giovedì 15 marzo 2012 - Luca Tedesco

Mirafiori e i bisogni radicali di Marx

Quello del lavoro e del suo rapporto con i bisogni umani è un tema su cui le pagine del buon vecchio Marx non sono ancora pronte a nostro avviso per andare in soffitta.

Rossana Rossanda nel suo Un esame di noi stessi sul Manifesto del 18 febbraio scorso ricordava che "i padroni se ieri gorgheggiavano ogni giorno […] che il lavoro costituiva oramai una parte minima del processo di produzione" oggi invece vanno dicendo "tutto il contrario, strillano che per essere competitivi nella mondializzazione bisogna ridurre i salari italiani a quelli dell'Indonesia o della Cina, un terzo, un quarto del livello che i lavoratori erano riusciti a spuntare da noi".

In Svizzera l’altro giorno è stato bocciato un referendum che proponeva l'allungamento del periodo minimo legale di ferie, perché, dicono gli analisti, gli elvetici erano preoccupati degli effetti economici recessivi che una vittoria dei sì avrebbe potuto comportare. Meglio la fatica, lo stress da lavoro che il portafoglio meno gonfio, insomma.

Ecco, questo del lavoro e del suo rapporto con i bisogni umani è un tema su cui le pagine del buon vecchio Marx non sono ancora pronte a nostro avviso per andare giolittianamente in soffitta .

Una delle ragioni, difatti, per cui i sostenitori dell’economia di mercato hanno da sempre affermato l’inutilità della proposta comunista risiedeva nell’affermata capacità della prima, grazie all’incentivo del profitto, di sviluppare massimamente le conoscenze tecnologiche che, applicate ai processi produttivi, avrebbero gradualmente ma necessariamente reso il lavoro meno faticoso, ridotto quello manuale, ampliato quello intellettuale e liberato spazio per la soddisfazione dei marxiani bisogni "radicali".

Nelle sue Teorie sul plusvalore, Marx osservava che "il tempo libero, il tempo di cui si dispone è la ricchezza stessa, sia per il godimento dei prodotti, sia per la libera attività, che non è determinata, al pari del lavoro, dalla costrizione di uno scopo esteriore, che bisogna adempiere". Àgnes Heller, ne La teoria dei bisogni in Marx (Milano, 1975), ha ribadito come per Marx la ricchezza materiale sia solo condizione per il conseguimento della ricchezza generale che si realizza "attraverso la libera manifestazione degli individui sociali, attraverso la loro attualità e il loro sistema di bisogni qualitativamente molteplici" (ivi, p. 114).

Coloro che difendono l'economia di mercato, tra cui mi ci metto anch'io, come possono allora convincere gli operai di Mirafiori, costretti ad orari e condizioni di lavoro più pesanti del passato, della bontà e della superiorità di quel sistema nel momento in cui esso, perlomeno nei loro confronti, è sempre meno in grado di soddisfare i bisogni non primari, che non ricadano quindi, per usare la terminologia marxiana, nel solo regno della necessità?




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