venerdì 1 aprile 2016 - Fabio Della Pergola

Di Varoufakis e delle italiche miserie

È davvero difficile dare un giudizio scevro da pregiudizi sul nuovo “contenitore” politico di Yanis Varoufakis.

Da una parte ci sono le parole che l’ex ministro greco rilascia nelle interviste; parole con cui è difficile non essere d’accordo: l’inumanità europea - verso i ceti stroncati dalla crisi, verso i giovani, gli immigrati, i profughi - "balza agli occhi anche di chi non volesse vedere. E lui non fa sconti su questa mancanza di umanità.

I tecnicismi economici appaiono spietati ed è impossibile dimenticare che in fondo l’Europa, contrariamente alla meravigliosa utopia di Ventotene (e non è un caso che gli ideatori fossero Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, Ursula Hirschmann, non cattolici né stalinisti), è nata proprio come un cartello di interessi sul carbone e sull’acciaio.

Detto questo sorge la domanda che poi è la solita straziante questione della sinistra: morto il comunismo con chi si fa opposizione al capital-monetarismo-burocraticismo globale?

Le risposte che arrivano da DiEM25, lanciato da Varoufakis a Berlino nel febbraio scorso e recentemente approdato a Roma, sembrano indicare i soliti noti: esponenti della sinistra radicale molto autoreferenziali - frammenti ondivaghi e vociferanti, sempre litigiosissimi fra di loro ma sostanzialmente irrilevanti - a cui si aggiungono tre componenti invece significative, portatrici di teorie solide quanto discutibili (e in certi casi nefaste).

La prima è quella del populismo grillino (in altri paesi declinato nei termini - variamente diversi - dei vari Podemos et similia) cui DiEM25 ha dimostrato subito la sua acquiescienza dichiarandosi “né di destra né di sinistra” come da copione. Il che già lascia perplessi perché è banale ricordare che se fai una scelta economica - una qualsiasi - o sarà di destra o sarà di sinistra. Tertium non datur.

La seconda componente, ancora più inquietante, rimanda a quell’ecumenismo cattolico che fa di Jorge Bergoglio un leader da bosco e da riviera, definito “rivoluzionario” al suo primo apparire (quando ancora non si capiva nemmeno che cosa avrebbe voluto rivoluzionare) dall’intero arco della sinistra nostrana (dall’Unità a Vendola, da Benigni a Dario Fo) fino ai vecchi Radicali tipo Pannella o Pergameno.

Perfino Vauro, vignettista sempre caustico (e spesso di dubbio gusto) non ha esistato a disegnarlo alla maniera di Che Guevara senza che gli venisse un minimo dubbio sull’opportunità di identificare i due tenendo conto della loro diversa storia nel loro comune paese di provenienza, l'Argentina in seguito devastata dalla vicenda dei desaparecidos. Lapsus davvero imperdonabile.

Il cattolicesimo non ha mai abbandonato la sua dottrina sociale che, sostanzialmente, consiste nel convincere i ricchi ad aver “misericordia” dei meno abbienti, cioè empatia religiosamente riferita al cristo sofferente e poi opportunamente dirottata all’uopo sulla miseria dei "poveri cristi". Da qui deriva l’allungare un obolo ogni tanto, foss’anche nella forma (meglio di niente, ma sempre di carità si tratta) degli 80 euro governativi.

Di fatto Avvenire, il quotidiano dei vescovi, va in brodo di giuggiole per il tenebroso ribelle greco.

Infine fa la sua comparsa - una vera e propria rentrée - la componente potoppina (da PotOp alias Potere Operaio) del movimentismo, fallimentare e angosciante, di quarantacinque anni fa (più o meno). Che non sarebbe poi gran cosa, se adeguatamente disciolta nel gran calderone europeo progettato da Varoufakis, ma che non è solo portatrice di una prassi fallimentare quanto di un certo qual intellettualismo tuttora in voga.

A tracciare il quadro di questo ambito culturale ci ha pensato qualche mese fa Alfabeta 2 su Rai5, presentato con entusiasmo (non poteva essere che così: chi si somiglia si piglia) dal Manifesto.

Il link - oggi si dice così - unisce Toni Negri e Massimo Recalcati, nuovo vate di Repubblica, cui aggiungere la filosofa Luisa Muraro, esponente italiana del femminismo poststrutturalista (rigorosamente contrario alla maternità surrogata, non sia mai: «risulta che quando c’è un contributo di materiale genetico degli aspiranti genitori il legame [con il bambino] sia più forte»), fino a Aldo Nove, scrittore diventato un caso per un suo controverso articolo su Queer di LiberazioneL'ano tra sesso e rivoluzione»). Se è da lì che deve passare la rivoluzione, come sosteneva quella teorizzazione, non c’è da stupirsi se poi le cose sono andate a scatafascio.

Dietro a tutta questa roba non è difficile risalire alla materia prima foucaultiana: ce lo ha raccontato in tempi recenti, lo stesso Toni Negri di cui sopra.

La domanda da fare a Varoufakis quindi potrebbe essere: con questi qui vuoi riportare l’umanesimo in Europa? È con questo miscuglio di rottamati pseudorivoluzionari, papisti da avanspettacolo e populisti che l'Italia darà il suo contributo all'unione europea prossima ventura?

Lo so, la domanda è difficile. Ma io confiderei in altro.

A meno che non valga ancora il detto "chi si somiglia si piglia".

 




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