mercoledì 26 luglio 2023 - Phastidio

Social card alimentare e ideologie adulterate

Il governo presenta la social card alimentare, che sarebbe piaciuta a Ionesco e Kafka, i cui criteri di assegnazione ed erogazione dovrebbero essere validati da un etilometro

Il governo, come da promessa, ha proceduto a creare la social card (il cui nome, “Dedicata a te”, già di suo è assurdo) per acquisti di beni alimentari di prima necessità da parte delle famiglie meno abbienti. Lo stanziamento è di 500 milioni di euro, ma merita segnalare che i criteri di assegnazione sono un monumento all’assurdo, come chiunque può constatare leggendo le FAQ sul sito del Ministero per l’agricoltura, la sovranità alimentare (sic) e le foreste, per gli amici Masaf. Infatti la card rappresenta una presunta sinergia e sostegno anche alle leggendarie filiere agroalimentari.

Oggi su Repubblica c’è un commento di Tito Boeri e Roberto Perotti che merita leggere nella sua interezza, ma di cui vorrei riportare alcuni aspetti salienti, peraltro già evidenziati da molti commentatori. Andando in ordine sparso, e con la premessa che uno stanziamento del genere è semplicemente ridicolo, anche prendendo per buona l’intenzione governativa di fornire un puntello transitorio contro i morsi del carovita, c’è il punto della lista di acquisti consentiti, che non è chiaro in base a quali criteri sia stata redatta.

CRITERI DEMENZIALI

Tacendo dell’importo, ma soprattutto di quei 50 centesimi (euro 382,50) che non è chiaro da dove escano nell’importo complessivo, semplicemente demenziali sono i criteri per accedere al “beneficio”. Parola a Boeri e Perotti:

La social card è destinata ai nuclei con reddito Isee inferiore a 15.000 euro, che non percepiscano il reddito di cittadinanza né altre misure di sostegno. Ma il reddito Isee è il reddito Isee, qualsiasi sia la fonte. Si può rimanere poveri anche percependo quei sussidi; l’Isee serve proprio a misurare il reddito in base alle dimensioni e composizione della famiglia.


Altri tre aspetti della social card sono completamente insensati, e quasi certamente un unicum nel mondo civile. Il decreto dà priorità ai nuclei con almeno tre componenti, di cui almeno un minore. La somma totale è fissata a priori (a 500 milioni), quindi quasi certamente rimarranno esclusi i nuclei di due componenti, come genitori single con un minore e coppie senza figli, anche se al limite dovessero avere un reddito Isee di 0 euro.

Perché è una norma insensata? Per due motivi. La povertà estrema si annida anche tra coppie in età lavorativa senza figli, che perderanno il reddito di cittadinanza, e tra genitori single con un figlio: secondo i dati Istat nel 2021 c’erano 28.000 famiglie monogenitoriali in povertà assoluta con un solo minore, contro 56.000 con due o più minori. E, come si è detto, l’Isee già tiene conto della numerosità e delle caratteristiche del nucleo famigliare, anzi questo è esattamente il motivo per cui è stato introdotto.

 

Già questo basterebbe a chiudere il discorso. Una misura di importo risibile, anche per una presunta “integrazione”, che peraltro è esclusa, visto che chi è già inserito in altre prestazioni sociali non può fruirne. Ma, soprattutto, una misura che manca completamente di porre in graduatoria le situazioni di povertà, essendo costruita con preferenza per i nuclei familiari di tre persone, di cui un minore. Anni addietro c’era chi, spenzolandosi da un balcone, urlava di aver abolito la povertà, tutta. Oggi che la maggioranza è meno pindarica e fantasiosa, si inizia abolendo la povertà di soggetti single, genitori single, coppie senza figli. Vedete la differenza tra velleità e pragmatismo?

Né si può vedere la misura come una forma di caricaturale sostegno natalista, come osservano Boeri e Perotti, visto che si tratta di misura una tantum e come tale, oltre che per l’importo, non appare stimolare la procreazione. La misura è inoltre un classico click day, visto che l’importo stanziato prevale sulle condizioni degli aventi diritto. Il click day lo faranno i comuni, prima di inviare la card.

IDEOLOGIA ADULTERATA

C’è poi l’aspetto più manifestamente ridicolo, quello legato al tipo di consumi alimentari ammissibili. Che sono normati in modo così minuzioso da stimolare il desiderio di conoscere l’autore della lista. Ma chi controllerà, nei fatti? Qui non è dato sapere. O meglio, si può intuire, anche ascoltando la cosiddetta spiegazione fornita dal titolare del Masaf, Francesco Lollobrigida. Non vogliamo fare il Grande Fratello, è l’apparente senso. Quindi lo faranno gli esercenti. A meno che non sia la solita grida manzoniana.

A parte questo folklore, resta il punto. È vero che il denaro è fungibile per definizione, e di conseguenza il potere d’acquisto “liberato” da questa card (state seri) potrà essere dirottato anche a consumi “vietati”. Ma il punto centrale resta altro: se si deve fare un intervento minimale con motivazioni di contrasto alla povertà, forse servirebbe costruirne i criteri restando sobri. Altrimenti si crea la beffa oltre al danno di una misura che appare solo una crudele idiozia spinta da una ideologia adulterata, per restare in tema alimentare. Quella stessa che si è inventata una definizione di “occupabile” mai vista nel mondo reale.

 




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