venerdì 17 aprile 2015 - SiriaLibano

Essere siriani all’estero. Il sorriso del poliziotto veneziano

(di Zanzuna). Prima del 2011 non conoscevo l’importanza di questa carta gialla che ho nel portafogli.

È il mio permesso di soggiorno italiano.

Sapevo che era la carta che mi consentiva di entrare in Europa e vivere in Italia, però non la tiravo fuori spesso e, se per caso la dimenticavo a casa, non era una tragedia.

Dopo il 2011 tutto è cambiato. Ora fuori dalla Siria io valgo quanto vale questo pezzo di carta. Il mio passaporto siriano è diventato una condanna che viene sospesa solo quando tiro fuori questa carta gialla.

Era il 2013 quando ho capito bene questa realtà. Ero all’aeroporto di Parigi, pronta per volare a Beirut. Al controllo passaporti il poliziotto mi ha chiesto il visto. Io ho pensato intendesse il visto per il Libano e ho provato a spiegare che i siriani non avevano bisogno del visto libanese. Lui invece intendeva il permesso di soggiorno italiano che mi consentiva di passare per Parigi. Io povera cittadina siriana che non parla francese non avevo capito. All’improviso mi sono trovata circondata da poliziotti, e capivo solo Syrienne… Syrienne.

Alla fine ho capito: ho tirato fuori la mia carta gialla magica e tutto si è calmato. Subito i loro occhi mi hanno accolta e mi hanno fatto passare tranquillamente.

Però io ci sono rimasta male. Una vocina dispettosa dentro di me non è voluta rimanere dentro. Quella vocina dentro di me ha deciso di prendere in giro i poliziotti non mostrando subito la carta gialla e facendo finta di non capire.

Certo, non posso farlo in Libano. Molti poliziotti in Libano non aspettano altro che trovare qualcosa che non va per mandarmi indietro subito. Quindi lì sono precisa. Invece in Germania, Francia e – per dire la verità – anche in Italia, ho tentato di fare questo scherzo. Molti fanno come avevano fatto i francesi, si chiamano tra loro per sapere come posso essere lì senza la carta gialla.

A Roma un giorno sono arrivata con un’amica che non parla italiano che voleva cambiare i soldi. Ha dato i soldi alla poliziotta in aereoporto. La poliziotta ha chiamato non so chi per dire che c’era una siriana che cambiava soldi. Osservavo la mia amica da vicino. Dopo cinque minuti sono andata anche io a cambiare soldi e le ho parlato in inglese. Lei si è agitata di più. Ora le siriane erano due. Ma, mentre la mia amica aveva il visto italiano sul passaporto, io no, io avevo la carta gialla nascosta, almeno finché non ho capito che la ragazza era veramente preoccupata.

Perché lo faccio? Rabbia nei confronti del mondo? Mancanza di speranza? Non avere nulla da perdere? Non lo so.

Qualche giorno fa sono tornata in Italia. A Venezia. Non volevo fare scherzi perché dentro di me non è rimasta nemmeno quell’ironia… tutto buio.

Il poliziotto del controllo passaporti mentre cercavo la mia carta magica mi ha chiesto:


– Lei è spagnola?
– No
– Messicana?
– No, più pericoloso.
– Iraniana?
– Ancora più pericoloso.

Allora gli ho dato il passaporto e ha visto: nazionalità siriana.

È stata la prima volta dal 2011 che non ho visto una reazione strana. Anzi, ha avuto una reazione che assomigliava a quelle pre-2011, quando la gente sentiva la parola Siria e pensava a cose belle: l’archeologia, la lingua araba, la cultura.

Il poliziotto mi ha fatto un sorriso e mi ha detto in arabo: “Ahlan wa sahlan”. Non ha fissato molto la carta gialla come fanno gli altri. Mi ha fatto sorridere il cuore. Sono passata e gli ho detto grazie. E lui mi ha risposto ancora in arabo veneziano: “Afwan”.

Sono cose piccole, ma le cose piccole sono grandi quando non c’è altro.

Tempo fa camminavo a Povoletto nella provincia di Udine e guardavo il castello di Faedis da una piccola chiesa abbandonata. Laggiù è tutto verde. Non c’è altro che il verde tra la chiesa e il castello. Allora mi era venuto in mente di scrivere un romanzo su una storia ambientata nel Medioevo. Il contesto mi aveva fatto vivere dei momenti importanti, ero tornata col tempo a essere una di quella terra e a vivere emozioni legate al luogo e all’aria friulana.

Poi dopo il 2011 le cose sono cambiate. E ho dimenticato il romanzo, la chiesa e il castello.

Il sorriso del poliziotto veneziano mi ha invitato a rivisitare nuovamente quel posto. Il romanzo non posso più scriverlo. Ma sono sicura che il momento di pace lo troverò lì, uguale a quel sorriso.




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