venerdì 23 luglio 2021 - Istituto Italiano di Sessuologia Scientifica

Atti osceni in luogo sorvegliato: l’utopia della sessualità nel contesto carcerario

Se trattare apertamente il tema della sessualità è ancora oggi di per sé un tabù, lo è ancora di più quando se ne parla in relazione a contesti carcerari. Nel provvedere a garantire ai detenuti beni di prima necessità come cibo, acqua e assistenza sanitaria, raramente viene incluso anche il bisogno sessuale di chi, per anni, viene allontanato dalla società, relegato a vivere esclusivamente in una realtà artificiale.

 

Rifacendoci sempre al principio rieducativo di cui dovrebbe fregiarsi l’istituzione carceraria, allo stato attuale, sono molti gli elementi che sviliscono il detenuto dal punto di vista umano: il sovraffollamento, l’assenza di igiene, la violenza, un’inefficiente assistenza sanitaria, ma soprattutto, la sessualità negata, uno degli elementi meno discussi seppur indispensabili nella vita di ogni essere umano. Poiché storicamente la gestione delle carceri fu prettamente appannaggio di istituzioni religiose, l’astinenza sessuale forzata e l’ambiente unisessuale persistono ancora oggi in quelle che vengono definite come “istituzioni carcerarie moderne”.

Ad esprimersi al riguardo, è stata anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), affermando che, così come la salute, anche la sessualità è un diritto innegabile. L’Art. 8 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo decreta il «Diritto di stabilire relazioni diverse con altre persone, comprese le relazioni sessuali. Il comportamento sessuale è considerato un aspetto intimo della vita privata». E ancora, secondo le leggi europee: «Occorre farsi carico di un nuovo modello trattamentale fondato sul mantenimento delle relazioni affettive, la cui mancata coltivazione rappresenta la principale causa del disagio individuale e un grave motivo di rischio suicidario. Bisogna fare perno sulla valorizzazione dei momenti di affettività per rafforzare i percorsi trattamentali». Alla luce di ciò si è osservato come il Consiglio dei ministri europei abbia permesso ai detenuti di incontrare il proprio partner senza sorveglianza visiva. Condizione ad oggi negata in Italia.

Lo scorso settembre alla Commissione Giustizia del Senato è stato assegnato un disegno di legge che introduce e regola le relazioni affettive e sessuali dentro gli istituti penitenziari: esso prevede il diritto ad una visita prolungata al mese, in unità abitative dedicate, senza controlli audio o video. Il diritto alla sessualità in carcere rappresenta, pertanto, una questione molto seria, di cui si discute ormai da molti anni nel nostro paese, e che rimanda a principi costituzionali sui quali ci sono pareri autorevoli sia a livello nazionale che europeo.

La legge numero 354 del 1975 sull’ordinamento penitenziario (riformata in alcuni passaggi nel 2018) afferma che il diritto delle persone detenute alla relazione affettiva viene esercitato tramite la corrispondenza epistolare, telefonate, la preferenza per la detenzione in un istituto di pena territorialmente vicino alla residenza, colloqui e permessi. Tutto ciò, almeno in linea teorica.
Lo strumento principale per coltivare i rapporti affettivi dal vivo è quello dei colloqui, i quali però, hanno un tempo ridotto (generalmente un’ora) e che spesso hanno luogo in sale affollate, senza un minimo di riservatezza e dove viene inibito qualsiasi accenno all’intimità. Con la riforma dell’ordinamento penitenziario del 2018 si è specificato che i locali destinati ai colloqui dovrebbero favorire, per quanto possibile, una dimensione riservata. Nella legge viene comunque mantenuto il controllo a vista da parte degli agenti penitenziari, per ragioni di sicurezza.

Riconoscere e normalizzare la possibilità di relazioni sessuali in carcere non sarebbe una concessione, né l’attenuazione di una privazione, ma una necessità fino ad ora negata al principio della rieducazione.
Il mancato riconoscimento dell’importanza della sessualità, ma anche di affetto nel senso più romantico del termine, conduce a gravi conseguenze, spesso irreversibili. Con il passare degli anni i detenuti possono arrivare a subire alterazioni a carico della vista, del linguaggio, del movimento e della sfera sessuale. Ne derivano situazioni drammatiche, con alto tasso di suicidi o tentativi di suicidio e atti di autolesionismo, sintomo di una grande sofferenza. Ci sono poi disturbi della sessualità che si protraggono anche una volta in libertà: dall’apatia sessuale al narcisismo, alla sessualità fantasmatica.

All’inizio degli anni Novanta, il medico francese Daniel Gonin studiò in modo dettagliato gli effetti “patogeni” della detenzione nella prigione di Lione. Vi sono numerosissimi studi, ricerche e testimonianze al riguardo. La deprivazione dei legami affettivi ha avuto un ruolo fondamentale nel determinare profondi cambiamenti nell’identità della persona, prosciugando le sue risorse, compromettendone il reinserimento sociale, avendo come effetto finale una sorta di desertificazione affettiva, relazionale e umana.

Il nuovo disegno di legge n. 1876 si pone l’obiettivo di intervenire sulla legge 354 del 1975 e sul DPR 230 del 2000, che riguardano l’ordinamento penitenziario e i regolamenti. Esso si propone di modificare la norma sulla frequenza e sulla durata dei colloqui telefonici, puntando sulla possibilità di renderli quotidiani per tutti i detenuti a prescindere dal reato, e raddoppiandone la durata massima; lo scopo sarebbe quello di ridefinire i criteri dei cosiddetti «permessi di necessità» sostituendo il presupposto della «eccezionalità » e della «gravità» attualmente previsto, con quello della «particolare rilevanza», per riconoscere il diritto della persona detenuta a “partecipare” anche agli eventi non esclusivamente legati a morte o malattie gravissime dei familiari.

Il testo è stato elaborato nel 2019 da parte della Conferenza dei Garanti territoriali delle persone private della libertà (un’autorità di garanzia indipendente istituita in Italia dal 2013 e che ha la funzione di vigilare su tutte le forme di privazione della libertà e di intervenire su criticità di carattere generale). È stato sottoposto ai consigli regionali perché lo portassero in Parlamento. La Toscana, lo scorso febbraio, ha avviato l’iter. Speriamo che per il resto del paese non tardi ad arrivare una presa di coscienza collettiva della problematica.

Tutor: Fabiana Salucci
Tirocinante: Valeria Della Sabina

Bibliografia:
https://www.polizia-penitenziaria.i...
https://www.ilpost.it/2020/11/21/di...
https://www.filodiritto.com/carcere...
https://www.sisponline.it/news/0003...

Foto di RODNAE Productions da Pexels




Lasciare un commento