lunedì 24 gennaio 2022 - Marco Barone

25 gennaio: Cinque governi, due Presidenti della Repubblica, sei anni senza Giulio e giustizia

Ogni connazionale che si rechi nel Paese, per motivi professionali, di studio o turistici, deve essere pienamente consapevole di tale contesto generale, così come dei rischi di detenzione o di altre misure coercitive connesse alla partecipazione ad attività politiche o anche soltanto a discussioni potenzialmente ricollegabili al contesto politico interno, come il brutale omicidio di Giulio Regeni dimostra. Come noto, nel 2016, è stato rinvenuto vicino al Cairo il corpo del giovane ricercatore italiano, torturato e barbaramente ucciso.

Voglio iniziare questo intervento, così. Riportando alla lettera quanto si può ancora leggere nel sito Viaggiare Sicuri, alla sezione Egitto. L'Egitto ancora oggi non è considerato Paese insicuro, le relazioni sono a livelli ottimali, tranne che su un fronte. L'unico utile alla verità e giustizia per Giulio. Quello della cooperazione giudiziaria. I quattro egiziani quali il generale egiziano Sabir Tariq, i colonnelli Usham Helmi, Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, che sono la punta dell'iceberg di un sistema repressivo egiziano funzionale al mantenimento del potere del dittatore Al Sisi, non si riescono ancora a processare. I motivi lo hanno compreso tutti. Esiste uno Stato di diritto con delle proprie regole, quello italiano, che deve scontrarsi con un chiaro non Stato di diritto, con delle proprie regole finalizzate a salvaguardare il regime. Quello egiziano. Senza cooperazione giudiziaria la giustizia per l'omicidio di Stato di Giulio sarà difficilissima. Il tempo passa, vola. Siamo a sei anni da quel maledetto 25 gennaio, di quando si persero le tracce di Giulio nel tardo pomeriggio del Cairo. Depistaggi, uccisione di altri cinque giovani innocenti, denigrazione, calunnie, infamate di ogni tipo, e siamo ancora qua a raccontare un qualcosa che non si riesce a smuovere. Non si otterrà la verità e giustizia con gli striscioni, con i braccialetti, con i punti gialli, ma striscioni, braccialetti, punti gialli sono basilari, sono fondamentali, sono l'espressione del volto sano e onesto dell'Italia, della società civile che non si piega alla rassegnazione, come qualcuno invece spera, per arrivare alla verità e giustizia perchè servono a ricordare alle nostre Istituzioni che un nostro cittadino è stato massacrato da uno stato canaglia amico dell'Italia e dell'Europa e dell'Occidente. Nessun Paese che si riconosca nei valori supremi della libertà e giustizia potrà mai accettare come una cosa "normale" l'omicidio di Giulio, perchè in Egitto funziona così. Se l'Italia avesse dichiarato l'Egitto insicuro, se l'Europa avesse messo l'Egitto nella lista nera, forse oggi Giulio sarebbe ancora qui, con noi. Se Giulio non c'è più, se è successo quello che è successo, non è perchè se l'è andata a cercare, come qualcuno a livello istituzionale anche indirettamente vorrebbe fare intendere in modo indecente, ma semplicemente perchè è stato consentito di mantenere relazioni amichevoli, con un Paese dittatoriale mai dichiarato insicuro, neanche dopo l'omicidio di Giulio. La storia non si scrive con i se, i fatti non si cambiano con i se, ma i se hanno un loro peso nella narrazione degli eventi, per mettere nero su bianco evidenti responsabilità, tanto morali, tanto etiche, quanto anche fattuali, che si vorrebbero oscurare. A dimostrazione di come il sistema si muova nell'insabbiamento degli eventi è la questione del richiamo dell'ambasciatore, praticamente è come se non fosse mai avvenuto, di questo fatto, non c'è più alcuna traccia nei siti istituzionali nè italiani, né egiziani. Cinque governi, siamo al secondo Presidente della Repubblica, e sei anni senza Giulio, né verità, né giustizia. Questo è.

mb




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