mercoledì 17 aprile 2013 - Riccardo Noury - Amnesty International

Bahrein, arriva la Formula 1: dissenso vietato

 

Come sanno le nostre lettrici e i nostri lettori, dall’inizio della rivolta del febbraio 2011 la situazione dei diritti umani in Bahrein è fortemente negativa.

In vista del Gran premio di Formula 1 di domenica prossima, il governo del piccolo regno del Golfo persico ha pensato di sottoporre all’Assemblea nazionale un emendamento all’articolo 214 del codice penale. Il nuovo testo inasprisce le pene per chi offende il re Hamad bin Isa Al-Khalifah, la bandiera o altri simboli nazionali.

Non vi è dubbio che il docile parlamento bahreinita approverà con sollecitudine la proposta del governo. Così, basterà un tweet per correre il rischio di essere condannati a cinque anni di carcere.

Sarebbe una novità, grave, l’entità della pena. Non lo sarebbe, invece, la circostanza di finire in carcere per aver espresso sui social media le proprie opinioni.

Tra il 5 e il 12 novembre dello scorso anno, ‘Abdullah ‘Alwi al-Hashemi, ‘Ali Mohammad ‘Ali e ‘Ali Abdul Nabi al-Hayeki sono stati condannati a pene dai quattro ai sei mesi di carcere per aver offeso il re via Twitter.

Il 12 marzo di quest’anno sono stati arrestati altri sei utenti di Twitter, tra cui il diciassettenne Ali Faisal al-Shufa.

Le autorità del Bahrein continuano a portare avanti una politica di pubbliche relazioni – facilitata dalla protezione politica di Gran Bretagna e Usa – secondo la quale nelle carceri del paese non vi sono persone condannate per aver esercitato in modo pacifico la loro libertà d’espressione.

L’elenco, purtroppo, è invece molto lungo, a iniziare da Abdulhadi al-Khawaja, che sta scontando un ergastolo, da sua figlia  Zainab che entra ed esce dalle prigioni del paese, e da Nabeel Rajab, presidente del Centro per i diritti umani del Bahrein.

Chissà se, tra un pit-stop e l’altro, il Gran premio di Formula 1 dedicherà qualche secondo di attenzione alla situazione dei diritti umani in Bahrein.




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