venerdì 18 aprile - Laura Tussi

“Abbasso la guerra!” In tutto il mondo serpeggia il rifiuto giovanile per il riarmo

“Abbasso la guerra!” In tutto il mondo serpeggia il rifiuto giovanile per il riarmo e per l’inutile strage, cioè per il riarmo, i nazionalismi, gli imperialismi politici e economici.

di Laura Tussi su FARO DI ROMA

Nelle ultime settimane, un’onda di mobilitazione giovanile a favore della pace ha attraversato l’Italia, con eco in diverse città e iniziative che testimoniano un forte desiderio di un futuro libero dalla violenza e dai conflitti. Questi giovani, portavoce di una generazione che aspira a un mondo più giusto e pacifico, hanno manifestato la loro preoccupazione per le guerre in corso e la crescente instabilità globale attraverso diverse forme di protesta e sensibilizzazione.

Dalle piazze alle iniziative online, si è assistito a un crescendo di eventi che hanno visto protagonisti studenti, attivisti e semplici cittadini desiderosi di far sentire la propria voce. Le manifestazioni hanno spesso assunto forme creative e partecipative, includendo sit-in, flash mob, cortei e momenti di riflessione collettiva.

Un esempio significativo è stata la partecipazione di molti giovani alla mobilitazione straordinaria “Fermiamo la Guerra”, che ha visto diverse iniziative svolgersi in varie città italiane. Questi eventi hanno rappresentato un’occasione per chiedere con forza il cessate il fuoco nei conflitti in corso, promuovere il negoziato come strumento di risoluzione e sottolineare l’importanza di investire nella pace piuttosto che negli armamenti.

Parallelamente alle manifestazioni di piazza, i giovani hanno utilizzato attivamente i social media e le piattaforme online per diffondere messaggi di pace, condividere informazioni e organizzare ulteriori azioni.

Un altro momento importante di aggregazione e sensibilizzazione è stata la partecipazione di numerosi giovani alla Marcia PerugiAssisi, un evento storico che da sempre incarna l’impegno per la pace e la fraternità. L’edizione di quest’anno ha visto una forte presenza di giovani, desiderosi di portare il loro contributo ideale e la loro energia per un futuro di convivenza pacifica.

E simili manifestazioni si tengono anche in altri paesi, in particolare in USA dove le università ne sono il teatro. Questi fatti riportano alla mente le contestazioni che, negli anni ’60 e ’70, scossero profondamente la società statunitense contro la guerra del Vietnam. Oggi, il fulcro della rabbia studentesca si è spostato, concentrandosi principalmente sul conflitto israelo-palestinese e sul ruolo degli Stati Uniti nel sostenerlo. Tuttavia, i parallelismi con l’era del Vietnam sono innegabili, sia nelle motivazioni che nelle dinamiche delle proteste.

Come allora, anche oggi gli studenti si mobilitano in nome di principi etici e morali, denunciando quella che percepiscono come un’ingiustizia e una violazione dei diritti umani. La guerra in Vietnam suscitò orrore per il numero di vittime civili, per la brutalità dei combattimenti e per il coinvolgimento di giovani americani costretti a combattere in un conflitto lontano e percepito come ingiusto. Allo stesso modo, le immagini provenienti da Gaza e la crescente consapevolezza del costo umano del conflitto israelo-palestinese alimentano l’indignazione e la richiesta di un cambiamento nella politica estera statunitense.

Un altro elemento di continuità è rappresentato dal ruolo centrale delle università come epicentri della protesta. I campus sono tradizionalmente luoghi di dibattito, di pensiero critico e di fermento sociale..

Tornano in tutto il mondo le manifestazioni giovanili contro la guerra, le armi e i nazionalismi. Dopo gli imponenti movimenti giovanili del 1968-69 e dei primi anni ‘70, che portarono alla fine della guerra in Vietnam e alla sconfitta degli Usa, i reazionari di tutto il mondo hanno preso il sopravvento sul piano sociale, politico, culturale e religioso. 

Le guerre tuttora in atto nel mondo sono risultato del “pensiero unico” liberticida e della concezione iperliberista dell’economia, delle idee pesantemente reazionarie e neoliberiste, ulteriormente accentuate dalla caduta del cosiddetto blocco socialista, facente capo all’Ex Unione Sovietica, lasciando il potere agli Usa, che si sono imposti come unica superpotenza esistente.

A proposito delle guerre assassine, imperialiste, colonialiste in atto nel mondo e spacciate per operazioni militari chirurgiche e missioni di pace, di esportazione della democrazia e dei diritti umani, durante questo incontro abbiamo ricordato con Moni Ovadia, la tragedia dell’assedio di Sirte e delle città libiche in mano ai lealisti, sotto i bombardamenti NATO. 

Le vittime di guerra, nei conflitti 
armati contemporanei, sono per il 95 per cento civili innocenti, come testimonia anche Emergency, associazione di chirurghi di guerra volontari. 
Quando si trattava degli attacchi militari dei lealisti a Misurata contro gli insorti e i ribelli, si osannava l’intervento NATO come libertario e promotore di chissà quali diritti umani.

Adesso che Sirte, città natale di Gheddafi, è assediata, non si accenna più ai diritti umani e alla tutela di civili, come, tra l’altro, prevedeva la risoluzione ONU 1973, che è stata puntualmente disattesa e violata. I mezzi di comunicazione di massa connotano Sirte con una terminologia retorica, come “baluardo dei lealisti” e “roccaforte del Raìs”, senza accennare minimamente alla sorte dei civili, come se sussistessero differenze quando si tratta di diritti umani.

I mass media annunciano sempre che il “baluardo”, la “roccaforte” di Sirte verrà espugnata, agendo così attraverso una terminologia mirata e voluta, a soggiogare e strumentalizzare l’immaginario collettivo e l’opinione pubblica. 

L’Occidente continua ad annunciare che la guerra e il nemico sono alle porte, per ottenere ulteriori rifinanziamenti e perseguire la famigerata politica di riarmo e invece continuano ad oltranza i bombardamenti, da parte delle superpotenze NATO, per gli interessi petroliferi e per alimentare l’industria bellica e l’indotto militare, noncuranti delle sorti dei civili libici, autentiche vittime di un crimine contro l’umanità, come in Afganistan, in Iraq e in Kosovo. E ora in Ucraina e a Gaza.

Per questi motivi vogliamo commemorare sempre la data del 4 novembre, non come giorno celebrativo delle forze armate e della fine del primo conflitto mondiale, ma come ricordo delle vittime di tutti i conflitti bellici e monito di opposizione alla guerra assassina, imperialista, neocolonialista e razzista, ricordando che la guerra non è mai giusta ed è sempre un crimine contro l’umanità.

Laura Tussi

Nella foto: la Marcia dei bruchi che ha riunito a Piacenza oltre 500 tra bambini e ragazzi delle scuole elementari e medie del territorio per lanciare un vero e proprio urlo di pace. L’iniziativa ideata dall’attivista John Mpaliza attraverserà poi l’intera regione con l’obiettivo di ascoltare e insegnare ai ragazzi il potere del dialogo e della condivisione.
“Insieme cammineremo come bruchi e ci trasformeremo in farfalle e in questo modo trasformeremo le guerre in pace” hanno detto gli studenti piacentini in una manifestazione realizzata grazie anche alla collaborazione di Amnesty International Piacenza, Arci, Europe for Peace, Legambiente, Libera contro le mafie e Mondo Aperto.




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