­mo­lan­do­si a loro vol­ta con gio­ia, al fine di sal­va­re la “pu­rez­za” del­la cul­tu­ra isla­mi­ca mes­sa in pe­ri­co­lo dall’Oc­ci­den­te.

Ma, an­che se la mag­gior par­te de­gli at­ten­ta­to­ri non fos­se mor­ta sui­ci­da, nes­su­no avreb­be pre­so in con­si­de­ra­zio­ne in even­tua­li pro­ces­si che an­che l’ideo­lo­gia del fon­da­men­ta­li­smo isla­mi­co è sin­to­mo mol­to se­rio di fol­lia con con­no­ta­zio­ni re­li­gio­se, me­ri­te­vo­le più di un ospe­da­le psi­chia­tri­co giu­di­zia­rio che del car­ce­re. Nes­su­no lo avreb­be so­ste­nu­to e sa­reb­be­ro sta­ti con­dan­na­ti e ba­sta, come av­ve­nu­to in In­dia per i ter­ro­ri­sti su­per­sti­ti del­la stra­ge Mum­bai e in In­do­ne­sia per quel­li del­la stra­ge di Bali. Giu­di­ca­re gli au­to­ri de­gli at­ten­ta­ti ji­ha­di­sti “fol­li” sa­reb­be sta­to vis­su­to non solo come un ol­trag­gio per le vit­ti­me ma po­li­ti­ca­men­te poco ge­sti­bi­le. Per­di­più sa­reb­be sta­to con­si­de­ra­to un’of­fe­sa, con con­se­guen­ze an­che gra­vi, dal com­ples­so del mon­do isla­mi­co, no­to­ria­men­te mol­to su­scet­ti­bi­le, giu­di­ca­to im­pli­ci­ta­men­te come quel­lo che al­ber­ga una fede che con gran­de fre­quen­za ge­ne­ra psi­co­pa­ti­ci.

Sem­bra in­ve­ce meno dif­fi­ci­le e più “ac­cet­ta­bi­le” giu­di­ca­re fol­le Brei­vik, ri­muo­ven­do però il pro­ble­ma che an­che in Eu­ro­pa c’è qual­cu­no che con­si­de­ra l’al­tro una “non per­so­na” da can­cel­la­re sul­la base del­la pro­pria esca­to­lo­gia. Cer­to, la di­stan­za tra le ela­bo­ra­zio­ni di Br

ei­vik e le idee de­mo­cra­ti­che e di tol­le­ran­za re­li­gio­sa che han­no ci­vi­liz­za­to l’Eu­ro­pa è in­com­pa­ra­bil­men­te più gran­de di quel­la che se­pa­ra gli jia­d­hi­sti dai co­mu­ni se­gua­ci del Co­ra­no e in­com­pa­ra­bil­men­te mi­no­re è il nu­me­ro di chi in Eu­ro­pa ac­cor­cia tale di­stan­za tra re­li­gio­ne e odio ri­spet­to a quan­to av­vie­ne nei pae­si isla­mi­ci. Ma giu­di­ca­re Brei­vik solo un lupo so­li­ta­rio e un paz­zo ri­schie­reb­be di al­lon­ta­nar­ci dal ri­flet­te­re sui pro­ble­mi e sui pe­ri­co­li che an­che l’Eu­ro­pa vive con la cre­sci­ta dif­fu­sa di mo­vi­men­ti xe­no­fo­bi che esal­ta­no un vio­len­za iden­ti­ta­ria e qua­si mi­sti­ca. An­che noi ab­bia­mo avu­to il no­stro pic­co­lo Brei­vik e cioè quel Giu­sep­pe Cas­se­ri, vi­ci­no a Casa Pound e ap­pas­sio­na­to di eso­te­ri­smo e di fan­ta­sy, che a Fi­ren­ze nel di­cem­bre 2011 ha fat­to stra­ge di im­mi­gra­ti se­ne­ga­le­si. Il pro­ble­ma giu­di­zia­rio non si è po­sto solo per­ché Cas­se­ri si è uc­ci­so e nes­su­no qua­si se ne ri­cor­da più.

Una sen­ten­za a Oslo solo “me­di­ca” ri­schia quin­di di non es­se­re la mi­glior cura né per Bre­vik né per le sue vit­ti­me né per tut­ti noi.


* Ma­gi­stra­to pres­so il Tri­bu­na­le di Mi­la­no



1 réactions


  • (---.---.---.70) 22 luglio 2012 11:54

    Credevo si parlasse di strage quando i morti superano le 10 unità con metodologia plateale, il Casseri ha solo sparato a vanvera e inoltre lo ha fatto dopo una accesa discussione con immigrati non proprio regolari che vendono abusivamente materiale non legale, gli stessi che la tv, il cinema ed i giornali disegnano come nuovi sex symbol pronti ad inseminare ogni donna Europea per poi abbandonarla al suo destino... un pò come Balotelli e le sue felici vittime.

     

    Punti di vista, più o meno realistici.


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