Accordo con l’ente saudita del petrolio: la Fifa ancora complice dello sportwashing
Saudi Aramco, uno dei più grandi produttori al mondo di combustibili fossili (l’anno scorso ha realizzato profitti per 161 miliardi di dollari), posseduto per il 98 per cento dal governo dell’Arabia Saudita e dal Fondo pubblico d’investimento, ha concluso un partenariato di quattro anni con la Federazione internazionale delle associazioni calcistiche (Fifa).
Così, Saudi Aramco sarà sponsor dei mondiali di calcio maschili del 2026 (in programma tra Usa, Canada e Messico) e dei mondiali di calcio femminili del 2027 (la sede dev’essere ancora decisa). Poi si vedrà, considerato anche che l’Arabia Saudita è l’unica candidata a ospitare i mondiali di calcio maschili del 2034.
Ecco come ancora una volta, dopo Qatar 2022, il governo mondiale del calcio si rende complice dello sportwashing, la strategia usata soprattutto dagli stati del Golfo che sfrutta lo sport per rendere moderna la propria immagine e far distogliere lo sguardo dalla pessima situazione dei diritti umani al loro interno.
È stupefacente che Saudi Aranco sia stata considerata un partner all’altezza, soprattutto rispetto ai mondiali di calcio femminili, quando il governo che ne è proprietario tiene in carcere persone come Salma al-Shehab e Manahel al-Otaibi solo per aver chiesto la parità di genere.
Un mese fa, 12 tifosi appartenenti alla discriminata minoranza religiosa sciita, sono stati condannati a pene da sei mesi a un anno per aver intonato cori e postato successivamente i loro video.