giovedì 15 gennaio 2009 - Francesco Piccinini

Arrestato Giuseppe Setola. Non era il capo dei casalesi

Giuseppe Setola è stato arrestato ieri dai Carabienieri a Mignano Montelungo. Era riuscito a sfuggire tre giorni fa all’arresto scappando attraverso le fogne. Aveva, come spesso accade ai latitanti, allestito un sistema di fuga, ma proprio il mancato arresto aveva contribuito ad alimentare il “mito”. Il mito del "boss" che al momento dell’arresto dice “avete vinto voi”.
 
E giù i titoli: “Giuseppe Setola l’erede di Sandokan”, “Arrestato il capo dei casalesi”. Setola non era né il capo dei casalesi, né l’erede di Sandokan. Essere chiari, misurare le parole consente agli inquirenti di lavorare con tranquillità ma, soprattuto, serve a non abbassare la guardia, a rimanere ancorati all’onestà intellettuale, dote fondamentale per descrivere i fatti di mafia; altrimenti si rischia di far passare messaggi sbagliati, messaggi di una camorra in difficoltà.
 
Le parole hanno un senso ed è giusto mettere i fatti nella prospettiva più corretta. Le parole hanno un senso, un senso indicato dai magistrati che, ogni giorno, sono in prima linea contro la lotta al crimine organizzato. Le parole hanno un senso, come quelle di Lumia: “mancano all’appello i due grandi latitanti dei casalesi i boss Iovine e Zagaria” .
 
Setola non era un capo. Setola era un “bidognettiano”, un erede di Cicciotto ’e mezzanotte, un boss che non si è mai contraddistinto per il suo coraggio. Già ai tempi della prima “scissione”, con l’omicio in Brasile di Antonio Bardellino, e la vittoria della triade Schiavone-Iovine-Zagaria, Francesco Bidognetti aveva fatto una non-scelta. Convocato dopo l’omicidio brasiliano, viene messo davanti un bivio: vivere o morire. Decise di vivere. Per sancire la sua fedeltà partecipa all’omocidio del nipote-delfino di Bardellino: Paride Salzillo; è lui, insieme alla traide, ad ucciderlo con la corda del provolone (fonte sentenza processo Spartacus, ndr).
 
Setola cresce all’ombra di un boss “debole”, è il braccio armato di una fazione che obbedisce. Ma la coca annebbia il cervello e ti rende forte, ti fa sentire onnipotente e non ti consente di accettare ordini. Setola tira di coca e uccide, Setola cresce all’ombra dei due super-boss ancora liberi: i veri capi dei Casalesi. Ma Setola vuole prendere il controllo con una striscia di cocaina e “otto botte in petto” (colpi di proiettile – ndr) .
 
Setola è un cane sciolto, gira con il suo gruppo armato di pistole, fucili e tritolo. Setola è pericoloso anche per i casalesi: fa troppo rumore.
 
Setola vuole rendersi indipendente e compie gesti eclatanti, come la strage di Castelvolturno. La camorra ha un suo codice ben preciso, una sua semiologia. L’Italia l’ha imparata leggendo Gomorra, noi vivendola. Dietro ad ogni gesto c’è un signficato e dietro Castelvolturno c’è un “atto di forza”, un grido: “qui comando io”. Le guerre di camorra iniziano sempre con gesti eclatanti, con atti di forza. A Secondigliano tutto inizio’ con “delle botte” sui poliziotti. Ma Setola non si aspettava un ritorno mediatico cosi’ forte dalla morte di sei "neri".
 
Setola aveva in mente altri gesti eclatanti, voleva far "rumore", finanche uccidere un “simbolo”, il "simbolo": Roberto Saviano. Da fonti ufficiose sembra che in un’intercettazione dica: “gli metto le botte in faccia davanti a tutti quanti”. La coca, la smania di potere, Setola è un pericolo: per tutti.
 
Setola non si aspettava che lo Stato reagisse così duramente, in fondo erano “solo” sei neri, immigrati, forse irregolari. Invece arriva l’esercito accompagnato da un’arma devastante: i media. Casale e Castelvolturno, vanno sotto i riflettori. Le telecamere sono un deterrente ai traffici illeciti; gli obiettivi, i taccuini danno fastidio. Bisogna placare la “sete di gustizia”, così vengono arrestati ’O sergente Alessandro Cirillo, Oreste Spagnuolo e Giovanni Letizia sorpresi in una villetta di Licola, poco lontano dal chilometro 43 della Domiziana e da Baia Verde, dove il 18 settembre avevano ucciso il gestore di una sala giochi e i sei “neri”. Non opposero resistenza, anzi dissero: "Bravi! Ci siete riusciti". Perchè? Perchè questa frase? Perchè i tre furono sacrificati all’altare della “tranquillità” con tanto di pistole e fucili.
 
Normalmente i killer si liberano velocemente delle armi dopo un “pezzo”, soprattuto se dispongono di arsenali vasti come quelli dei casalesi. Loro, invece, no. Dodici giorni dopo la strage andavano ancora in giro con i "ferri" che avevano sparato. La ricostruzione non ha logica. Non ha logica nemmeno la leggenda che vuole Oreste Spagnuolo parlare dopo essere stato buttato una notte in cella con quattro ghanesi.
 
Oreste Spanguolo è consegnato alla poliziaCi siete riusciti! – e diventa testimone di gustizia (con tutte le riduzioni di pena che questo comporta). Mentre per Setola inizia la leggenda del boss solo, in fuga. Nel frattempo le telecamere vanno via e mentre sembra che tutto torni alla “tranquillità”, succede quello che non ti aspetti: Miriam Makeba, Mama Africa, non solo fa un concerto tra gli ultimi ma decide, anche, di morire lì, lanciando la sua ultima, ennesima sfida. Tornano le telecamere, tornano i taccuini ma questa volta di mezzo mondo.
 
"Fare terra bruciata intorno Setola!” E a farlo non è solo la polizia ma sono anche Iovine e Zagaria. Bisogna fermare quel ragazzo che sognava coca e scissione. Dite a Spagnuolo che deve parlare, deve dire dove sta Setola! Bisogna consegnarlo alla polizia. Darne in pasto uno per salvare il sistema.

Dopo l’arresto Maroni ha affermato: "Voglio fare le congratulazioni a tutti gli uomini delle forze dell’ordine che si sono impegnati nell’operazione che ha portato all’arresto di Giuseppe Setola e per i quali proporrò che il presidente del consiglio dia un riconoscimento nei prossimi giorni". Sembra che Antonio Iovine e Michele Zagaria si siano risentiti di non essere stati ringraziati. Hanno fatto terra bruciata intorno a lui costringendolo a rifugiarsi a Mignano Montelungo, quasi oltre l’invalicabile linea del Garigliano - come la definisce Sergio Nazzaro -. Un boss che comanda davvero non è mai lontano dal suo paese, non si rifugia a 50 kilometri di distanza, non si rifugia in un luogo dove dove il suo "peso" è minore, dove non comanda.
 
Loro hanno dato in pasto chi sognava la scissione, hanno dato in pasto il boss che non era un boss. Hanno dato in pasto il non-capo dei casalesi; e mi rimbombano nelle orecchie le parole di Lumia: "mancano i due grandi boss". 
 
Così, mentre scrivo, mi ritorna in mente il 28 dicembre. Quel giro in macchina lungo tutto il litorale domizio, villette a schiera e fabbriche di cemento. Licola, Mondragone, CastelVolturno; mi chiedevo dove fosse, quando sarebbe arrivato il suo momento. Guardavo quelle case immerse nel nulla e pensavo che in ognuna potesse nascondersi un non-boss in fuga. Pensavo e guidavo, perso tra il mare a sinistra e la camorra a destra. Schiacciato tra sabbia e cemento immaginavo un latitante in fuga. Setola non era niente di più.

Setola era
solo un cocainomane armato. Non fatene un mito.



29 réactions


  • Patrizia Dall'Occa Isabeau (---.---.---.181) 15 gennaio 2009 12:16

    ok... commento perché ci vuole e ci sta.

    La frase più bella di tutto il magistrale articolo (sempre appassionato e preciso e più che giornalistico... nello stile CAPO!!!)?

    Non fatene un mito.

    E così sia.

    Pat


    • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.58) 15 gennaio 2009 12:26

      Grazie per i complimenti :)


    • anonimo (---.---.---.10) 20 gennaio 2009 02:15

      aggiustate quello che sta scritto sopra nell articolo, paride salzillo nn è il nipote di bidognetti ma il nipote di ON ANTONIO BARDELLINO


    • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.58) 20 gennaio 2009 13:11

      Mi scusi... è stato un errore... ha fatto benissimo a segnalarlo. L’ho riletto varie volte ma mi è sempre sfuggito, grazie


    • anonimo (---.---.---.20) 9 febbraio 2009 00:46

      bravi avete corretto il fatto del nipote delfino di bidognetti.......


    • anonimo (---.---.---.20) 9 febbraio 2009 00:53

      ma il corpo di ON ANTONIO BARDELLINO dove sta ........ ma l avete trovato?
      me lo fate vedere???? ..................


    • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.56) 9 febbraio 2009 15:54

      io personalmente non l’ho trovato...


  • Rocco Pellegrini Rocco Pellegrini (---.---.---.21) 15 gennaio 2009 12:22

    Hai ragione Francesco. Un killer del genere è meglio arrestarlo ma la vera Camorra è altra storia ed altri nomi che hai fatto bene a segnalare....


  • virginia (---.---.---.96) 15 gennaio 2009 12:46

    Un voto e un commento entusiasta (sono rari da parte mia) per questo pezzo davvero pregevole.
    Abituata a una scuola che inneggia al giornalismo anglosassone ( quello lucido, freddo,impersonale) devo ammettere che articoli come il tuo hanno il pregio di agganciare il lettore dall’inizio alla fine,mentre l’altro giornalismo, quello che si vuole imparziale e asettico, annoia alla decina riga. Tant’è che oramai si deve ricorrere agli scoop (falsi), ai sensazionalismi, per farsi leggere almeno nel titolo.
    Bravissimo Francesco! per quello dici e per come lo dici.


  • Piero (---.---.---.236) 15 gennaio 2009 13:39

    Bel pezzo.
    Del superficiale e pressappochista chiacchiericcio mediatico attorno ai fatti della criminalità organizzata non se ne può più. La fame dei cronisti a caccia delle prime parole del boss, dei titoli dei libri presenti sul comodino, del colore delle mutande nei cassetti è veramente insopportabile. Tutto si mescola nell’indistinto reportage dei media. Tutto si livella (al basso). Le analisi fanno acqua da tutte le parti, sgrammaticate e strafottenti.
    Certo, non si può chiedere a tutti i giornalisti di essere affilati e definitivi come Peppe D’Avanzo; ma il minimo sindacale della precisione e della conoscenza, quello sì, quello bisogna pretenderlo.


    • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.123) 15 gennaio 2009 14:31

      A volte è davvero insopportabile sentire la descrizione dei fatti come si stesse leggendo l’iliade. Sulle analisi poi... be’ meglio lasciar perdere. Capire significa vedere, studiare, comporta tempo e fonti affidabili


  • Le Marechal de Londres (---.---.---.196) 15 gennaio 2009 13:46

    Articolo impeccabile

    Complimenti


  • mabo (---.---.---.89) 15 gennaio 2009 14:33

    Un passo in più verso la comprensione del fenomeno "sistema".

    Grazie.


    • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.123) 15 gennaio 2009 14:38

      :) grazie a te per l’apprezzamento... noi cerchiamo solo di metterci un pizzico di onestà intellettuale


  • Federico Pignalberi (---.---.---.202) 15 gennaio 2009 15:22

    Bellissimo davvero. Avvincente fino all’ultima riga, come ci hai abituati. Per scrivere così non basta l’onestà intellettuale. Ci vuole anche bravura e, soprattutto, tanta esperienza, cognizione di causa, comprensione del territorio. Questi articoli hanno il merito di raccontare la mafia vista dall’interno.


    • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.123) 15 gennaio 2009 15:53

      è l’impegno che chi è del sud dovrebbe mettere per fare, davvero, qualcosa. E’ l’onestaà intellettuale che deve essere alla base dell’agire quotidiano. BIsogna sognare un’altra Italia e vivere me se fosse "quella" e non questa l’Italia che abbiamo davanti.


  • MONSU DU VI (---.---.---.160) 15 gennaio 2009 18:41

    Interessante...chiaro poi la fine dell’articole è proprio bella per chi le ha fatto questi giri in macchina...no veramente ho visto campi profughi in Africa, vissuto a Scampia...ma l’inferno l’ho visto a Mandragone ! Il diavolo si è fermato a Mandragone !


  • Paolo Praolini (---.---.---.106) 15 gennaio 2009 22:53

    Dopo tutto non ho molte altre parole, è stato detto tutto.
    Si vede l’impronta di quella terra nel racconto e soprattutto l’umore di chi ha vissuto da vicino questi eventi, forse anche per anni.
    C’è un profondo distacco dalla quotidiana cronaca che troviamo sui giornali, forse perche tu conosci quali sono i lettori di Agoravox che non ne possono più della fredda e monotona riproposizione dei fatti di camorra.
    Questa è una esposizione che ci piace, si sente ancora il calore del sangue scorrere nelle vene. Brrr.


    • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.58) 16 gennaio 2009 10:58

      Scrivere è per me un cedere, ogni volta, un pezzo di me stesso. Farvi entrare nel mio mondo ma senza ammaliarvi. Cerco di rimanere lucido, quasi cinicamente distaccato per cercare di capire ma dentro me tutto ribolle, pervaso dagli stessi sentimenti che puo’ provare un Setola. E’ il modo con cui diamo sfogo alla nostra "rabbia" che ci fa diversi ma in fondo simo fatti della stessa materia.


  • CogitoergoVomito (---.---.---.141) 16 gennaio 2009 15:52

    Non capisco com’è che mi sia sfuggito questo articolo...
    stupendo...
    bravo francesco...


  • Francesco Mauriello (---.---.---.32) 17 gennaio 2009 23:05

    GRAZIE.
    Bisognerebbe coniare un nuovo termine per chi sa scrivere e raccontare la verità, perchè se quegli altri sono "giornalisti", non si dovrebbe creare confusione indicandoli tutti con la stessa parola.
    GRAZIE.


  • Ezechiele (---.---.---.67) 18 gennaio 2009 14:51

    Setola era solo un povero codardo. Sapeva sparare solo alle spalle contro anziani indifesi e altra gente inerme. Si faceva coraggio con coca e ansiolitici. Lo appenderanno in galera alla prima occasione. Tanta gente vuole la sua esecuzione. E così sia.


    • Francesco Piccinini Francesco Piccinini (---.---.---.56) 18 gennaio 2009 23:52

      non penso succederà... Zagaria e Iovine non si preoccuperanno, ulteriormente, di una seconda linea


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