martedì 10 maggio 2016 - Fabrizio Lorusso

Aspettando il Golpe Bianco in Brasile

Mancano poche ore al voto del Senato sull'impeachment contro la presidentessa Dilma Rousseff: perché si parla di golpe?
 

Tra poche ore dovrebbe consumarsi un altro atto del colpo di stato "a puntate" contro la presidentessa del Brasile, Dilma Rousseff, eletta circa un anno e mezzo fa col voto diretto di oltre 54 milioni e mezzo di cittadini. Anche se tra marzo e aprile una parte sostanziale dei mass media internazionali hanno denunciato la forzatura in corso contro la giovane (appena trentenne) democrazia brasiliana, ora la tensione sembra in calo e la rassegnazione prende il sopravvento.

Continueremo a chiudere gli occhi di fronte all'ennesima riconquista abusiva del potere da parte del gotha finanziario e dell'élite politica corrotta che negli anni '80 e '90 ha portato sull'orlo del baratro le società latinoamericane imponendo ricette economiche disastrose? Pare di sì. Ormai sembrano importare solo i giochi olimpici di quest'estate.

Probabilmente già l'11 maggio il Senato, a maggioranza semplice, voterà l'inizio o la sospensione del processo di impeachment, già approvato dai due terzi della Camera dei deputati, per cui basteranno solo 42 senatori favorevoli su un totale di 81 per sospendere dall'incarico Rousseff, appartenente al Partito dei Lavoratori (PT), e condurre "il processo" nei prossimi sei mesi, prima della probabile destituzione definitiva. E' scontato che il Senato approvi l'impeachment e sancisca di fatto l'inizio di un nuovo governo a guida dell'attuale vicepresidente ed ex alleato di Dilma, Michel Temer, del PMDB (Partito Movimento Democratico Brasiliano).

Nel frattempo il presidente della Camera, Eduardo Cunha, artefice dell'impeachment è stato sospeso dall'incarico in seguito a una decisione del STF (Supremo Tribunale Federale, equivalente alla nostra Consulta), ma mantiene l'immunità parlamentare. È lui l'artefice del golpe contro Dilma ed è indagato nell'inchiesta Lava-Jato, "l'autolavaggio" o schema di corruzione tra politici e funzionari della compagnia energetica statale Petrobras, per aver presumibilmente occultato all'estero milioni di dollari ricavati da mazzette. Invece la presidenta non è indagata, né condannata per alcunché dalla magistratura. Il futuro presidente ad interim è citato nei casi di corruzione legati a Petrobras, così come il presidente del Senato, suo compagno di partito, Renan Calheiros.

Dal canto loro oltre la metà dei membri di Camera e Senato, i quali hanno votato o voteranno in questi giorni per defenestrare la presidentessa per violazioni alla legge di responsabilità fiscale commesse durante il 2014, sono sotto processo o hanno condanne passate in giudicato, anche per reati gravi. Già è cominciata la distribuzione delle poltrone del prossimo governo e pare che la corruzione stia lentamente uscendo dall'agenda che, invece, prevede lo smantellamento del welfare creato dal boom economico degli ultimi 15 anni e dalla redistribuzione attuata dai governi di Lula da Silva e Rousseff tra il 2003 e il 2015. L'idea è che bisogna salvare la vecchia classe politica con ogni mezzo, anche un golpe bianco o soft, come lo chiamano i politologi quando non c'è un intervento militare violento contro il Presidente. E lentamente si potrebbero integrare al "sistema" anche le nuove destre "anti-sistemiche", i giovani rampanti, che ormai si fanno portavoce di un vero e proprio movimento, e le classi medio-alte che hanno condotto le proteste per le strade negli ultimi anni.

Insomma un potere emanato dal popolo, il Parlamento, che è infestato da corruttele, conflitti d'interessi ed evidenti problemi d'etica, decide di spodestare un altro potere legittimo emanato dal popolo, quello del Presidente. Nel 1992 il presidente Collor era stato giudicato e destituito dal Parlamento, c'era stato l'unico impeachment della storia brasiliana dopo il ritorno alla democrazia nel 1985, ma il motivo era la corruzione, non manovre fiscali. Si tratta di meccanismi comuni, basti pensare alla "sfiducia", nei sistemi parlamentari come nel nostro, ma poco praticati nei sistemi presidenziali come quello brasiliano. Il pericolo serio, d'ora in avanti, è che praticamente qualunque accusa, interpretabile come adatta a un impeachment dai parlamentari, possa trasformarsi in un giudizio e in una destituzone facili contro il presidente di turno: si perde così uno dei pochi vantaggi del presidenzialismo puro, la stabilità. I casi in cui è possibile che il Parlamento destituisca il Presidente sono limitati dalla Costituzione e dalle leggi secondarie, ma in genere non devono prestarsi a interpretazioni di tipo politico e congiunturale.

Invece i partiti d'opposizione e gli ex alleati del PT fanno il contrario e si preparano a governare. Il Brasile oggi è in preda a una congiuntura economica pesantissima, col PIL in calo da due anni e la disoccupazione in impennata, e a una crisi politica strutturale per cui basta che il PMDB, forza centro-destrorsa che è stata al governo insieme al progressista PT per 13 anni, decida di cambiare bando e il sistema si blocca. Questo è accaduto, c'è stata una strategia di logoramento per poi colpire. Ci siamo abituati in Italia, ma ribadisco che questo non è "normale" o auspicabile in un sistema presidenziale che è bicefalo e in cui il voto popolare serve a leggere il presidente e i parlamentari direttamente.

Le accuse contro Dilma si riferiscono alle "pedalate fiscali", cioè ritardi nel pagamento di debiti, contratti dal governo per pagare programmi sociali, con le banche pubbliche. È una pratica che negli ultimi anni è diventata comune e che ha permesso di far apparire le finanze pubbliche più sane di quello che sono, il che è scorretto. Dalla fine degli anni '90 tutti i presidenti vi hanno fatto ricorso, anche se ora il loro uso è più sistematico. Tutto ciò, però, non ha mai motivato una destituzione ed effettivamente appare come un pericolo abuso di presunte prerogative costituzionali.

Le accuse di impeachment contro Dilma arrivate all'analisi del Parlamento nel suo mandato sono addirittura 37. Per ora solo questa delle "pedalate fiscali" è stata approvata perché aveva più possibilità di prosperare, ma soprattutto perché una successione incalzante di azioni istituzionali ed extraistituzionali si sono rivolte a creare un clima favorevole a un ribaltamento del potere. Un golpe del secolo XXI, diverso da quelli cui eravamo abituati in America Latina, ma pur sempre una grossa forzatura, pacifica ma illegale e squisitamente "politica", preparata e cucinata dai media e da alcuni settori delle istituzioni, come per esempio una parte della magistratura che ha fatto del protagonismo mediatico e del giustizialismo esacerbato i suoi cavalli di battaglia. La graduale fine di un ciclo politico sudamericano di tipo progressista e la frenata del motore cinese, oltre a vari problemi strutturali irrisolta dell'economia brasiliana, hanno fatto il resto.

I mass media, specialmente la TV Globo e il suo gruppo editoriale, già sostenitrice del golpe militare del 1964, hanno chiaramente manipolato le percezioni sulla crisi e hanno galvanizzato una destra nuova, che ha conquistato le piazze a partire dal 2013, in alleanza con vecchi settori oligarchici e gruppi d'interesse nazionali e americani, come le fondazioni statunitensi che finanziano alcuni movimenti nelle università e le manifestazioni di piazza. La nuova destra non è frutto dello spontaneismo e della bontà o democraticità delle reti sociali. Esistono di certo le reti e svolgono funzioni importanti, non sto dicendo che le proteste di piazza o la formazione di nuovi gruppi politici siano fenomeni pilotati. Tra l'altro la loro gestione non è un elemento nuovo, ma s'è costruito negli ultimi 10 anni, mentre le sinistre istituzionali governavano e incorporavano anche domande sociali e movimenti progressisti. Questi di conseguenza hanno perso parte dell'iniziativa nei territori.

Le rivendicazioni delle piazze delle destre sono condivise pure da una gran parte della popolazione, anche se fanno nettamente il gioco del golpismo anti-democratico dei partiti e dei parlamentari delle destre istituzionali. Inoltre l'imprinting conservatore ed escludente, fino ad arrivare al razzismo e al disprezzo della solidarietà in favore del darwinismo sociale, formano il minimo comun denominatore che va forgiando e alimentando questi movimenti.

Ora il PMDB farà un governo con vari partiti conservatori, che vogliono limitare le conquiste dei lavoratori di questi anni. Tra questi partiti spicca il PSDB (Partito della Socialdemocrazia Brasiliana) che è stato sconfitto alle elezioni del 2014. Il suo candidato alla presidenza, Aecio Neves, è stato battuto, infatti, da Rousseff. Questo è senza dubbio un paradosso. Inoltre l'impechment è stato promosso proprio da Eduardo Cunha come vendetta personale dopo che il governo aveva autorizzato gli organi competenti ad aprire indagini contro di lui. La classe politica corrotta tende a proteggersi, dunque. Non è una novità e nelle trame dell'inchiesta Lava-Jato ci sono numerosi esponenti anche del partito della presidentessa, il PT, ma praticamente tutti sono coinvolti. Alcuni loro leader vogliono chiudere anzitempo l'esperienza del governo Dilma che, e anche questo è un fatto, ha esaurito buona parte della sua spinta e ha perso numerosi consensi. Nel frattempo, anzi già da tempo, varie sinistre di movimento si sono scollate dal governo mentre altre ne sono state in qualche modo assorbite, perdendo l'iniziativa di base e nelle strade.

Le destre al governo cercheranno in tutti i modi di proteggersi e di evitare che l'ex presidente Lula, attualmente in testa nei sondaggi d'opinione e di gran lunga uno dei personaggi politici più popolari anche all'estero, possa tornare a vincere alle presidenziali del 2018, magari dopo un paio d'anni d'opposizione dura e di recupero dei settori sociali abbandonati negli ultimi anni. Le pressioni giudiziarie della cosiddetta (secondo me scorrettamente) "mani pulite" brasiliana, con in testa il giudice Sergio Moro, che ha ricevuto pure l'endorsement di Di Pietro, potrebbero orientarsi, dunque, ancora contra l'ex presidente-sindacalista per eliminarlo dalla corsa elettorale. Per ora Lula non è condannato né coinvolto direttamente nell'inchiesta Lava-Jato, ma è indagato per aver presumibilmente ricevuto dei benefici "extra" (conferenze molto ben pagate e una proprietà immobiliare al mare) da parte di imprese che si sono coinvolte in quell'indagine.



4 réactions


  • ARMANDO (---.---.---.14) 10 maggio 2016 20:58

    Vedo come non sei molto addentro al diritto costituzionale brasiliano, dove é scritto che il goveno non puó finanziarsi attraverso banche che controlla (Caixa Econômica Federal - Banco do Brasil). Vedo anche che non stai vivendo l’economia brasiliana dove il PT, dal 2002 ad oggi, ha favorito quasi esclusivamente Multinazionali e Banche. Se conosci il portoghese-brasiliano dai una rapida lettura alla pagina http://armandocappello.blogspot.com... e poi ci si sente.

    Se ti va, possiamo apriamo un dialogo allargato anche ad altri. Che ne dici?
    Armando

  • Fabrizio Lorusso Fabrizio Lorusso (---.---.---.222) 10 maggio 2016 21:27

    Dico che il tuo blog è interessante e che conosco il portoghese, ma per iniziare un dialogo costruttivo non si dovrebbe "squalificare" l’interlocutore a priori, come hai fatto nel commento. Non mi sono mai definito "costituzionalista", ma ho letto (chiaramente, altrimenti non mi metto a scrivere un articolo) gli articoli della Costituzione brasiliana che regolano la materia dell’impeachment e le leggi relative. Esistono delle interpretazioni contrastanti al riguardo che, comunque, non inficiano il ragionamento dell’articolo circa la situazione politica brasiliana e il contesto nazionale e internazionale.


  • ARMANDO CAPPELLO ARMANDO CAPPELLO (---.---.---.137) 11 maggio 2016 22:12

    Probabilmente sono stato poco politico a "squalificarti". Comunque io non trovo per nulla interpretativi gli articoli della Costituzione come tu sostieni, dato che é troppo chiaro che il Governo non puó (!) usare risorse finanziarie delle Banche definite "Pubbliche"; e questo taglia la testa al toro. 

    Lascia perdere le "Lava-jatos"d’occasione, tanto tutto finirá "ingavettato" come é stato per il "mensalão". Come pure é opportuno distanziarsi da discorsi politico/partitari in quanto il populismo sud-americano non é paragonabile al comunismo europeo: lí si basa su una ideologia, qui si basa sulla "esplorazione" anche delle risorse non disponibili per la bramosia di potere.

    Pertanto non si puó disarticolare questioni brasiliane in contesti internazioni esterni al sud-america. Il problema é che i politici non rinunceranno mai ai propri vantaggi a favore di Municipi / Stati / Confederazione ed é questo che probabilmente deve essere spiegato in un contesto internazionale.
    Armando

  • ARMANDO CAPPELLO ARMANDO CAPPELLO (---.---.---.137) 12 maggio 2016 15:59

    Gentile Fabrizio, adesso che Dilma Rousseff é stata allontanata dalla presidenza della Repubblica del Brasile e dal suo Governo, vorrei che confermassi la tua tesi di Golpe, tesi che qui in Brasile é sostenuta da una minoranza della minoranza, ossia da una parte del PT.

    Come si vive a México City? proprio lá vive la figlia di una mia amica, la psicologa Francesca, che é diventata mamma la scorsa settimana. So che questa cittá é maggiore di São Paulo ed é molto difficile che vi conosciate.
    Un saluto,
    Armando

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