lunedì 11 marzo - Phastidio

Le banche, lo stato e l’extragettito prestato

Il forte aumento degli utili delle banche deriva dal balzo del margine di interesse ma anche dai minori accantonamenti a perdite su crediti. C'è un motivo, ed è legato anche ai prestiti con garanzia pubblica.

Annus mirabilis grazie a Bce e contribuenti

Come ormai sanno anche gli uscieri (che in realtà di solito sono bene informati), il 2023 è stato un annus mirabilis per le banche, con un forte balzo dei profitti determinato soprattutto dal cosiddetto margine di interesse, cioè la differenza tra quanto le banche incassano dai prestiti e quanto le medesime spendono per remunerare i conti correnti e i depositi.

Come noto, il governo Meloni ha tentato di applicare una tassazione agli extra margini di interesse ma alla fine ha capitolato, trasformando la tassa in una riserva non distribuibile di capitale, “così le banche potranno prestare di più perché sono più capitalizzate” (risata da sitcom in sottofondo).

BOOM DI UTILI E TASSE

Ma quanto hanno guadagnato le maggiori banche italiane nel formidabile 2023? Il Sole24Ore ha commissionato uno studio alla società di consulenza Kearney, i cui risultati sono stati pubblicati domenica 11 febbraio. Leggiamo:

[…] i maggiori sette istituti (Intesa Sanpaolo, Unicredit, BancoBpm, Mps, Bper, Pop. Sondrio, Credem) hanno generato un utile complessivo monstre superiore ai 23 miliardi, in crescita del 70% sul 2022. Il risultato è frutto di una gestione operativa superiore a 37 miliardi, in crescita del 38% rispetto al 2022. Come noto, è questo l’effetto dei super tassi, che hanno fatto esplodere il margine di interesse, arrivato a superare 39 miliardi, in aumento del 45% rispetto a un già ricco 2022, mentre le commissioni nette al contrario hanno subito un leggera riduzione (-2%) e i costi sono leggermente saliti (+2%), complice il quadro inflazionistico e il rinnovo del contratto.

Quindi, super margine di interesse alla base del boom di utili (grazie alla stretta monetaria della Bce), mentre i proventi da commissioni sono stati lievemente cedenti. A questo proposito, per prepararsi al cambio di stagione, il Ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, ha già dichiarato di aver occhieggiato un centinaio di miliardi di soldi dei clienti da trasformare in gestioni patrimoniali, con tutto quello che ne dovrebbe conseguire in termini, appunto, di commissioni.

Anche l’erario può dirsi soddisfatto, visto che le stime di Kearney prevedono versamenti di imposte sul reddito per 7 miliardi di euro, il 73% in più dello scorso anno, quando i miliardi di tasse furono solo 4. Ma tale cifra, considerando anche altre imposte dirette e indirette e le ritenute sui dividendi, potrebbe toccare i dieci miliardi. Quindi diremmo che, anche in assenza di tassazione degli extra-margini, l’erario non può lamentarsi. Intesa Sanpaolo verserà alle casse pubbliche 3,4 miliardi, contro i due dello scorso anno. Unicredit passa da 819 milioni a 1,9 miliardi di tasse pagate.

ALTI MARGINI E BASSE SOFFERENZE

Tutti felici e contenti, quindi? Non esattamente. Direi piuttosto alcuni felici e altri preoccupati. Alla formazione dei profitti, come detto, ha contribuito in misura rilevante la componente del margine d’interesse. Ma, e questo è decisamente poco noto, anche la riduzione degli accantonamenti a perdite su crediti. Leggiamo:

A scendere nelle righe dei bilanci analizzati, emerge però anche un altro dato di peso: è il forte calo delle rettifiche di valore nette su crediti, scese del 46% da un anno all’altro (da 7 a 3,8 miliardi). Il miglioramento dello stato di salute del credito, e quindi le minori svalutazioni, ha così permesso di ottenere un risultato pre-tasse più elevato, attorno 31 miliardi di euro (+70% sul 2022).

Ma come, diranno i miei lettori più attenti, non leggiamo ogni giorno che è in corso un processo di aumento delle insolvenze su crediti, conseguenza soprattutto dell’aumento dei tassi? E invece ora leggiamo che le banche, anziché aumentare gli accantonamenti per perdite su crediti, li riducono? Cos’è, il famoso mondo al contrario o qualcuno sta facendo il furbo?

Già, di cosa potrà trattarsi? Io un’ipotesi ce l’avrei. In parte si tratta certamente del miglioramento congiunturale oltre che della riduzione dello stock di prestiti erogati: circa settanta miliardi in meno nel 2023. E, pensate, malgrado ciò i margini d’interesse sono esplosi. Ma credo possa trattarsi anche della rilevante presenza nei bilanci bancari di prestiti garantiti dallo Stato, quelli della stagione Covid. La conferma indiretta di questa tesi viene dallo stesso governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, che al recente congresso di Assiom Forex, l’associazione italiana degli operatori dei mercati dei capitali, ha evidenziato che

Dal 2020 l’aumento dei coefficienti patrimoniali è stato guidato dal calo delle esposizioni a rischio – il denominatore dei coefficienti – essenzialmente per effetto dell’erogazione di prestiti garantiti dallo Stato, che stanno via via scadendo.

Nelle note al discorso di Panetta si può leggere a tal riguardo che “Si stima che alla fine del prossimo anno saranno venuti a scadenza quattro quinti dei prestiti bancari garantiti dallo Stato”.

Quindi possiamo dire che le banche italiane hanno goduto sia dell’eccezionale balzo dei margini di interesse che della riduzione delle esposizioni a rischio. Anche per quest’ultimo motivo, attualmente i crediti deteriorati sono solo l’1,4 per cento del totale degli impieghi al netto delle rettifiche di valore. Le banche italiane hanno goduto di un derisking offerto dai contribuenti.

ALTO GETTITO TRIBUTARIO MA ALTI COSTI FUTURI ATTESI

Quindi, annus mirabilis ma le condizioni che lo hanno determinato stanno progressivamente venendo meno. Non a caso, Panetta ha invitato le banche ad accantonare parte degli eccezionali utili del 2023. C’è chi non lo ha fatto, procedendo a distribuirlo agli azionisti tramite dividendi e riacquisto di azioni proprie, ed è perfettamente inutile che vi dica i nomi. Evidentemente, queste banche ritengono di poter gestire il futuro deterioramento dei loro attivi senza dover accantonare oggi parte dei loro robusti profitti.

Come che sia, il governatore Panetta ha già tratteggiato l’ipotesi di un aumento dei coefficienti di capitale, a scopo macroprudenziale. Che significa? Che Banca d’Italia chiederà alle banche di accantonare più capitale, per i periodi di magra. Potranno farlo “utilizzando il capitale in eccesso, senza raccoglierne di nuovo”, come ha detto Panetta. Si spera che nessun banchiere pianga, quel giorno.

Mettiamola in questi termini: esiste la non bassa probabilità che questo robusto extra gettito tributario sia alla fine dei giochi solo un “prestito”, destinato a essere compensato da perdite su crediti che dovranno essere coperte dallo Stato, che ha prestato la garanzia. Vedremo il saldo tra le due voci, per giudicare come è andata. Ma siamo solo al primo tempo della partita.




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