lunedì 3 dicembre 2012 - Riccardo Noury - Amnesty International

Bahrein, oggi in Cassazione 13 prigionieri di coscienza

Oggi, lunedì 3 dicembre, la Corte di cassazione del Bahrein inizierà l’udienza riguardante 13 prigionieri di coscienza, tra cui Ebrahim Sharif e Abdulhadi Al-Khawaja, la cui storia è nota a chi segue il nostro blog.

Nel giugno 2011, una corte marziale li aveva condannati a pene durissime, da un minimo di cinque anni all’ergastolo, per una serie di reati tra cui la “costituzione di gruppi dediti al terrore con l’obiettivo di rovesciare il regime e cambiare la costituzione”. Le condanne sono state confermate in appello meno di tre mesi fa.

Nessuno di loro avrebbe dovuto trascorrere un solo minuto in carcere. Si tratta di attivisti dell’opposizione e difensori dei diritti umani che non hanno mai usato né invocato violenza, “colpevoli” unicamente di aver esercitato pacificamente il loro diritto alla libertà di espressione, manifestazione e assemblea.

Oggi la Corte dovrebbe pronunciarsi preliminarmente sulla richiesta di libertà su cauzione per poi decidere, ma è difficile che lo faccia in giornata, se confermare o annullare le condanne.

Insieme a quelle di un gruppo di insegnanti e di operatori sanitari, le vicende giudiziarie dei 13 attivisti sono la cartina di tornasole che deve chiarire se il proclamato impegno delle autorità del Bahrein nella direzione delle riforme è sincero o non sia, piuttosto, un mero esercizio di pubbliche relazioni e un comodo alibi per il silenzio degli stati alleati, Usa e Regno Unito.

Il mese scorso, in concomitanza col primo anniversario del rapporto dellaCommissione indipendente d’inchiesta del Bahrein, Amnesty International ha pubblicato un documento che denuncia l’inadeguata attuazione delle raccomandazioni della Commissione.

Invece di fare le riforme, annullare le condanne e rilasciare i prigionieri di coscienza – tra i quali figura ancora Nabeel Rajab, presidente del Centro per i diritti umani del Bahrein – le autorità del regno hanno introdotto, a ottobre, il divieto di ogni genere di manifestazione e, a novembre, hanno privato della cittadinanza 31 esponenti di primo piano dell’opposizione.




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