lunedì 26 settembre 2011 - Fabio Barbera

Informare come Formiche, tra il web e l’edicola il prodotto editoriale fondato da Paolo Messa

Cosa fa un gruppo di trentenni con passione civile e curiosità per tutto ciò che è politica, economia, affari internazionali e cultura? Dà vita e continuità ad un progetto culturale che fa perno anzitutto su una rivista. Si tratta di Formiche, un mensile appunto. Ma non solo. Sotto questa sigla si nasconde un progetto culturale ed editoriale che, nato nel 2004, è cresciuto e si è fatto più ampio e oggi può vantare anche un semestrale in lingua inglese, Anthill.eu, una collana di libri con Marsilio, un programma di seminari a porte chiuse (Landscapes), una Fondazione onlus, un sito internet e Formiche social club, un cantiere di social networking. Ne parliamo col suo fondatore, Paolo Messa.

Salve professor Messa, diamo un profilo all'iniziativa editoriale che portate avanti con successo, cos’è “Formiche”?

Formiche è un progetto culturale e politico. Cerchiamo di dare voce e rappresentanza a quella parte di popolazione laboriosa, risparmiatrice ed anche, mai come oggi, “incazzata”. Siamo nati nel 2004 per animare un'area – quella considerata di centro – che sembrava più dedita alla nostalgia che al progetto. In quel momento contestavamo l'idea di Berlusconi e di Tremonti di tagliare le aliquote fiscali senza intervenire sul debito pubblico. Oggi siamo ancora qui ma in una condizione rovesciata in quanto deteriorata: le tasse aumentano anziché diminuire proprio perché non si è ridotto lo stock del debito.

Come AgoraVox anche voi vivete molto il web, com’è cambiato il modo di fare informazione con l’avvento di Internet e dei profili legati all’informazione, dei blog, del citizen journalism?

In realtà, il nostro è un prodotto editoriale che si basa ancora molto sulla carta, sulla sensazione tattile che ancora può offrire una rivista di nicchia. In questo forse c'è una visione snob: il web è potenzialmente per tutti, la stampa solo per chi la desidera. In ogni caso nulla toglie al valore straordinario che internet offre a chi intende comunicare: si tratta ormai di un pre-requisito, di qualcosa di cui non si può fare a meno. Semmai il tema per il futuro è come evitare che si crei una Babele in cui l'eccesso di informazione favorisca, per paradosso, i grandi gruppi editoriali. 

La rivista ha la particolarità di essere una pubblicazione che non gode del finanziamento pubblico e che non è organo di alcun partito o movimento politico. Una delle poche a non usufruire del finanziamento pubblico (come il Fatto Quotidiano), si sente l’esigenza nel mondo dell’informazione di costruire una reputazione differente svincolandosi dalla politica?

Formiche, Internazionale e Il Fatto sono – ciascuno con le sue peculiarità – l'esempio che si può fare buona editoria senza contributi pubblici e con successo. Il finanziamento dello Stato è stata una droga di cui si è abusato e che ha gravemente nuociuto al mercato della stampa e delle idee. I danni sono stati e sono enormi. E provate ad immaginare chi se ne è approfittato... la televisione commerciale. Lo scambio pubblicità al piccolo schermo in cambio dei sussidi alla stampa è stato come la sottoscrizione di un patto con il diavolo. Gli editori dei grandi giornali non hanno poche responsabilità. Comunque, adesso si può dire che un modo alternativo di fare editoria esiste ed ha, in misure diverse naturalmente, successo.

Lei è anche docente di comunicazione alla Sapienza, dall’apprendistato alla professionalizzazione del mestiere con i corsi di laurea cosa è cambiato?

L'Università svolge un ruolo educativo e formativo fondamentale. Poter dare un contributo civile in questo ambito, ed in forma assolutamente gratuita, lo considero un privilegio ed una fortuna. Detto questo, non mi sfugge che una professione non può essere il risultato automatico di una laurea o di una iscrizione all'Ordine. Nelle aule universitarie bisogna studiare ed imparare. Quel bagaglio culturale deve essere poi un patrimonio da spendere nel percorso lavorativo. Un percorso che non bisogna mai dare per scontato. Un buono studente è quello che studiando scopre che c'è ancora tanto da studiare e approfondire. Passione e curiosità sono due molle che, ben orientate, possono dare uno slancio non piccolo a chi deve confrontarsi con un mercato del lavoro molto difficile da aggredire.

Pierluigi Diaco (sul Foglio di Giuliano Ferrara) attacca le facoltà di Comunicazione e propone una petizione per chiuderle: http://www.facebook.com/l/lAQD-_jBHAQCafo0h7ZiAuvRz_hsTGk-1ahiai96f96w9fw/www.comuniclab.it/node/79936, che ne pensa?

E' giusto che i giovani siano coscienti di quali sono le opportunità che le singole facoltà possano offrire. Su questo – dobbiamo ammetterlo – si può e si deve fare ancora molto in più. Comunque, è sin troppo ovvio: tocca agli studenti decidere. Il resto sono chiacchiere buone per riempire gli spazi vuoti dei giornali.

Allora appuntamento in edicola e in rete, dove trovarvi sul web?

Il nostro indirizzo è semplice ed è facilmente accessibile, anche dagli apparecchi mobili. E' www.formiche.net.



1 réactions


  • Damiano Mazzotti Damiano Mazzotti (---.---.---.92) 26 settembre 2011 10:46

    Tra i consiglieri della rivista c’è Chicco Testa... Che roba è questa?

    La vera credibilità non è creata dal prezzolamento degli sponsor e della carta moneta... 


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