Marina Serafini Marina Serafini (---.---.---.72) 7 novembre 2020 02:22

Io credo che la sofferenza degli altri spaventi, perché costringe a fare i conti con sé stessi in maniera nuova. La nostra modalità frenetica di vita toglie tempo alla riflessione, non c’è tempo per pensare, tanto meno per vedersi proiettati in una realtà di disagio che possa sconvolgere il nostro tram tram. Poi accade: qualcuno, vicino, ha bisogno di noi. Occuparsene ci rallenta e mette tutto in discussione. Non è facile lasciare le certezze, tanto meno confrontarsi con una realtà imperfetta che è cosí distante da quella fotoshoppata che ci propinano i media ogni giorno. Anche gli anziani, nella pubblicità, sono sani e indaffarati, sono attivi e felici.. Ma la realtà concreta é altra cosa. I nostri organismi si logorano, sono a tempo. La società moderna si fonda sulla produzione, e chi è rimasto con poche forze resta fuori, in un limbo di chiaroscuro la cui gestione é demandata ad altri paria, a stranieri per lo più, definiti badanti.... L’umanità ha perso il valore della storia, della trasmissione e della memoria. Non sappiamo più valutare l’importanza dell’esperienza vissuta, perché oggi tutto si consuma rapidamente, tutto diviene obsoleto, superato. Una volta gli anziani erano rispettati, curati e venerati come fonte di saggezza e di consigli di vita; a loro erano affidati i sogni ed i giovani, affinché venissero orientato nel futuro...Oggi quegli stessi anziani sono costretti a raggomitolarsi nel loro passato, in isolamento doloroso e ossessivo, perché il presente non ha nulla da offrire nè da chiedere loro. In preda al folle egoismo colonizzatore, noi devastiamo e deprediamo, consumiamo e tagliamo i ponti alle spalle. Siamo vittime della cecità di chi non ha memoria: l’abbiamo persa, rinunciando ad una fondamentale risorsa per il presente e per il futuro.


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