venerdì 13 aprile 2018 - Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica

Attraverso i generi. La transizione famigliare nella disforia di genere

Alla base dell’identità sessuale vi sono tre elementi fondamentali quali l’identità di genere che indica il genere in cui una persona si identifica, ovvero la consapevolezza di appartenere ad un determinato sesso; l’espressione di genere, considerata l’evoluzione del concetto di ruolo di genere, il National Center for Transgender Equality, la considera come la modalità che le persone adottano per rappresentare o esprimere la propria identità di genere agli altri, attraverso il modo di porsi, la gestualità, l’abbigliamento, l’aspetto esteriore, il comportamento, ecc.; l’orientamento sessuale, ovvero la naturale espressione dell’attrazione erotico-sessuale che si prova nei confronti di un’altra persona ed è associato quindi all’eccitazione. 

Può esprimersi in termini di omosessualità, quando si è attratti da persone dello stesso sesso; eterosessualità, attrazione per persone del sesso opposto; bisessualità, attrazione sia per persone del proprio sesso sia di quello opposto (Quattrini, 2015).

L’orientamento sessuale, come indicato da Kinsey nel 1948 (Kinsey et al., 1948), è considerato all’interno di un continuum che va dall’eterosessuale esclusivo all’omosessuale esclusivo, attraverso diversi stadi intermedi. La famosa scala Kinsey ha il merito di rappresentare storicamente il primo tentativo di opposizione alla polarizzazione eterosessuale-omosessuale. Le stesse identiche considerazioni possono farsi quando si parla di identità di genere; non sempre ruolo di genere, identità di genere e orientamento sessuale viaggiano sullo stesso binario, per questo motivo è possibile identificare molte variazioni che si muovono anch’esse su un continuum (Pasqualin, 2013).

Sin dalla fine degli anni ’60 gli studiosi (Benjamin 1966, Stoller 1968) hanno cercato di dare delle risposte in merito a quelle situazioni che vedevano individui che non “sentivano” di appartenere al proprio sesso biologico, che cercavano in tutti i modi di arrivare ad assumere le sembianze del sesso opposto. Quando si parla di disforia di genere, si assiste ad una chiara deviazione dal ruolo di genere e dell’identità di genere che non risultano essere conformi a quella biologica. Le persone con disforia di genere spesso hanno comportamenti di cross-dressing al fine di confermare la propria egosintonicità con l’identità di genere desiderata.

Il processo di trasformazione strettamente legato al cross-dressing, ha solitamente inizio nella fase definita “real life experience” (Quattrini, 2015). Succede, purtroppo ancora molto spesso, quando si parla di disforia di genere, di cadere nell’errore di accostare tale termine all’omosessualità; in realtà sia le persone MtoF (Male to Female, una persona biologicamente maschio che ha la percezione di sé come femmina) che quelle FtoM (Female to Male, una persona biologicamente femmina che si percepisce maschio) spesso, anche se non sempre, hanno un orientamento eterosessuale rispetto al genere desiderato (Quattrini, 2015). Sovente una persona con disforia di genere trova molti ostacoli da superare, oltre quelli legati al suo desiderio di raggiungere la propria dimensione fisica e psicologica, difficoltà a livello sociale, lavorativo nonchè familiare.

L’Osservatorio Nazionale Identità di Genere (ONIG), ha distinto due situazioni legate alla relazione della persona transgender con il/la proprio/a partner. La prima riguarda la famiglia costruita prima della transizione; la seconda, la famiglia costruita dopo la transizione. Nel primo caso si tratta di una situazione che si verifica sempre più raramente, ma succede ancora che la persona transgender si sposi e abbia figli prima di comprendere la propria situazione. Quando la persona fa coming-out sulla propria identità si generano conflitti e incomprensioni e un conseguente disagio che sfocia nella sofferenza di tutti i componenti della famiglia; è pur vero che chi rimane più colpito da questa situazione spesso sono i figli, che si trovano ad affrontare un cambiamento radicale di uno dei genitori.

La seconda situazione, quando la famiglia è costruita dopo la transizione, vede il concretizzarsi del desiderio della persona transgender di formare una famiglia con il/la proprio/a partner e avere finalmente una vita sentimentale corrispondente ai propri desideri. Una grande difficoltà in questo caso risiede proprio nell’incontrare un partner che consideri la persona per quello che è e per come si sente più a suo agio, non per quello che era prima dell’inizio della transizione. Può accadere infatti, ad esempio, che un uomo rifiuti una relazione con una persona MtoF perchè non la considera una vera donna; o al contrario può accadere che la relazione sia ricercata di proposito da qualcuno proprio perché il passato maschile della MtoF è considerato attraente.

Ancora, può succedere che relazioni che si avevano prima di sottoporsi all’intervento di riassegnazione chirurgica possano finire subito dopo l’operazione. In tutti questi casi comunque serve una forte solidità emotiva ed identitaria da parte del partner, sia per supportare la persona che si ha al fianco sia per sostenere i pregiudizi del mondo esterno, che sono ancora molti e lontani dall’essere superati. Purtroppo la letteratura in merito alle coppie e alle dinamiche familiari in situazioni di questo tipo è ancora molto scarsa. Spesso le coppie sposate che hanno al loro interno uno dei due partner transgender e che hanno il desiderio di portare avanti la loro relazione, hanno pochissime informazioni e altrettanto pochi modelli di riferimento che possano aiutarli a superare tutte le difficoltà.

Un passo importante e una conquista fondamentale è che oggi queste coppie hanno la possibilità, una volta ottenuto l’adeguamento anagrafico, di sposarsi e adottare dei figli, anche se purtroppo la pratica di adozione può venire respinta, in base alla presunta inadeguatezza alla genitorialità (Pasqualin, 2013).

A cura della tirocinante IISS: Emanuela D’Alessio

Tutor: Davide Silvestri

 

Riferimenti bibliografici

-Benjamin H. (1966). The transsexual phenomenon: A scientific report on transsexualism and sex conversion in the human male and female. New York: Julian, in Quattrini F. (2015). Parafilie e devianza. Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale atipico. Giunti Editore S.p.A. Firenze.

-Kinsey A. C., Pomeroy W. B., Martin C. E., & Sloan S. (1948). Sexual behavior in the human male (Vol. 1). Philadelphia: Saunders, in Dèttore D. (2005). “Disturbo dell’identità di genere. Diagnosi, eziologia e trattamento”. Mc Graw-Hill, Milano, in Pasqualin S., (2013) “Il transessualismo: valutazione comparativa dei parametri di adattamento e supporto sociale”. Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Psicologia dello Svilippo e della Socializzazione. Dipartimento di Psicologia Generale (Tesi di Laurea)

-Osservatorio Nazionale Identità di Genere – ONIG http://www.onig.it/drupal8/node/14

-Pasqualin S. (2013). “Il transessualismo: valutazione comparativa dei parametri di adattamento e supporto sociale”. Università degli Studi di Padova – Dipartimento di Psicologia dello Svilippo e della Socializzazione. Dipartimento di Psicologia Generale (Tesi di Laurea)

-Quattrini F. (2015). Parafilie e devianza. Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale atipico. Giunti Editore S.p.A. Firenze.

– Stoller R. J. (1968). Sex and Gender The development of masculinity and femininity (Vol. 1). Science House, New York, in Quattrini F. (2015). Parafilie e devianza. Psicologia e psicopatologia del comportamento sessuale atipico. Giunti Editore S.p.A. Firenze.




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