domenica 7 giugno 2015 - SiriaLibano

Muore Tareq Aziz, non fu impiccato “perché cristiano”

(di Lorenzo Trombetta, ANSA)

Proprio il suo essere cristiano aveva salvato dalla gogna Tareq Aziz, ex braccio destro del presidente iracheno Saddam Hussein, morto oggi in ospedale dopo 12 anni di carcere.

Negli anni scorsi, durante l’occupazione anglo-americana dell’Iraq, erano stati invece impiccati altri illustri membri del regime di Baghdad, sunniti, ritenuti come Aziz colpevoli di crimini contro l’umanità.

Nel 2010, l’allora presidente iracheno, il curdo Jalal Talabani, si era rifiutato di firmare il decreto di esecuzione della condanna a morte di Aziz perché “è un cristiano“. In difesa di Aziz, da più parti descritto come “il volto presentabile” del sanguinario regime iracheno, si era mossa l’Unione Europea, diversi leader politici occidentali e persino il Papa.

La morte di Aziz – battezzato come Mikhail Yuhanna – ha richiamato alla mente di molti “il dramma dei cristiani d’Iraq”, decimati dalle violenze nell’Iraq post-Saddam e dall’offensiva dello Stato islamico (Isis). La comunità cristiana irachena, una delle più antiche della regione, nel 2003 contava un milione e mezzo di persone ma si è ormai ridotta a poche centinaia di migliaia in fuga continua verso l’estero.

In Iraq a morire non solo però sono i cristiani. Secondo Iraqi Body Count, una piattaforma internazionale che dal 2003 fornisce bilanci aggiornati dei morti nel Paese, dei 216mila uccisi la stragrande maggioranza sono caduti in regioni abitate da sunniti e sciiti. Il numero dei cristiani iracheni non è inoltre diminuito solo da quando c’è l’Isis, ma anche durante gli anni dell’era di Saddam. E persino negli anni precedenti.

Nel 1947 si contavano cinque milioni di cristiani iracheni, il 12% della popolazione. Una percentuale dimezzata alla vigilia dell’invasione anglo-americana. Nel 2013, dieci anni dopo la deposizione di Saddam, si contavano appena 450mila cristiani delle diverse chiese: circa l’1,5% degli iracheni. Per decenni però in Iraq e Siria i partiti al potere – due ali rivali del Baath – hanno basato parte della loro autorità sul sostegno a comunità non musulmane, offrendo alle loro elite protezione in cambio di alleanza.

La presenza di Tareq Aziz ai vertici della dittatura di Saddam va letta nel quadro di questo patto, dove la discriminazione confessionale ha prevalso sui principi di cittadinanza e pari opportunità. All’estero invece la presenza di Aziz è servita più volte a Saddam per offrire un “volto presentabile” alle cancellerie e alle opinioni pubbliche occidentali, ieri come oggi preoccupate più della sorte dei cristiani che non di quella di tutti gli iracheni. (5 giugno 2015, ANSA).




Lasciare un commento