martedì 10 aprile 2012 - alfadixit

Bossi ha dovuto dimettersi, colpa dei soliti giudici comunisti

Le dimissioni di Bossi riportano alla ribalta la “sporcizia” del sistema politico. La pulizia gridata da più parti è a questo punto improcrastinabile per la tenuta stessa della democrazia.

Ed eccoci all’ennesima vittima. Anche Umberto Bossi, paladino del movimento più integralista e critico verso il degrado della politica romana ha dovuto lasciare, colpito dalla solita inchiesta sul malaffare nel sistema dei partiti. Il povero Senatur ha dovuto insomma abbandonare l’agone politico travolto dagli scandali sulla gestione finanziaria della Lega. Nessuna novità certo, si tratta in pratica del consueto sperpero di denaro pubblico per fini personali, un ladrocinio insomma, ma colpisce come, uno ad uno, i peggiori protagonisti della peggior storia moderna del nostro paese e non solo, stiano sgombrando finalmente il campo. Dopo Gheddafi e Berlusconi, giusto per ricordarne qualcuno, adesso tocca a Bossi e speriamo non sia l’ultimo. Sic transit gloria mundi, una frase tornata di moda dopo duemila anni, anche se a ben guardare qui di gloria ce ne davvero poca, Padania ladrona.

Ma la cosa che più colpisce e sconcerta è la reazione del povero Bossi, stizzita e irata contro i giudici colpevoli, a suo dire, di aver indagato, di aver cioè fatto il loro dovere, “rompendo così le uova nel paniere” alla banda bassotti proprio nel bel mezzo dell’azione truffaldina. Le ire di Bossi sono per questo. In altre parole è tornato in campo il consueto “vittimismo di Calimero”, una tecnica già collaudata da almeno vent’anni per gettare discredito sull’azione giudiziaria, una macchina del fango, come dice Saviano, lanciata a tutto vapore contro i giudici attraverso i famigerati manganelli mediatici di cui il regime dispone. Si vuole cioè far passare il messaggio che esiste un “fumus persecutionis” nei confronti dei poveri politici innocenti. Lo scandalo non è per un premier che paga le minorenni come il più bavoso dei pedofili, non sono i senatori mafiosi o i consiglieri incapaci, amici degli amici, insediati in pompa magna nel cuore della democrazia proprio dalla politica, tanto meno sono certi parlamentari che, malauguratamente, si trovano a loro insaputa la casa pagata e neppure le leggi fatte apposta per averne vantaggi personali, no, lo scandalo sono i giudici che tentano, nel bene o nel male, di porre un freno a questo scempio della democrazia.

La corruzione non esiste, come la mafia è un’invenzione, pura fantasia buona per agitare le coscienze, è il messaggio subliminale della politica che fa sistematicamente quadrato attorno ai sospettati, una difesa ad oltranza della casta, alla faccia dei cittadini e del principio di uguaglianza. Il processo breve, le prescrizioni pilotate, l’ossessione delle intercettazioni sono solo una burla, una maschera di carnevale, nulla più. Non è la corruzione il motore principale della cosca politica ma i giudici comunisti. Questo è il messaggio, chiaro e forte. Come i bambini presi con le mani nella marmellata negano la più chiara evidenza, così la politica tenta di imbonire i cittadini nascondendosi dietro l’ipocrisia per scaricare ancora una volta responsabilità precise e inequivocabili. La forsennata macchina del consenso brandita dai media serve proprio a questo. “La politica, per sottrarsi al controllo di legalità, da 20 anni assalta la giustizia” scrive Gian Carlo Caselli nel suo ultimo libro “Assalto alla giustizia”. Ed aggiunge “è per la corruzione che abbiamo ospedali carenti, trasporti pessimi, economia avvelenata. La corruzione costa 1000 euro all’anno a testa, neonati inclusi”, come un paio di grandi manovre “lacrime e sangue”, altro che non esiste.

Ed è proprio il puzzo nauseabondo che il sistema emana ad alimentare il sentimento antipolitico nei cittadini, il fango di cui la cosa pubblica si è autonomamente lordata, altro che cerchio magico. E per fortuna i cittadini hanno negli ultimi anni affinato l’olfatto tanto che secondo un sondaggio commissionato dalla commissione europea nel 2012, gli italiani sono in grande maggioranza convinti che la corruzione è il principale problema del paese, che in Italia la corruzione è insita nella cultura del business oltre che radicata nelle istituzioni e sono altresì convinti che è aumentata negli ultimi anni. Del resto questa è proprio la denuncia che la Corte dei Conti ha lanciato nella sua ultima relazione. E l’olfatto è divenuto così raffinato che, sempre secondo lo stesso sondaggio, gli italiani pensano che la corruzione sia causata dai troppi legami fra affari e politica, dal fatto che la politica stessa non fa proprio nulla contro la corruzione, ancora perché non c’è abbastanza severità nella pene, ed infine perché molte cariche pubbliche sono spartizioni e non meritate da chi le ricopre.

E la politica fa di tutto, ma proprio di tutto per incoraggiare la corruzione, difficile infatti pensare il contrario dal momento che da noi non si è ancora approvata una legge firmata a Strasburgo nel lontano 1999 proprio per ostacolare la corruzione, una legge già da anni fatta propria da tutti i paesi dell’unione, tranne il nostro, guarda caso. I cittadini hanno cioè capito che la politica vuole a tutti i costi accaparrarsi gli spazi che competono per costituzione al potere giudiziario, il terzo potere dello stato, posto allo stesso livello di quello legislativo, operato dal parlamento, e del potere di governo. Una forma questa, appositamente studiata dai padri fondatori della Costituzione, proprio per garantire l’equilibrio democratico del sistema e per questa stessa ragione, di fatto, un fastidio per chi vuol piegare il paese a proprio uso e consumo, per chi vuole cioè sguazzare nella nebbia della corruzione e del malaffare. Questa purtroppo è la realtà, una dittatura della maggioranza divenuta il cancro del sistema che può essere fermato solo con la vigilanza, con l’interesse e l’attenzione verso la “cosa pubblica” da parte dei cittadini, con una estrema trasparenza e indipendenza dell’informazione, specialmente quella pubblica, oggi poco più che un “maggiordomo” del potere. Sarà forse solo fantasia, una pia illusione, ma come sarebbe bello poter dire un giorno ai nostri figli “sic transit sordes mundi”, così passa la sporcizia del mondo.



4 réactions


  • (---.---.---.65) 10 aprile 2012 16:07

    Sono angosciato!!! cosa farà il povero TROTA per vivere?!?! non ha ne arte ne parte, né titoli di studio (non ha fatto in tempo a laurearsi non si sa bene dove), perse le elezioni a Milano è uscito dal consiglio dell’Expo 2015 (sarei curioso di sapere quali consigli ha dato nel mentre succhiava 180.000 euro all’anno. Adesso ha perso anche la rendita regionale, ma come farà a vivere visto che non è buono a fare nulla?!?!?

    Per un po ancora ci penserà mamma e papà, ma quando diventerà grande e si troverà solo come farà???

     

     


  • (---.---.---.65) 10 aprile 2012 16:11

    Sono angosciato!!! come farà il povero TROTA a vivere, visto che non sa fare e non è buono a nulla!?!?

    Per un po ci penserà mamma e papà, ma quando diverrà grande (?) e sarà solo come farà?


  • (---.---.---.227) 11 aprile 2012 12:26

    Non ho mai votato lega, ma vedere bossi in quelle condizioni mi ha toccato...al punto che alzerei un dito per lui: il medio.


  • paolo (---.---.---.199) 11 aprile 2012 23:20

    Queste sono cattiverie gratuite indirizzate verso un poverino che non merita il vostro disprezzo .
    Renzino è un ragazzo d’oro , i 180.000 l’anno (extra a parte) se li è guadagnati attaccando i manifesti della Lega e dirigendo la nazionale di calcio della Padania che ha vinto i mondiali delle nazioni inesistenti .
    Questo valga anche per smentire che Renzino è un buono a nulla .


Lasciare un commento