mercoledì 15 febbraio 2012 - Giorgio Zintu

Lavoro ai giovani. L’economista Gustavo Piga lancia "Un appello per un nuovo Rinascimento"

Uno spettro si aggira per l’Italia, la disoccupazione, in particolare quella giovanile, che ha raggiunto il 30%. Stando a giornali e televisione, sembra che la causa sia l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La cura, sbrigativa, richiederebbe quindi la sua abolizione, accompagnata anche da contratti “più flessibili”. Ma è altrettanto semplice sostenere come questi contratti non otterrebbero altro che il perdurare di quelle forme di occupazione precaria e discontinua che poco hanno a che vedere con la “dignità” del Lavoro, con la L maiuscola.

E’ di questo avviso il professor Gustavo Pigaordinario di Economia Politica all'Università di Roma Tor Vergata, noto anche per aver promosso un appello a Monti per contenere gli effetti della crisi agendo anche sulla domanda pubblica e sulla lotta agli sprechi, il quale sottolinea “il rischio terribile che si annida nella mancanza di opportunità per i giovani” che possono cadere “nella disperazione, nell’indifferenza e infine nell’abbandono di ogni nuova opportunità, facendo sfiorire il potenziale di rinascita italiana”.

Così, dopo “molti inviti a proseguire nel progetto di incentivo per un nuovo e quantitativamente rilevante servizio civile nella Pubblica Amministrazione per i giovani, specie quelli disoccupati”, il professor Piga ha deciso di promuove una nuova originale iniziativa a cui ha dato un titolo ambizioso: "Un appello per un nuovo Rinascimento guidato dai giovani" rivolto ai giovani. La premessa è che "il lavoro è una parte essenziale della dignità della persona" e su tutto questo abbiamo voluto porre alcune domande direttamente al professor Piga.
Professore, ci può dire qual è l’obiettivo di questo “Appello per un nuovo Rinascimento guidato dai giovani"?
Si tratta di trovare una soluzione in un colpo solo a quello che a nostro avviso rappresenta il doppio nodo strutturale del rallentamento di quest’ultimo decennio italiano a zero crescita: la mancanza di qualità nell’azione della Pubblica Amministrazione a supporto delle nostre imprese e del nostro patrimonio artistico, infrastrutturale, umano, territoriale da un lato e lo sperpero terribile di capitale umano insito nell’altissimo tasso di disoccupazione giovanile dall’altro.

Come dovrebbe attuarsi questo programma che richiede investimenti non indifferenti?

Proponiamo un moderato sforzo finanziario, 1% del PIL, finanziato da un più ampio debito - consentito dalle regole europee visto che siamo in una drammatica recessione – per dare una opportunità di lavoro temporaneo biennale nel settore pubblico ai tanti giovani disoccupati. Per un compenso che non è solo dei 1000 euro mensili che proponiamo ma anche di un altro arricchimento, culturale e professionale; questi giovani andranno a rafforzare tutte quelle strutture pubbliche (siti archeologici, musei, protezione civile, Ministeri, scuole, università, ospedali, parchi naturali) che in questo momento necessitano di giovani energie per ridare dignità al servizio pubblico, efficienza ed efficacia alla fornitura di beni pubblici, supporto concreto all’efficienza nel supporto alle imprese, competitività e valorizzazione del nostro export culturale.

In realtà una Legge, la 285 (Provvedimenti per l’occupazione giovanile), aveva già percorso una strada simile nel 1977, con un finale all'italiana: ci furono stradini che dopo qualche mese divennero impiegati e ancora sono lì. Ora la sua formula dovrebbe evitare, almeno nelle intenzioni, esiti del genere ma non crede che i giovani corrano il rischio di finire sotto le grinfie di un'amministrazione pubblica che non insegna nulla?

Certo che c’è il rischio. Come c’è il rischio che queste liberalizzazioni che stiamo per approvare non risolvano i problemi dell’Italia o che la precarizzazione ulteriore del lavoro si riveli un boomerang. Ogni proposta è sempre una scommessa che si fonda sulla presunzione che si sia imparato dagli errori passati. Nell’appello abbiamo messo come unica condizione vincolante che questa offerta ai giovani sia temporanea e non dia accesso all’impiego nella Pubblica Amministrazione. Aggiungerne tante altre, di condizioni, cosa che andrà fatta per affinare il meccanismo per renderlo operativo, era inutile a livello di appello: dovevamo prima verificare – cosa di cui eravamo fiduciosi e che ora sappiamo avere centrato – esistesse un consenso di principio all’iniziativa, in un momento in cui non si fa altro che leggere di rigore, austerità e liberismo. Poco invece si legge di liberale, cioè di decisioni che mettano al centro della soluzione da adottare un’espansione delle opportunità e dei talenti delle persone, specie di quelle che partono da minori opportunità.

Sul suo blog, qualcuno ha tacciato la sua proposta di "populismo insopportabile, degna di un piano quinquennale". Lei come risponde?

Che è uno dei commenti che mi ha fatto più piacere e tra i più utili, perché mi e ci ricorda dei pericoli insiti in ogni proposta che cerchi di risolvere i problemi senza tenere conto del contesto in cui essa si applica, della storia passata e dei nuovi rischi che essa genera. Personalmente vedo da dove viene il timore di questo lettore ed a lui ricordo gli esperimenti di successo in epoche di crisi simili a queste, come quelle attuate nel New Deal degli anni Trenta, o le scelte che, all’uscita della seconda guerra mondiale, portarono i nostri politici ad unire un paese geograficamente diviso in due con un'esperienza come quella del servizio militare che ha fatto conoscere il nostro Sud al nostro Nord, permettendo a tanti ragazzi analfabeti di conseguire una licenza elementare e sbirciare un mondo diverso ed una speranza che non avrebbero mai avuto modo altrimenti di percepire.

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Anni 30

Oggi quell’Italia è cambiata, quel mondo è cambiato, ma la speranza di unire e costruire per il bene pubblico, per la coesione e per le opportunità per i più deboli no. Comunque stia tranquillo quel qualcuno: il suo monito è scolpito nella mente di tutti coloro che hanno sottoscritto l’appello, che, tra parentesi, sono già 400, tra cui molti giovani. Ma come minimo dobbiamo arrivare a 1000!

Sin qui il professor Piga. Ora non sfugge a nessuno che la disoccupazione dei giovani e purtroppo anche dei meno giovani è il nocciolo di questo Appello che vuole sollecitare i decisori istituzionali a uscire dal letargo del recinto dei piccoli affari o dal pensare in piccolo per cimentarsi, se ne sono capaci, in una sfida molto ambiziosa e rischiosa. Parliamo di investimenti che ammontano a svariati miliardi di euro l’anno e che richiedono una progettazione accurata e un controllo attento per evitare le trappole sul percorso.

Ma un governo come quello di Mario Monti, impegnato a limitare i costi dell’indebitamento e a dimostrare di essere un italiano diverso, seppure con lo spettro di una Grecia in fiamme alle porte, avrà il coraggio di impegnarsi in un New Deal?
Non lo sappiamo. Di certo ci vuole un nuovo Rinascimento come lo definisce il professor Piga o, meglio, un nuovo Risorgimento perché quelle generazioni di giovani che hanno dato la propria vita nell’ottocento attendono ancora uno Stato che risponda alle loro speranze, ai loro sacrifici. E c'è ancora tanta strada da fare. Intanto, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso ha chiesto la creazione di un apposito "action team" per combattere il fenomeno. L'idea del professor Piga potrebbe risultare utile.

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Barroso chiede la creazione di "action team" contro la disoccupazione
Fonte: Reuters Italia 31/01/2012


4 réactions


  • Damiano Mazzotti Damiano Mazzotti (---.---.---.251) 15 febbraio 2012 10:23

    Dalle mie parti si dice "Fatti e non pugnette".

    Finchè i cittadini, giovani e vecchi, perderanno tempo ad ascoltare i discorsi insulsi di vecchi ben vestiti e con la pancia piena che vivono in squallide oasi piene di agi, i cittadini si meriteranno questo mondo di merda...


  • Giorgio Zintu Giorgio Zintu (---.---.---.212) 15 febbraio 2012 11:01

    Alla redazione di Agoravox ho segnalato il fatto che è saltata la premessa all’articolo, senza la quale non si capisce la parte immediatamente successiva.
    "Uno spettro si aggira per l’Italia, la disoccupazione, in particolare quella giovanile, che ha raggiunto il 30%. Stando a giornali e televisione, sembra che la causa sia l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. La cura, sbrigativa, richiederebbe quindi la sua abolizione, accompagnata anche da contratti “più flessibili”. Ma è altrettanto semplice sostenere come questi contratti non otterrebbero altro che il perdurare di quelle forme di occupazione precaria e discontinua che poco hanno a che vedere con la “dignità” del Lavoro, con la L maiuscola."


  • Damiano Mazzotti Damiano Mazzotti (---.---.---.251) 15 febbraio 2012 11:52

    L’unica soluzione è far pagare molto più caro il lavoro temporaneo come fanno nei paesi nordici... e nell’avere un reddito minimo di cittadinanza come esiste pure in Grecia...

    Nessun giovane si lasciarebbe sfruttare in questo modo... Ma questa situazione fa troppo comodo agli imprenditori italiani da quattro euro (puliti all’ora se con partita IVA forzata) e ai loro amici coetanei politici, avvocati, commercialisti, ecc.


    • Giorgio Zintu Giorgio Zintu (---.---.---.212) 15 febbraio 2012 12:11

      Rendere caro il lavoro "temporaneo" era presente sin dall’istituzione di questa forma di lavoro insieme ad alcune limitazioni, ad esempio per alcuni settori produttivi e dei servizi o per periodi limitati. Invece poi tutte le maglie si sono allargate ed è passato di tutto,come vediamo accadere.
      Molti ignorano che neanche gli Ordini professionali tutelano i professionisti. Ci sono Cliniche veterinarie che ogni mese assumono in prova un veterinario giovane, lo fanno lavorare gratis anche di notte e alla fine del periodo lo cambiano con un altro disgraziato. E quelli che rimangono lavorano a 3-4 euro l’ora. E questi giovani devono pagare poco meno di 2 mila euro di ente obbligatorio previdenziale. Ma che paese è mai questo?


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