venerdì 23 novembre 2018 - Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica

BDSM on line: quando dominazione e sottomissione sono virtuali

Sin da quando ha cominciato a diffondersi internet sono esistite chat erotiche e quindi anche canali di discussione dedicati al mondo BDSM. Nella maggioranza dei casi si è sempre trattato di mezzi per facilitare la comunicazione tra persone con gli stessi interessi: lo scopo era di allargare la cerchia delle proprie conoscenze al fine di incontrare nuovi potenziali partner per realizzare le proprie fantasie sessuali. 

Negli ultimi anni sta invece emergendo un fenomeno che sembra essere cresciuto numericamente: sempre più persone attratte dal BDSM infatti si incontrano esclusivamente in chat, ed il loro scopo dichiarato è di effettuare solo sessioni online, escludendo a priori ogni possibile incontro reale.

Le analisi di questo fenomeno sono ancora relativamente scarse, molto recenti e non conclusive, tuttavia suggeriscono interessanti spunti per spiegare non solo questa nuova tendenza ma anche l’aspetto psicologico del BDSM in generale, e le teorie correlate. Uno studio di Palandri e Green (2000) metteva in evidenza che chi faceva uso esclusivo di chat per appassionati di sadomaso fossero quasi sempre persone che non avevano mai frequentato quell’ambiente nella vita reale, e che molto probabilmente non lo avrebbero mai fatto: professionisti e manager estremamente impegnati e con pochissimo tempo libero, madri single altrettanto impegnate con figli e parenti da accudire, uomini e donne sposati, persone religiose che vivono in piccole comunità, tutti comunque aventi un’immagine pubblica irreprensibile. Nello studio emerse che alcuni usavano la chat solo come sfogo, per vivere fantasie proibite che non potevano o non si sentivano di vivere assieme al partner, altri invece anche come preliminare eccitante, per poi passare ad un rapporto sessuale ‘normale’ sempre con il partner abituale.

In pratica, il rapporto online è spesso basato su un’identità virtuale in cui si interpreta il ruolo corrispondente con le proprie fantasie, ed in cui l’unico mezzo di interazione è il linguaggio (tranne ovviamente nelle sempre più diffuse videochat, dove comunque spesso si indossano maschere per proteggere l’identità). Il dialogo può essere relativo a pratiche sessuali immaginate, o anche a compiti da eseguire, o punizioni che il/la dominante impartisce al/la sub, che le mette in atto. L’eccitazione e l’eventuale dolore quindi è totalmente cerebrale, oppure autoinflitto.

Altri studi, non specificamente focalizzati su questo aspetto, mettono in evidenza che in molti di coloro che sono attratti dal BDSM sono presenti tendenze – perlopiù non patologiche – di tipo narcisistico e dissociativo (Connolly, 2006). In merito sono state formulate ipotesi sin dagli albori della psicoanalisi, sino ad arrivare alle ultime teorie neuropsicologiche. Freud proponeva una spiegazione storica, filosofica e neurologica dell’associazione piacere-dolore (Freud, 1905, 1915, 1924). Il concetto di ‘oggetto di transizione’ di Winnicott (1952) è stato utilizzato anche per spiegare il sadomasochismo come fenomeno transizionale, una pratica difensiva per negare la differenziazione tra realtà interna e mondo esterno. Novick & Novick’s (1996) suggeriscono poi come ci possa essere un bisogno inconscio di provare o far provare dolore sulla scia di esperienze nella primissima infanzia vissuti con i caregiver. Infine, vi sono ipotesi che vedono queste pratiche come un mezzo per contenere o elaborare gli effetti conseguenti a traumi subìti, ipotesi basate sulla teoria dell’immobilità tonica di Levine (2010).

Riguardo al fenomeno del BDSM online, tutte queste teorie possono solo in parte essere utili a comprendere il fenomeno, che, è opportuno ribadire, non va di per sé considerato in senso patologico. Sia che si tratti di vivere fantasie che non si sente di concretizzare in altro modo, sia che si usi come preliminare eccitante nel rapporto con il proprio partner nella vita reale, non vi sono motivi per ritenere pericolose o dannose queste pratiche se servono ad arricchire la propria vita relazionale e sessuale. Il pericolo di dipendenza riguarda piuttosto l’uso esclusivo di questo mezzo per poter raggiungere l’eccitazione, tendenza patologica che può manifestarsi rispetto a qualsiasi pratica sessuale, nonché all’uso scorretto ed eccessivo di internet, che può portare al disturbo noto come IAD (Internet Addiction Disorder). Riguardo il rischio dissociativo è bene ricordare in primo luogo che tutte le teorie concordano nel ritenere la normale capacità della mente di dissociarsi una caratteristica sana, adattiva e necessaria, finchè è ben regolata ed integrata nel contesto di vita della persona. La tendenza a dissociarsi in modo patologico sembrerebbe riguardare soprattutto chi ha subìto gravi traumi, ed a questo eventualmente si riferiscono le teorie neuropsicologiche che tentano di spiegarla, come quella già citata di Levine. Non si può escludere che una presumibilmente minima parte di chi pratica BDSM online possa rientrare in questa categoria e che quindi possa sviluppare dei sintomi dissociativi importanti. In merito va comunque chiaramente distinta la causa dall’effetto: è sempre un trauma pregresso – quasi sempre una serie ripetuta di traumi, in realtà, spesso in età evolutiva – che crea la successiva tendenza a dissociarsi in modo grave, e nessuna pratica online può di per sé considerarsi fonte di traumi. Del resto, neppure la pratica del BDSM nella vita reale può considerarsi tale se effettuata secondo le linee guida SSC (Sano, Sicuro, Consensuale), protocollo da tempo universalmente diffuso tra le comunità che lo praticano, e che fortunatamente è adottato dalla netta maggioranza degli amanti del genere.

Lo sviluppo della realtà virtuale, unitamente a quello di nuovi strumenti ad essa dedicati tra cui diversi sex toys, può probabilmente estendere le possibilità di gioco e di incontro online, portandoli ad un livello di coinvolgimento maggiore. Se non sono presenti le suddette controindicazioni non vi è motivo di limitarsi nell’esplorazione, quando desiderata, sempre in un’ottica ludica ed integrata con il proprio vivere quotidiano.

 

Tirocinante: Luciano Meoni

Tutor: Fabiana Salucci

 

Bibliografia:

  • Agree, L.: The Experience of Being in a Long Term, Monogamous, Heterosexual Relationship That Regularly Incorporates BDSM, ProQuest LLC, 2014.
  • Connolly, Pamela H.: Psychological Functioning of Bondage/Domination/Sado-Masochism (BDSM) Practitioners, Journal of Psychology & Human Sexuality, Vol. 18(1), 2006, pp.79-120.
  • Freud, S. (1905). Tre saggi sulla sessualità, in Opere Complete. Torino: Bollati Boringhieri (1977).
  • Freud, S. (1915). Delle pulsioni e loro vicissitudini, in Opere Complete. Torino: Bollati Boringhieri (1977).
  • Freud, S. (1924). Il problema economico del masochismo, in Opere Complete. Torino: Bollati Boringhieri (1977).
  • Levine, P. A. (2010). In an unspoken voice. Berkley, CA: North Atlantic.
  • Novick, J. & Novick, K. K. (1996). Fearful symmetry. The development and treatment of sadomasochism. Northvale, NJ: Jason Aronson.
  • Palandri M., Green L., Image Management in a Bondage, Discipline, Sadomasochist Subculture: A Cyber-Ethnographic Study, pp. 631-41, Cyberpsychology & Behavior Volume 3, Number 4, 2000, Mary Ann Liebert, Inc.

 

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