martedì 30 aprile 2013 - ///

Anche in Islanda hanno la memoria corta

Riportare al potere i partiti responsabili dello sfacelo socio-economico non è un difetto solo italiano. In Islanda le elezioni legislative hanno premiato la destra euroscettica, la stessa protagonista della crisi del 2008.

In sintesi, il Partito dell’Indipendenza ha ottenuto il 26% dei voti (19 seggi su 63 all'interno dell’Althing, il parlamento unicamerale). Questo risultato dovrebbe quindi consentire a Bjarni Benediktsson (43 anni, ex calciatore professionista) di diventare il nuovo primo ministro.

In alternativa, l'incarico toccherà a Sigmundur Davíð Gunnlaugsson, 38 anni, leader del Partito Progressista (24% dei voti e 18 seggi), alleato del partito di Benediktsson. I due partiti potranno quindi contare su un’ampia maggioranza (37 seggi) come era stato previsto dai sondaggi nell’ultima settimana. L’Alleanza Socialdemocratica, che aveva vinto le precedenti elezioni nel 2009, ha ottenuto solo il 13% dei voti (nove seggi), mentre il suo ex alleato di governo, il Movimento Sinistra-Verdi, ne avrà appena sette. La metà di quanti ne avevano in precedenza.

Se nel 2008 il popolo islandese ha avuto il coraggio di prendere in mano il proprio destino prima che fosse troppo tardi (al di là delle bufale che la vicenda ha ispirato), è comunque singolare che oggi abbia deciso di riconsegnarlo nelle mani della stessa forza politica che quel disastro l'aveva provocato.
Secondo Lettera43:

Un voto che ha punito così la coalizione di centrosinistra uscente, le cui ricette economiche ispirate al rigore avevano permesso all'isola di uscire dalla recessione, con un Pil in salita e una disoccupazione in calo. Ma l'austerità non è piaciuta al popolo, che si è 'vendicato' appena chiamato alle urne.
...
La campagna elettorale è stata dominata dal malcontento degli islandesi, in particolare sulla questione del loro indebitamento: statistiche ufficiali parlano di una famiglia su 10 in ritardo nei pagamenti dei mutui per la casa o nei rimborsi di prestiti immobiliari.

Il primo ministro uscente, Jóhanna Sigurðardóttir, ha chiuso il mandato sottoscrivendo il primo accordo di libero scambio con la Cina firmato da un Paese europeo - col Dragone che ignorava l'omosessualità della rappresentante politica. 

Rimane il fatto che i socialdemocratici hanno deluso. Se da una parte hanno arginato la disoccupazione, dall'altra non hanno bloccato la fuga dei giovani all'estero. E soprattutto hanno promesso di entrare nell'Unione Europea (ma i negoziati sono ancora in sospeso), proprio quando Bruxelles iniziava la lunga via crucis che tutti conosciamo. Il voto, peraltro, è giunto a un mese dalla querelle su Cipro, condita dalla vicenda del prelievo forzoso sui conti, che non ha certo contribuito ad aumentare la popolarità della UE.
L’economia islandese, del resto, dopo un periodo di tre anni in assistenza del Fondo Monetario Internazionale finito nel 2011, è ancora in precarie condizioni: il Paese è tornato a crescere, ma il valore complessivo dei mutui a carico dei cittadini ammonta a 11 miliardi di dollari, a fronte di un PIL di circa 13 miliardi.

Una crisi economica diventata velocemente emergenza sociale e fallimento di un'intera classe dirigente. Che però è di nuovo ai posti di comando, come nella migliore tradizione italiana.



3 réactions


  • Damiano Mazzotti Damiano Mazzotti (---.---.---.34) 30 aprile 2013 11:53

    C’è una bella differenza tra riportare al potere i vecchi partiti e riportare al potere i vecchi dinosauri. E poi in quasi tutti i paesi ci sono sempre le alternanze tra finto centrodestra e finto centrosinistra, e cioè i vecchi burocrati fanno finta di fare casino tra di loro e grazie al trambusto del calderone mediatico distraggono l’attenzione dai loro amici, finti imprenditori che si inventano nuovi modi per spremere i cittadini con privatizzazioni assurde, deregolamentazioni da far west, cessioni pilotate, monopoli e oligopoli ben politicizzati.


  • (---.---.---.185) 1 maggio 2013 03:16

    "Se da una parte hanno arginato la disoccupazione, dall’altra non hanno bloccato la fuga dei giovani all’estero"
    una frase che la dice lunga sul grado di negazine della realtà a cui sono arrivate le statistiche sociali oggi. La disoccupazione non è un problema che inizia e finisce con la percentuale di persone in cerca di lavoro su quelle attive, è un segnale di disagio sociale che DEVE includere TUTTE le condizioni lavorative (incluso che tipo di reddito dà il lavoro che si ha) o meno della popolazione in età attiva, altrimenti non serve a niente.
    Esempio 1: se tutti lavorano, ma part-time perchè non c’è lavoro full time per tutti e le aziende per vantaggio fiscale hanno interesse ad assumere due persone a 20 ore la settimana che una sola a 40, formalmente la disoccupazione è a zero (perchè tutti lavorano), in realtà è al 50%, perchè tutti lavorano la metà di quanto vorrebbero (e molto probabilmente quasi nessuno arriva alla fine del mese, con un mezzo stipendio). E questo è solo un esempio di come la politica imponga la manipolazione dei dati per negare la realtà di una distruzione di lavoro che accomuna TUTTO l’occidente
    Esempio 2, quello più vicino all’Islanda. Se nel paese X fino a 10 anni fa tutti i giovani dopo gli studi trovavano lavoro entro un anno, ovviamente tutti si iscrivevano al collocamento, e quindi in quell’anno che ci mettevano a trovare il lavoro per diversi mesi risultavano alle statistiche molti giovani disoccupati. Arriva la crisi, e i "vecchi" conservano il lavoro accettando pesanti tagli di stipendio, i giovani non trovano lavoro ed emigrano tutti. La disoccupazione sarà zero, ma quel paese è morto.
    Questo è il taglio alla disoccupazione ottenuto dalla "sinistra" che in Islanda come altrove è succube dei gangster dell’alta finanza e antepone la restituzione di somme NON dovute a istituzioni finanziarie delinquenziali al benessere del popolo. SOcialismo o barbarie!


  • (---.---.---.155) 1 maggio 2013 19:23

    Pennacchi nostrani >

    Celentano si scaglia contro certi “sciacalli” che sembrano non capire (?) che i “toni eccessivi” di Grillo “non possono e non potranno mai generare violenza”. Perché, spiega, sono parte integrante della sua “sfera comica”.
    Vuol forse dire che 8 milioni di italiani hanno votato Grillo perché “ammaliati” dalla sua verve di comico?
    Nel merito. E’ vero che con le sole “parole forti” non si organizzano sommosse, né si fondano dei gruppi “eversivi”. E’ tuttavia provato che certe “parole d’ordine”, offerte come slogan, possono far scattare in “singoli soggetti” la convinzione che ricorrere a gesti “eclatanti” o ad azioni “irreversibili” sia l’unica soluzione.

    Ancora un caso.
    G.A.Stella scrive per avvertire il neo-Presidente Letta di non credere ai facili osanna.
    Cita a riprova lo “striminzito” applauso sentito alla Camera quando Letta ha fatto il nome di Monti. Difficile credere che non abbia notato che, mentre Bersani contava su almeno 300 deputati del PD, quelli vicini a Monti sono una quarantina. Qualsiasi applausometro segnalerebbe la differente “sonorità”.
    Di più.
    Sembra dimenticare che, proprio un anno fa, chiusa la manovra di “salvataggio” del paese, Monti varava la sua riforma del lavoro definendola “di rilievo storico per l’Italia”. Una riforma “per la crescita e per il lavoro”. Era talmente “convinto” del suo valore da sentenziare che aveva “un alto consenso nei sondaggi ed i partiti no”.
    Di Letta tutto si può dire, ma non che faccia sfoggio di sicumera.

    PS. Di pronunciamenti “illuminati” trabocca anche un qualsiasi Dossier Arroganza


Lasciare un commento