giovedì 6 agosto 2015 - Francesco Grano

"Chicago P.D.": il serial poliziesco (di mezza estate) che non ti aspetti

Al via su Italia 1 Chicago P.D., il nuovo serial poliziesco di Dick Wolf, creatore di Chicago Fire.

 Negli ultimi anni, la serialità televisiva ha trovato, nella calda stagione estiva, una complice in grado di offrire un vero e proprio banco di prova a quelle serie che, in attesa delle più ricche programmazioni autunnali/invernali, cercano di arginare il fuggi fuggi dei telespettatori (con relativo calo di audience) e di dar un freno all’eterno “campionato” di zapping che spesso affligge il medium televisivo nelle lunghe e afose sere estive di casa nostra. Ultimo arrivato a cui spetta questo arduo compito è Chicago P.D. creato da Dick Wolf. Nato da una costola di Chicago Fire (serie sempre creata da Wolf) Chicago P.D., spin-off che incrocia i propri personaggi con quelli della serie madre, è il nuovo poliziesco che ha debuttato in chiaro (dopo esser già passato lo scorso ottobre sui canali pay-tv) su Italia 1, portando una ventata di freschezza nei nostri palinsesti spesso (e volentieri) colmi di eterne repliche di tutti i tipi.

La serie ruota intorno al 21° distretto di polizia di Chicago ed al suo team di intelligence capitanato dal sergente Henry “Hank” Voight (Jason Beghe). Ogni giorno i membri della squadra di Voight si trovano, insieme ai colleghi di pattuglia, alle prese con i più efferati crimini e traffici illeciti che prendono le mosse nella città del vento. Schierati in prima linea e senza un attimo di tregua, gli eroici poliziotti di Chicago si lanciano in una dura lotta al crimine, cercando in tutti i modi di ripulire le strade dalle numerose gang e cartelli vari.

Già con i primi tre episodi, Chicago P.D. ha messo in mostra i suoi punti di forza su cui (si spera) sembra sia stato concepito l’intero serial: con un inizio in media res e un tasso di tensione e azione costante che, nei primi due episodi (che possiamo considerare un unico e lungo pilot di 80 minuti, dato il continuum della trama tra i due), ha raggiunto un climax a dir poco adrenalinico e un terzo episodio in cui, la componente decisamente action, ha bissato gli episodi precedenti. Inquadrature frenetiche e con angolazioni varie e ideali (che tuttavia lasciano spazio ad inquadrature molto più tranquille e “classiche” nei momenti di calma), uso della steadicam à gogo, zoomate rapide e sporche e un montaggio ad hoc, non fanno che accrescere quel senso di sentirsi partecipe all’azione. Il telespettatore, annullando il suffisso tele, diventa spettatore embedded tra le strade di Chicago di fianco agli uomini in blu.

Tuttavia ciò che veramente arricchisce (ed impreziosisce) lo spin-off di Chicago Fire non è tanto l’azione poiché, effettivamente, questa non è una novità per chi segue le serie poliziesche, ma la perfetta definizione dei singoli personaggi, ognuno con un proprio background, con le personalissime difficoltà di conciliare lavoro e vita privata e che, con non poche problematicità, cercano di nascondere gli scheletri nell’armadio che si portano dietro. Personaggi non banali, dunque, e ben caratterizzati, che mettono in luce e senza fronzoli o giri di parole la loro indole, il loro modo di applicare la giustizia. Perché Chicago P.D., diversamente da altre serie, non mette in scena poliziotti ligi e onesti ma agenti che non ci pensano su due volte ad usare le maniere dure: su tutti il protagonista principale interpretato da Jason Beghe, il sergente Voight, reintegrato nel police department dopo una condanna ancora non ben chiara, dai metodi spicci e molto spesso al limite (ed oltre i limiti) del proprio “scudo”, del distintivo. A lui si aggiungono la detective Erin Lindsay (Sophia Bush) con un passato oscuro e che riconosce in Voight una sorta di padre putativo, e il detective Antonio Dawson (Jon Seda) vice di Voight e padre di famiglia.

Chicago P.D. è, quindi, un serial veramente ben confezionato e che non delude assolutissimamente nei contenuti e nelle aspettative; un poliziesco reale, duro e crudo (e lo ha dimostrato fin dalle prime battute iniziali e con la brutale e drammatica uscita di scena di uno dei personaggi) che non nasconde le influenze di stile e tòpoi dei polizieschi cinematografici, sorta di “fratelli maggiori” ma, anzi, li tributa (la sequenza del secondo episodio alla Union Station di Chicago, luogo reso celebre dalla famosa e indimenticabile sparatoria sulle scalinate nel depalmiano Gli intoccabili, 1987). Arricchito dalla presenza di Elias Koteas, volto noto del panorama cinematografico, Chicago P.D. ha tutte le carte in regola per diventare la serie cult di questa estate e, così, appassionare sempre di più i telespettatori alle storie degli uomini e delle donne del distretto 21, che lottano senza sosta e senza quartiere contro il male criminoso e che cercano di portare a compimento il proprio end of watch giornaliero per poter tornare sani e salvi dalle proprie famiglie e affetti.




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