mercoledì 15 settembre 2010 - fulvio lo cicero

Bastona gli insegnanti italiani, tanto non reagiscono

L’anno scolastico sta iniziando più o meno normalmente. I docenti hanno ricominciato con i registri, le spiegazioni, i test di ingresso, presentano le loro scuole ai nuovi allievi, mettono a punto i laboratori, preparano le lezioni come se niente fosse successo. Sì, certo quattromila precari bloccano per un’ora lo stretto di Messina, alcuni praticano lo sciopero della fame. Ma il 99% della categoria è totalmente inerte di fronte all’opera più grandiosa di manomissione dei loro stipendi e del loro futuro pensionistico.

Forse non si sono accorti che il “combinato disposto” del blocco degli automatismi stipendiali e della contrattazione li renderà sempre più poveri, il loro salario – già il più basso fra tutti i Paesi dell’Ocse – perderà buona parte del potere di acquisto, destinando una intera categoria di laureati all’emarginazione sociale, al degrado, al ristagno economico. Forse non sanno che gli avanzamenti di stipendio, che avvenivano regolarmente ogni determinato “scaglione” di anzianità e andavano a coprire, anche se soltanto in parte, esperienza, aggiornamenti, studi, ricerche, quindi investimenti personali, erano l’unico strumento posseduto per rendere appena dignitosa una professione che dovrebbe essere al top degli impieghi nella scala della considerazione sociale. Forse non hanno compreso che, abolendo questi ultimi e bloccando perfino la contrattazione, le loro pensioni (già bassissime) non gli consentiranno di poter vivere una vecchiaia tranquilla, molti di loro non potranno pagare una badante e cure mediche specialistiche. Insomma, l’attuale Governo ha preparato per loro un futuro di stenti e di usura fisica che rasenta il genocidio.

Qualsiasi categoria di lavoratori, costretta a subire un simile trattamento e il licenziamento di massa più eclatante della storia italiana (140 mila dipendenti fra docenti e altro personale entro il 2013), avrebbe organizzato forme di opposizione radicale, il blocco dell’anno scolastico ad oltranza, scioperi a raffica o a scacchiera (alternando i lavoratori in sciopero per non subire onerosi danni economici), manifestazioni di piazza, cortei ed invece assistiamo ad un assopimento prossimo al decesso definitivo di un’intera categoria sociale, un silenzio assordante, che non trova alcuna spiegazione logica. Una categoria che riesce a sopportare i sorrisi della ministra Gelmini e gli insulsi sermoni di Tremonti, senza manifestare un tratto di orgoglio, una spinta alla rivolta, fosse anche soltanto interiore.

Una categoria di lavoratori scelta con cura dai macellai sociali di questo governo, ben consapevoli di poterli sacrificare senza il fastidio di un solo grido.



4 réactions


  • Renzo Riva Renzo Riva (---.---.---.95) 18 settembre 2010 15:11

    Fintanto che uno/a trova che il gioco vale la candela gioca.
    Il che mi fa supporre che i precari hanno ancora tante candele e considerato che vogliono ancora, ed ogni anno, rigiocare la stessa partita, anche se con un mazzo di carte diverso, significa...

    Renzo Riva
    P.L.I. F-VG
    Energia e Ambiente
    e
    C.I.R.N. F-VG
    (Comitato Italiano Rilancio Nucleare)

    Via Avilla, 12/1
    33030 Buja - UD
    [email protected]
    +39.349.3464656

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    Sabato 11.12.2004
    Sezione lettere de "Il Gazzettino" del Fiuli, pagina XVI

    UDINE
    Troppa gente
    alle dipendenze
    dello Stato

    Bisogna ridurre il personale in esubero nell’amministrazione pubblica, per 
    liberare le risorse necessarie al finanziamento delle politiche per la 
    riduzione dell’insostenibile pressione fiscale, per la ricerca e lo sviluppo. 
    Bloccare il turnover quale toccasana per conseguire i risultati sopraddetti è 
    velleitario e propagandistico. Il fattore "tempo" è sfavorevole, perché la 
    dinamica del turnover è troppo lenta nel produrre i benefici ricercati, poiché 
    i risultati si conseguiranno solo nel lungo termine. Inoltre le necessità di 
    reperire le nuove professionalità sconsiglia quella che potrebbe configurarsi 
    come una nuova rigidità nel mercato del lavoro.
    Ricordo che durante il governo dei sinistri "Prodi-D’Alema-Amato", l’apparato 
    alle dipendenze statali fu sfoltito di 290.000 unità, alla chetichella, senza 
    contrasti sindacali, perché le stesse unità furono poste sul groppone del 
    contribuente, lavoratore o detentore di capitali; nella migliore continuità 
    dell’Iri di Prodiana memoria, con prepensionamenti e incentivi. Si doveva 
    invece licenziare e dare un reddito minimo di sussistenza, come normalmente 
    assicurano molti Stati nostri competitori, europei o extra-europei e taluni 
    anche senza corrispondere alcunché.
    Invece, fino ad oggi, questo governo ha assunto circa 119.000 unità 
    d’impiegati statali (non so se lavoratori). L’industria privata non assistita, 
    che compete nel mercato mondiale, sarebbe fuori mercato qualora applicasse la 
    ricetta statale.
    Ripeto: chiunque sia al governo dovrà tagliare le spese improduttive per 
    liberare risorse finanziarie, indispensabili per l’innovazione dei nuovi 
    processi produttivi e la ricerca, i soli che possano permettere la competizione 
    nel mercato internazionale e che potranno coadiuvare politiche di riduzione 
    della pressione fiscale. Invece si continua nel vecchio malvezzo 
    dell’assistenzialismo ad attività fuori mercato, con costi grandemente maggiori 
    delle politiche di sussistenza per chi sarà interessato dalla chiusura delle 
    stesse. E intanto il mercato del vero lavoro langue; quello assistito prospera, 
    compreso l’intra- e l’extra-comunitario.
    Un appunto alle sofferenze industriali del nostro Friuli.
    Le odierne vicende delle cartiera Burgo di Tolmezzo ed Ermolli di Moggio 
    Udinese, che operano fuori mercato. In Finlandia sono prodotte bobine di carta 
    con un fronte di 11,60 metri (hanno materia prima, acqua a volontà, centrali 
    nucleari). E giù a far finta di finanziare depuratori che poi non sono 
    realizzati; una maniera surrettizia di finanziare i livelli occupazionali. 
    Altro per l’ex-Manifattura di Gemona.
    Ricordiamo ancora i nomi: Cumini? Comello? Patriarca? Dilapidarono miliardi di 
    Lire d’intervento pubblico, per poi chiudere. E poi ci vengono a dire che serve 
    importare manodopera! Facendo mente alla Zona Industriale di Osoppo, dicono 
    niente le esperienze industriali dei gruppi Pittini e Fantoni? Nel "Gruppo 
    Pittini" nell’ anno 1973 si producevano circa 180.000 tonnellate di vergella; 
    nell’anno 1979 circa 360.000 tonnellate, con circa 1500 unità lavorative; 
    nell’anno 1989 circa 700.000 tonnellate con circa 1100 unità lavorative; oggi 
    anno 2004 circa 1.000.000 tonnellate con circa 700 addetti. Per non dire di 
    tutte le piccole aziende che operano senza particolari aiuti.
    Nell’apparato statale invece, nonostante "pensionati baby", scivolamenti, svii 
    e deragliamenti, procedure informatizzate ed altre diavolerie moderne, 
    prosperano i "lavori socialmente in-utili". Sempre per la nota teoria: e poi 
    chi vota chi?
    Renzo Riva
    Buia

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    Venerdì 21.04.2006
    Sezione lettere de "Il Gazzettino" del Fiuli, pagina XVI

    Manifatturiero
    e consumi
    energetici

    I costì impropri (oggigiorno denominati dalla sinistra “cuneo fiscale”) dell’
    inefficienza statale che si riversano sul sistema delle imprese private hanno 
    ormai raggiunto un livello insostenibile e non più compensabile da alcun 
    sistema, bastone e carota, di finanziamenti ad hoc, in ogni caso riservato solo 
    ad un ramo della platea dell’industria, quella assistita. 
    Per la restante platea solo tasse, costi impropri e balzelli di vario genere 
    uniti a procedure burocratiche defatiganti. Per quanto riguarda l’Alto Friuli, 
    Pittini e Fantoni stanno subendo contraccolpi a causa, oltre che dei costi 
    impropri, dei costi italiani dell’energia.
    Se il costo dell’energia fosse stato pari a quello francese (59 reattori 
    nucleari) la Manifattura di Gemona, ora chiusa, pur con difficoltà poteva 
    ancora operare e mantenere in attività le sue maestranze. In Italia assisteremo 
    ad una moria del manifatturiero, direttamente proporzionale ai consumi 
    energetici richiesti per le varie produzioni; unico settore che può mantenere 
    ed eventualmente dare occupazione aggiuntiva, nonché offrire sul mercato 
    internazionale prodotti, perché siamo e restiamo comunque un Paese 
    trasformatore di materie prime, per la maggior parte di provenienza estera.
    Da tutto questo discende che la priorità odierna per l’industria 
    manifatturiera italiana è, in assoluto, il costo dell’energia per le sue varie 
    fonti: nucleare, petrolio, gas, ecc. Ma a monte di tutto sta la questione dei 
    costi della macchina statale che “rebus sic stantibus” (stando così le cose), 
    qualora non fosse profondamente riformata vanificherebbe anche il ricorso alla 
    fonte nucleare che sarebbe gravato da accise e tasse, al pari del petrolio.
    L’ultimo responso elettorale ha delineato due Italie, quella del Nord di 
    centro-destra locomotiva dell’economia e di produzione della maggior parte, 
    80%, del PIL (Prodotto Interno Lordo) e quella del Centro e Meridione 
    dissipatrice dello stesso.
    Si tratta di capire se i capitani d’industria friulana vogliono mantenere le 
    prerogative loro proprie imprenditoriali oppure trasformarsi in esecutori di 
    piani poliennali calati dal centro.
    Craxi stava per compiere le riforme liberalsocialiste di cui il Paese aveva ed 
    ha tuttora necessità, fu bloccato ed annichilito da un gruppo di interessi 
    finanziari e politici che perseguivano l’oligarchia di gruppi dominanti, quali 
    Mediobanca e ex-PCI.
    A Berlusconi va dato il merito d’essersi opposto a questo disegno, nonostante 
    tutte le mancanze che possono essergli attribuite.
    A noi di Socialisti 2005 la consapevolezza di aver contribuito all’
    affermazione di Forza Italia attraverso la candidatura del nostro Segretario 
    Regionale Lauretta Iuretig che, sotto il suo simbolo, ha corso alle provinciali 
    nel collegio di Reana del Rojale ed alle comunali di Latisana con Micaela 
    Sette, ottenedo un buon risultato personale in entrambe le consultazioni.
    Renzo Riva
    Buja (Ud)
    Referente
    per l’Alt(r)o Friùli
    Socialisti 2005


  • fulvio lo cicero (---.---.---.211) 18 settembre 2010 15:26

    Io mi chiedo soltanto: ma che c’entrano questi commenti con quello che si dice nell’articolo? Tagliare i posti statali per finanziare la ricerca e lo sviluppo? Ma si parla di scuola, di apprendimento! Non vedo chi possa mai fare ricerca e sviluppo con una scuola disastrata! Ma il dovizioso commentatore ha letto l’articolo o si limita a inviare i suoi ponderosi commenti a destra e a manca, a Roma si dice, dove cojo cojo?


  • Renzo Riva Renzo Riva (---.---.---.31) 19 settembre 2010 14:40
    Ccà nisciuno è fesso
    200’000 nella scuola sono inutili a suo tempo assunti dallo stipendificio del ministero della distruzione.
    1’000’000 di dipendenti statali non servono e sono da mandare a cercarsi lavoro con assicurato solo, ma sufficiente, assegno di sussistenza per assicurare loro la vivenza.
    Per le altre loro esigenze vadano a cercarsi lavoro oppure partita iva e se lo creino.


    Invece, fino ad oggi, questo governo ha assunto circa 119.000 unità 
    d’impiegati statali (non so se lavoratori). L’industria privata non assistita, 
    che compete nel mercato mondiale, sarebbe fuori mercato qualora applicasse la 
    ricetta statale.
    Ripeto: chiunque sia al governo dovrà tagliare le spese improduttive per 
    liberare risorse finanziarie, indispensabili per l’innovazione dei nuovi 
    processi produttivi e la ricerca
    , i soli che possano permettere la competizione 
    nel mercato internazionale e che potranno coadiuvare politiche di riduzione 
    della pressione fiscale. Invece si continua nel vecchio malvezzo 
    dell’assistenzialismo ad attività fuori mercato, con costi grandemente maggiori 
    delle politiche di sussistenza per chi sarà interessato dalla chiusura delle 
    stesse. E intanto il mercato del vero lavoro langue; quello assistito prospera, 
    compreso l’intra- e l’extra-comunitario.

    Nell’apparato statale invece, nonostante "pensionati baby", scivolamenti, svii 
    e deragliamenti, procedure informatizzate ed altre diavolerie moderne, 
    prosperano i "lavori socialmente in-utili". Sempre per la nota teoria: e poi 
    chi vota chi?



    • (---.---.---.204) 27 settembre 2010 09:02

      Risulta evidente che tu nella scuola non ci lavori, altrimenti capiresti cosa sta succedendo. L’unica macchina statale che non solo deve stare in piedi, ma che deve essere rifinanziata è la scuola.

      Caro imprenditore depresso dall’insuccesso, vai a vedere come stanno economicamente i paesi con scuole scarsamente finanziate e fai una classifica e un pò di statistica.

      Le "pensioni baby" dovrebbero toglierle a quelli che che la percepiscono e non togliere i soldi a quelli che non la percepiscono.

      10 anni fa, ho installato un impianto di rete in un palazzo della regione dove c’erano 1000 (mille) uffici, tutti dotati di targhetta con nome e cognome: erano tutti vuoti, ad ogni piano c’erano 50 uffici, uno o due con l’impiegato che faceva una partita a scacchi con il collega e il resto degli uffici tutti VUOTI.

      Lì dentro ci sono tutti i parenti e tutti gli amici dei politici in carica, e tutti i parenti e gli amici dei politici trombati, nella storia della storia d’Italia.

      Scrivi i tuoi articoli per quelli e non generalizzare, e.. mi raccomando studia sempre prima di fare il tuo spam, ingenuo.


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