giovedì 21 febbraio 2013 - paolo

"Appello al voto utile", ma quale?

Lo sentiamo ripetere in continuazione come un'esortazione nei confronti dell'elettore ad operare una scelta che punti al raggiungimento di un risultato concreto e realistico, evitando pulsioni sfasciste o fascinazioni populistiche.

Stando ai freddi numeri dei sondaggi, reali o presunti, se per "voto utile" si intende quello da destinare ad una forza politica o ad una coalizione in funzione della possibile governabilità dopo la chiusura delle urne, la risposta la fornisce la legge n. 270 del 21 dicembre 2005, meglio conosciuta come "Porcellum".

Secondo questa legge, ancora in vigore malgrado gli innumerevoli appelli a modificarla - compreso quello del Presidente Napolitano - alla coalizione di lista più votata, qualora non abbia già raggiunto i 340 seggi alla Camera dei Deputati, è attribuito un premio di maggioranza qualunque sia la percentuale di voti raccolta.

Per dirla in breve: chi piglia anche un voto in più a livello nazionale ha diritto di formare il governo. Anche al Senato è previsto un premio di maggioranza volto a garantire il 55% dei seggi però calcolato su base regionale e non nazionale. Questo diverso meccanismo può determinare maggioranze diverse alla Camera e al Senato.

A complicare ulteriormente i giochi per la Camera intervengono anche i parametri di sbarramento che per le liste collegate (vedi Lista Civica di Mario Monti) vale come minimo il 10% dei voti nazionali, mentre per liste non collegate (in pratica la singola lista) si riduce al 4%. Sempre prendendo come esempio la lista guidata dal premier uscente Mario Monti, ciò significa che se la lista non raggiunge il 10%, le tre liste (partiti) che compongono la coalizione devono singolarmente arrivare per lo meno al 4% ciascuno.

Ovviamente se ciò non avvenisse resterebbero fuori. A complicare ulteriormente il tutto, qualora invece la lista centrasse il 10%, ai partiti della coalizione basterebbe singolarmente il 2% e qualora tutti risultassero sotto il 2% avrebbe la rappresentanza il miglior perdente (?!).

Per i seggi del Senato le soglie di sbarramento sono rispettivamente del 20% per le coalizioni, 3% per ciascuna lista coalizzata, l'8% invece per quelle non coalizzate o che sono presenti in una coalizione che non abbia raggiunto il 20%.

Credo sia inutile commentare, ma appare evidente l'astrusità di questa alchimia elettorale concordata con il bilancino per rendere tutto più critico e di conseguenza consentire di non perdere qualora non si riuscisse a vincere. Questo spiega anche perché nell'anno di gestione del governo Monti, la maggioranza politica che lo sosteneva si è ben guardata dal modificare questo autentico obbrobrio che, oltretutto, nega il diritto di scelta diretta dei cittadini che devono esprimere il loro voto su liste bloccate decise dalle segreterie dei partiti. Il PD ha ovviato (in parte) istituendo le primarie. Diamogliene atto anche se per molti è stato un pagliativo.

Fatta la doverosa premessa sui meccanismi elettorali, è evidente che il "voto utile" ai fini della formazione di un governo, secondo le ultime stime previsionali, o converge sulla lista di centrodestra guidata (non ufficialmente) da Silvio Berlusconi, o su quella di centrosinistra guidata da Pierluigi Bersani.

E gli altri ?

Gli altri da CasaPound a Grillo (M5S), passando per "Rivoluzione civile" di Antonio Ingroia a "Fare per Fermare il Declino" di Oscar Giannino, piuttosto che "Lista Civica" di Mario Monti, non avendo chances teoriche di vittoria, agiscono come "sottraenti" delle due coalizioni.

Secondo l'opinione più diffusa Monti e Giannino (in queste ore alle prese con un suo curriculum fasullo) andrebbero ad erodere l'area del Pdl, mentre Grillo ed Ingroia succhierebbero voti al PD. Schematizzazione semplicistica che probabilmente tiene poco conto della vasta area indecifrabile che è quella dell'astensione.

E allora?

Sarebbe quindi banale, secondo le logiche di appartenenza culturale e politica, concludere che chi vuole l'Italia "liberale", nel senso più estensivo (e purtroppo già sperimentato) del termine, vota Berlusconi, chi vuole un ipotetico cambiamento con maggiore attenzione al sociale e ai ceti meno abbienti vota Bersani. Un voto diverso sarebbe una dispersione che non porta costrutto.

Ci sono però alcuni dubbi che rompono questo schema lineare. Per esempio, non mi torna il fatto che Silvio Berlusconi si dichiari pronto ad un confronto diretto con Bersani, perché se è vero quello che afferma, ovvero di essere in vantaggio (gridato tra un tripudio festante di suoi estimatori) suona abbastanza strano che accetti la sfida.

Non lo ha fatto nel 2008 con Veltroni e non lo ha fatto nel 2001 con Rutelli, quando si sentiva la vittoria in tasca. Insomma il dubbio è che non ce la racconti giusta (non sarebbe certo una novità) e che in realtà sia molto indietro. Ciò giustificherebbe il suo entusiasmo ad un confronto con Bersani.

Allora, se Silvio non rappresenta una reale alternativa di governo, perché non ritenere "utile" pure il voto a Mario Monti per rafforzare l'area di un centro destra più decente e presentabile anche in vista di una futura alternanza di governo? E perché non dovrebbe essere "utile" anche il voto al M5S per tutti coloro che sono schifati dallo spettacolo indecente che hanno offerto i partiti (tutti) del cosidetto arco costituzionale.

Sicuro, un voto sfascista non per la governabilità ma per mettere sotto schiaffo una classe politica impresentabile, ormai soltanto autoreferenziale e lontana dai cittadini che affrontano la difficile realtà di tutti i giorni. L'unico dubbio che mi frena dal seguire questa allettante tentazione di sfasciare il perfido giogo della "partitocrazia" è l'incognita rappresentata da quella nutrita pattuglia, si stima in oltre cento parlamentari, che dovrebbero rappresentare il M5S.

Chi sono? Siamo sicuri che Grillo (magari a sua insaputa) non ci rifili qualche decina di Scilipoti pronti al salto della quaglia. Che garanzie si possono avere se 40.000 elettori online (questo è stato il meccanismo) decidono una rappresentanza di questa consistenza?

Vista l'aleatorietà della selezione, provate a fare le debite proporzioni: se il Partito Radicale con il suo cronico 1% e l'IDV di Di Pietro con il 6% (media-performance) ci hanno rifilato un carico di sciagurati che poi si sono prostituiti al primo offerente, che diavolo può combinare un movimento che è stimato attorno al 20%?

Dubbi.



1 réactions


  • (---.---.---.227) 21 febbraio 2013 17:03

    Il dubbio sui parlamentari grillini è più che ragionevole. Ma aggiungiamoci anche un’altra cosa, cosa succederebbe del nostro debito pubblico se all’indomani di una possibile vittoria grillina il governo (diretto da non si sa chi, forse Grillo in persona) darebbe inizio alle procedure di revisione dell’articolo costituzionale che vieta referendum su trattati internazionali (l’adesione all’euro) ?

    Paolo sei persona troppo istruita per non capire cosa succederebbe !!

    A giugno ci ritroveremmo a votare di nuovo, ma dopo aver bruciato tutti i sacrifici fatti nel 2012. Sacrifici che a me personalmente sono costati il 15% del mio reddito annuo.

    E questo è l’unico motivo per cui voto Bersani.


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