Fintanto che uno/a trova che il gioco vale la candela gioca.
Il
che mi fa supporre che i precari hanno ancora tante candele e considerato che
vogliono ancora, ed ogni anno, rigiocare la stessa partita, anche se con
un mazzo di carte diverso, significa...
Sabato 11.12.2004
Sezione lettere de "Il Gazzettino" del Fiuli, pagina XVI
UDINE
Troppa gente
alle dipendenze
dello Stato
Bisogna ridurre il personale in esubero nell’amministrazione pubblica, per
liberare le risorse necessarie al finanziamento delle politiche per la
riduzione dell’insostenibile pressione fiscale, per la ricerca e lo sviluppo.
Bloccare il turnover quale toccasana per conseguire i risultati sopraddetti è
velleitario e propagandistico. Il fattore "tempo" è sfavorevole, perché la
dinamica del turnover è troppo lenta nel produrre i benefici ricercati, poiché
i risultati si conseguiranno solo nel lungo termine. Inoltre le necessità di
reperire le nuove professionalità sconsiglia quella che potrebbe configurarsi
come una nuova rigidità nel mercato del lavoro.
Ricordo che durante il governo dei sinistri "Prodi-D’Alema-Amato", l’apparato
alle dipendenze statali fu sfoltito di 290.000 unità, alla chetichella, senza
contrasti sindacali, perché le stesse unità furono poste sul groppone del
contribuente, lavoratore o detentore di capitali; nella migliore continuità
dell’Iri di Prodiana memoria, con prepensionamenti e incentivi. Si doveva
invece licenziare e dare un reddito minimo di sussistenza, come normalmente
assicurano molti Stati nostri competitori, europei o extra-europei e taluni
anche senza corrispondere alcunché.
Invece, fino ad oggi, questo governo ha assunto circa 119.000 unità
d’impiegati statali (non so se lavoratori). L’industria privata non assistita,
che compete nel mercato mondiale, sarebbe fuori mercato qualora applicasse la
ricetta statale.
Ripeto: chiunque sia al governo dovrà tagliare le spese improduttive per
liberare risorse finanziarie, indispensabili per l’innovazione dei nuovi
processi produttivi e la ricerca, i soli che possano permettere la competizione
nel mercato internazionale e che potranno coadiuvare politiche di riduzione
della pressione fiscale. Invece si continua nel vecchio malvezzo
dell’assistenzialismo ad attività fuori mercato, con costi grandemente maggiori
delle politiche di sussistenza per chi sarà interessato dalla chiusura delle
stesse. E intanto il mercato del vero lavoro langue; quello assistito prospera,
compreso l’intra- e l’extra-comunitario.
Un appunto alle sofferenze industriali del nostro Friuli.
Le odierne vicende delle cartiera Burgo di Tolmezzo ed Ermolli di Moggio
Udinese, che operano fuori mercato. In Finlandia sono prodotte bobine di carta
con un fronte di 11,60 metri (hanno materia prima, acqua a volontà, centrali
nucleari). E giù a far finta di finanziare depuratori che poi non sono
realizzati; una maniera surrettizia di finanziare i livelli occupazionali.
Altro per l’ex-Manifattura di Gemona.
Ricordiamo ancora i nomi: Cumini? Comello? Patriarca? Dilapidarono miliardi di
Lire d’intervento pubblico, per poi chiudere. E poi ci vengono a dire che serve
importare manodopera! Facendo mente alla Zona Industriale di Osoppo, dicono
niente le esperienze industriali dei gruppi Pittini e Fantoni? Nel "Gruppo
Pittini" nell’ anno 1973 si producevano circa 180.000 tonnellate di vergella;
nell’anno 1979 circa 360.000 tonnellate, con circa 1500 unità lavorative;
nell’anno 1989 circa 700.000 tonnellate con circa 1100 unità lavorative; oggi
anno 2004 circa 1.000.000 tonnellate con circa 700 addetti. Per non dire di
tutte le piccole aziende che operano senza particolari aiuti.
Nell’apparato statale invece, nonostante "pensionati baby", scivolamenti, svii
e deragliamenti, procedure informatizzate ed altre diavolerie moderne,
prosperano i "lavori socialmente in-utili". Sempre per la nota teoria: e poi
chi vota chi?
Renzo Riva
Buia
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Venerdì 21.04.2006
Sezione lettere de "Il Gazzettino" del Fiuli, pagina XVI
Manifatturiero
e consumi
energetici
I costì impropri (oggigiorno denominati dalla sinistra “cuneo fiscale”) dell’
inefficienza statale che si riversano sul sistema delle imprese private hanno
ormai raggiunto un livello insostenibile e non più compensabile da alcun
sistema, bastone e carota, di finanziamenti ad hoc, in ogni caso riservato solo
ad un ramo della platea dell’industria, quella assistita.
Per la restante platea solo tasse, costi impropri e balzelli di vario genere
uniti a procedure burocratiche defatiganti. Per quanto riguarda l’Alto Friuli,
Pittini e Fantoni stanno subendo contraccolpi a causa, oltre che dei costi
impropri, dei costi italiani dell’energia.
Se il costo dell’energia fosse stato pari a quello francese (59 reattori
nucleari) la Manifattura di Gemona, ora chiusa, pur con difficoltà poteva
ancora operare e mantenere in attività le sue maestranze. In Italia assisteremo
ad una moria del manifatturiero, direttamente proporzionale ai consumi
energetici richiesti per le varie produzioni; unico settore che può mantenere
ed eventualmente dare occupazione aggiuntiva, nonché offrire sul mercato
internazionale prodotti, perché siamo e restiamo comunque un Paese
trasformatore di materie prime, per la maggior parte di provenienza estera.
Da tutto questo discende che la priorità odierna per l’industria
manifatturiera italiana è, in assoluto, il costo dell’energia per le sue varie
fonti: nucleare, petrolio, gas, ecc. Ma a monte di tutto sta la questione dei
costi della macchina statale che “rebus sic stantibus” (stando così le cose),
qualora non fosse profondamente riformata vanificherebbe anche il ricorso alla
fonte nucleare che sarebbe gravato da accise e tasse, al pari del petrolio.
L’ultimo responso elettorale ha delineato due Italie, quella del Nord di
centro-destra locomotiva dell’economia e di produzione della maggior parte,
80%, del PIL (Prodotto Interno Lordo) e quella del Centro e Meridione
dissipatrice dello stesso.
Si tratta di capire se i capitani d’industria friulana vogliono mantenere le
prerogative loro proprie imprenditoriali oppure trasformarsi in esecutori di
piani poliennali calati dal centro.
Craxi stava per compiere le riforme liberalsocialiste di cui il Paese aveva ed
ha tuttora necessità, fu bloccato ed annichilito da un gruppo di interessi
finanziari e politici che perseguivano l’oligarchia di gruppi dominanti, quali
Mediobanca e ex-PCI.
A Berlusconi va dato il merito d’essersi opposto a questo disegno, nonostante
tutte le mancanze che possono essergli attribuite.
A noi di Socialisti 2005 la consapevolezza di aver contribuito all’
affermazione di Forza Italia attraverso la candidatura del nostro Segretario
Regionale Lauretta Iuretig che, sotto il suo simbolo, ha corso alle provinciali
nel collegio di Reana del Rojale ed alle comunali di Latisana con Micaela
Sette, ottenedo un buon risultato personale in entrambe le consultazioni.
Renzo Riva
Buja (Ud)
Referente
per l’Alt(r)o Friùli
Socialisti 2005