"Beni comuni": la nuova frontiera politica del Movimento di Beppe Grillo
Beni come l’acqua, l’energia, le grandi infrastrutture viarie, il Web, l’etere, rappresentano risorse che i cittadini dovrebbero poter gestire collettivamente, in un modello di “autogoverno locale” considerato, dal Premio Nobel 2009 Elinor Ostrom, il più efficiente e democratico.
Fra le tantissime accuse che si muovono a Beppe Grillo e al suo "Movimento 5 Stelle", tanto più virulente quanto più la sua formazione politica cresce nei sondaggi, vi è quella di non avere un programma politico, cioè un progetto di società. A parte che non se ne vedono molti in giro di “progetti di società”, se non le vuote parole su “libertà” o “partecipazione”, la critica che gli viene rivolta è vera soltanto in parte. Lui stesso, per la verità, nella sua chiacchierata-intervista con Marco Travaglio (anche questa molto strumentalmente criticata), ha ammesso che molte delle idee elaborate non sono sufficienti e che bisognerà precisare meglio il disegno politico del suo Movimento.
Eppure, chi segue il suo blog sa che Beppe Grillo e molti dei suoi simpatizzanti hanno fatto, della dottrina dei "beni comuni", la base del loro programma di sviluppo economico e politico della società futura. Si tratta di un’idea innovativa sulla quale sarebbe il caso che le forze politiche, invece di essere terrorizzate dalla possibile affermazione elettorale del MS5, avviassero una seria e positiva discussione. Già, perché la "dottrina dei beni comuni" si pone agli antipodi, e in modo radicale, con tutte le politiche di dissennata privatizzazione di qualsiasi bene e servizio, anche, in riferimento ai primi, di quelli prodotti dalla natura e quindi concettualmente appartenenti alla umanità nel suo complesso.
La "dottrina dei beni comuni" ha peraltro avuto, nel 2009, un grande riconoscimento a livello internazionale con l’assegnazione del Premio Nobel per l’Economia alla sua più grande studiosa, Elinor Ostrom, che ha dedicato le sue ricerche pionieristiche al problema dell’autogoverno delle risorse nelle società locali americane. La teoria di Ostrom, che insieme al marito ha una formazione essenzialmente politologica, si è sviluppata grazie ad una serie di ricerche sul campo, che hanno studiato i sistemi di produzione e gestione dell’irrigazione in una località dello Stato dell’Indiana, Bloomington. Questi sistemi di irrigazione nel settore rurale sono quanti di più complesso sia stato costruito dall’uomo, si articolano per centinaia di chilometri su territori eterogenei e servono migliaia di utenti. Ostrom ha verificato come il modello di autogoverno delle comunità locali di questi sistemi, a determinate condizioni (condivisione, utilizzabilità concertata, rispetto dei bisogno altrui, ecc.), risulti il più efficiente in termini economici ma soprattutto il più democratico.
Nel modello elaborato da Ostrom le istituzioni e quindi i governi devono svolgere essenzialmente il compito di supportare le forme “concertative” o “cooperative” di gestione dei «beni comuni» , non sostituendosi ai cittadini mediante l’applicazione del principio della «rappresentanza politica», che molto spesso si risolve in un’usurpazione surrettizia, secondo una intuizione che fu diffusa in Europa da Alexis de Tocqueville nel XIX secolo, dopo la visione diretta che l’aristocratico francese ebbe della società americana e che riassunse nel suo famoso La democrazia in America.
In Italia, per colpa della destra berlusconiana e di ampie frange della cosiddetta "sinistra riformista", si è operato esattamente all’opposto, ritenendo che il modello di "privatizzazione" di qualsiasi risorsa sia quello più efficiente, vista l’esperienza maturata nel nostro paese di risorse depredate dal ceto politico negli anni della "partecipazioni statali" e delle "nazionalizzazioni". Un’idea totalmente sballata, che ha comportato la nascita di decine di “Authority” cui la legge assegna il compito di regolare le tariffe di beni e servizi, considerati comunque “essenziali” per la vita, come il trasporto pubblico, l’acqua, l’energia, l’ambiente. Tariffe in grado di assicurare alle società commerciali gestori degli impianti ampi margini operativi, pagati dai consumatori, i quali non hanno alcuna possibilità di decisione sui beni di loro appartenenza. Non sarebbe il caso, in questi mesi di campagna elettorale, di discutere anche della "dottrina dei beni comuni"?