mercoledì 20 marzo 2019 - Phastidio

Bail-in: la storia riscritta e la non soluzione di sistema

Ieri è stata giornata trionfale, per i difensori della via italiana all’aggiramento delle norme sul bail-in e della diffusione del contagio.

 Infatti, il tribunale Ue ha sentenziato, in accoglimento del ricorso dell’Italia e della Banca Popolare di Bari (sostenuta da Bankitalia), che nel 2014 l’intervento del Fondo interbancario di tutela dei depositi per salvare la Cassa di Risparmio di Teramo (Tercas) non fu aiuto di stato e pertanto sarebbe stato legittimo. E quindi? Quindi nulla cambia, sul piano dei vincoli di realtà.

Il fatto: Tercas, in amministrazione straordinaria del 2012 a seguito di irregolarità contestate da Bankitalia, fu salvata dalla Popolare di Bari, che si disse disposta a rilevare l’istituto teramano ma solo dopo che “altri” ne avessero colmato il buco patrimoniale preesistente. Quel compito fu assunto dal Fondo interbancario di tutela dei depositi ma la Commissione Ue, il 23 dicembre 2015, disse di no perché il fondo ha natura pubblica, e si sarebbe quindi configurato l’illegittimo aiuto di stato.

A tamburo battente, la comunità delle banche italiane creò uno “schema volontario”, che subentrò al suo alter ego pubblico e usò quei fondi per il ripianamento delle perdite pregresse di Tercas, i cui azionisti vennero -ovviamente– azzerati. Dopo di che, Bari prese il controllo di Tercas e mal gliene incolse, visto quello che trovarono nel portafoglio crediti. Ma questa è altra storia ma anche no, come vedremo tra poco.

Perché parliamo del caso Tercas? Perché, secondo la vulgata tricolore del vittimistico senno di poi, la via del braccio volontario poteva rappresentare il modello del salvataggio delle quattro banche risolte a novembre 2015, la cui vicenda ancora oggi avvelena il clima politico del paese.

A dirla tutta, gli italiani tentarono fino all’ultimo di convincere la Commissaria alla competizione, Margrethe Vestager, ad accettare sulle quattro banche poi risolte l’intervento del Fitd. Se siete stati attenti alle date, l’intervento della Commissione è del 23 dicembre 2015 mentre le banche furono risolte il 22 novembre, un mese prima. Ma da molti mesi la Commissione segnalava agli italiani che l’orientamento era quello di bocciare l’intervento del Fitd.

Seguì quindi la risoluzione delle quattro banche, l’azzeramento di azionisti (e ci mancherebbe) ma anche di obbligazionisti subordinati che secondo la leggenda furono tutti turlupinati da spietati truffatori che li riempirono di quei bond. Il resto, più che storia, è cronaca.

Oggi, quindi, il Tribunale Ue ha sentenziato che l’intervento del Fitd era in realtà legittimo perché avrebbe agito fuori dal suo ruolo pubblico di garante dei depositi sino a 100 mila euro in caso di liquidazione coatta amministrativa delle banche.

Mentre attendiamo che gli italiani diano il via alla abituale sarabanda vittimistica anti-Ue su “ciò che poteva essere e non è stato, vergogna!”, e mentre attendiamo anche che i vertici dell’Abi e Bankitalia ci dicano che la via maestra per “superare il bail-in” è proprio quella dello schema volontario tra banche che “fanno sistema”, poniamoci una semplice domanda.

La domanda è: ma davvero pensiamo di creare ogni volta una cordata di sistema per salvare tutte le banche in dissesto e pre-dissesto? Quanti soldi servirebbero? Che ricadute ci sarebbero a livello di sistema? Presto detto: potenzialmente un pacco di soldi e un bel contagio alle banche sane, oltre ad “oneri di sistema” che andrebbero a riverberarsi sul costo dei servizi bancari, incluso quello del credito, creando uno spread nuovo di zecca.

Quindi, possiamo anche recriminare sul passato e rallegrarci credendo di aver trovato la pietra filosofale che annulla il bail-in, ma le cose non stanno in questi termini. Questa è solo l’illusione dell’ennesimo proiettile d’argento Made in Italy, che si rivela in realtà l’ennesimo chiodo arrugginito nella bara del paese.

Ed ora, fiato alle trombe degli editorialisti di sistema, che hanno già iniziato il loro un po’ buffo fuoco di sbarramento contro la difficilissima fusione tra Deutsche Bank e Commerzbank, parlando di “sussidio pubblico implicito”, stante il 15% che il governo federale detiene in Commerz, ed altre amenità del genere. Ma costoro riusciranno mai a realizzare che, in un sistema come quello tedesco, i contribuenti sono sulla linea del fuoco? Davvero avete questa malsana invidia di questa caratteristica strutturale del credito tedesco?

Ci sono in effetti differenti modi di “fare sistema”. Gli italiani hanno un talento naturale per farlo distruggendocome insegna il caso Alitalia ma anche questa improbabile teorizzazione di cordate bancarie veicolo di contagio.


Aggiornamento – QED. E comunque no, quelle banche non sono state fatte fallire dall’”errore della Ue”. Perché, semplicemente, erano già fallite ben prima della risoluzione.



1 réactions


  • vittorio (---.---.---.64) 21 marzo 2019 14:54

    COMPLIMENTI SINCERI E VIVISSIMI ..... ANCHE PERCHE’ HA IL CORAGGIO DI DIRE COSE VERE E PERTANTO INVISE A GIORNALAI E POPULISTI.

    PURTROPPO PERO’ ORMAI IL 90% DELLE PERSONE NON LEGGE ARTICOLI DI APPROFONDIMENTO ..... MA SCORRE FRENETICAMENTE BATTUTE E SLOGAN FULMINANTI SU BLOGS E FACEBOOCK.

    PER QUANTO RIGUARDA LE DUE BANCHE TEDESCHE IL DISCORSO E’ PIU LUNGO E SIA GOVERNO FEDERALE CHE LANDER NON HANNO LA COSCIENZA PULITA !


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