Il PD propone il Crocifisso in aula per legge
La querelle sul crocefisso, dopo la sentenza della Corte Europea di Strasburgo del 3 novembre scorso, continua a questionare l'identità italiana prima, europea poi. L'ultima soluzione: una proposta di legge del Partito Democratico per "legalizzare" la presenza del crocefisso nelle aule.
La querelle sul crocefisso, dopo la sentenza della Corte Europea di Strasburgo del 3 novembre scorso, continua a questionare l’identità italiana prima, europea poi. Franco Frattini si è recato, il 26 gennaio, al Consiglio d’Europa a Strasburgo (del quale la Cedu è emanazione) per rivendicare la necessità delle “radici cristiane” nel Trattato di Lisbona.
Il Ministro degli Esteri ha auspicato fortemente che il ricorso del Governo italiano alla Cedu venga accolto per “difendere un sentimento profondissimo del popolo italiano, un principio fondamentale che tocca l’identità del Paese”.
A rendere evidente questa necessità c’è un progetto di legge, presentato al Senato il 18 dicembre 2009, firmato niente popò di meno che da undici senatori del Pd: Stefano Ceccanti, Vannino Chiti, Franca Chiaromonte, Mauro Del Vecchio, Roberto Di Giovan Paolo, Paolo Giarretta, Giuseppe Lumia, Alberto Maritati, Roberta Pinotti, Giorgio Tonini e Tiziano Treu. Rifacendosi a due ordinamenti locali (uno in Baviera e uno in Castiglia), esortano il Parlamento alle "sue responsabilità” e a legiferare finalmente sulla questione del crocefisso. Sulla sua presenza o meno nelle scuole e nei luoghi pubblici in generale c’è, infatti, un “vuoto giuridico” che risale agli anni Venti: era stato dichiarato obbligatorio dal Ministro Rocco nel 1924, dichiarato parte degli arredi scolastici obbligatori negli anni Sessanta da parte del Ministero dell’Istruzione ma, con il Concordato del 1984 – con il quale la religione cattolica non è più considerata “di Stato” – le vecchie leggi non sono state né abrogate, né rafforzate. La Corte Costituzionale, in ultimo, con una sentenza del 2004, ritiene di non potersi pronunciare sulla questione perché “non competente”.
Cristo e la Costituzione
Con le seguenti premesse la proposta di legge è la seguente:
1) In considerazione del valore della cultura religiosa, del patrimonio storico del popolo italiano e del contributo dato ai valori del costituzionalismo, come segno del valore e del limite delle costituzioni delle democrazie occidentali, in ogni aula scolastica, con decisione del dirigente scolastico, è affisso un crocifisso.
2) Se l’affissione del crocifisso è contestata per motivi religiosi o di coscienza dal soggetto che ha diritto all’istruzione, ovvero dai suoi genitori, il dirigente scolastico, sulla base del princìpio di autonomia scolastica, nel rispetto dei princìpi di tutela della privacy e di non discriminazione nonché tenendo conto delle caratteristiche della comunità scolastica, cerca un accordo in tempi brevi, anche attraverso l’esposizione di ulteriori simboli religiosi.
3) Qualora non venga raggiunto alcun accordo ai sensi del comma 2, nel rispetto dei princìpi di cui al medesimo comma 2, il dirigente scolastico adotta, previo parere del consiglio di circolo o di istituto, una soluzione che operi un giusto contemperamento delle convinzioni religiose e di coscienza di tutti gli alunni della classe coinvolti e che realizzi il più ampio consenso possibile.
Religione e cultura sovrapposte quindi. E alla base il principio secondo il quale la croce smette di essere (solo) un simbolo religioso per assurgere a simbolo culturale di una nazione. La croce come il tricolore quindi? In Italia pare che stia prendendo questa connotazione. Sul Il Giornale del 10 gennaio scorso Marcello Veneziani parlava degli italiani come di un “grande popolo in un piccolo Stato, una nazione con una grande personalità e una piccolo-media statura”, tanta “italianità”, ma molto poca “Italia”. A dispetto di un’identità nazionale che pare debole, perché non consolidata, ci rivolgiamo al crocefisso invece che al tricolore. E ne facciamo una legge, arrabbattando, all’ultimo e di fronte a un’Europa che chiede sempre di più, un’identità che ha odore di sagrestia invece che di Costituzione.
Su Peacelink un appello per sostenere la sentenza della Cedu.