Doriana Goracci Doriana Goracci (---.---.---.216) 26 aprile 2020 14:42

Dopo Helin Bölek muore anche Mustafa Kocak.L’assassino si chiama Erdogan

E’ un drammatico aggiornamento, purtroppo, lo ricevo dalla Bottega dei Barbieri, che leggete anche qui spesso su Agoravox Italia:

Prima, il 3 aprile, un lungo sciopero della fame ha spento la vita di Helin Bölek. Poi, il 23 aprile, muore nello stesso modo Mustafa Kocak… Ma l’assassino è sempre lo stesso: il fascista Erdogan che nega la libertà al suo popolo e ai curdi.

Helin e Mustafa facevano parte di Grup Yorum. Cantavano contro ogni ingiustizia, cantavano anche «Bella ciao». Mentre in Italia ricordiamo i 75 anni dalla liberazione dal nazifascismo dobbiamo urlare che Erdogan è un fascista, come Hitler e Mussolini, e aiutare chi lo combatte. [QBEA: questa bottega è antifascista]

Non si può stare in silenzio davanti a questi crimini

di Antonello Pabis

In questo tempo di Coronavirus, di superpoteri concentrati in pochissime mani e provvedimenti schizofrenici, troppo spesso prevalgono la paura e il senso di impotenza. Occorre invece reagire, non perdere la lucidità e il senso critico, partecipare alle catene di solidarietà, attivarci affinché in tutto il mondo prevalga il senso di comunità. Nessuno va lasciato solo, gli ultimi devono essere sostenuti e sospinti in avanti, perché cambi la percezione delle priorità sociali, del cambiamento di modello sociale: dove finalmente tutto sia concepito per essere funzionale al benessere della persona e alla salvaguardia dell’ambiente in cui si vive.

Questo banalissimo ragionamento dovrebbe spingerci a risollevare la nostra capacità di reazione contro quanto – tragicamente e in tutto il mondo – sacrifica l’umanità, in testa l’infinita sete di dominio e di sfruttamento del capitalismo moderno.

In questi giorni, seppure imprigionati nelle nostre case, abbiamo più tempo per ragionare e opporci a ciò che sempre più è evidente, drammatico e ben più grave del Covid 19: si chiama barbarie.

Una delle innumerevoli manifestazioni di questo abominio è la storia dei Grup Yorum, un gruppo musicale turco, di amici della libertà e della democrazia e quindi amici anche della eroica resistenza kurda. Famosi nel mondo, si ispirano agli Intillimani, hanno pubblicato venti album fino a quando sono finiti nel mirino di Erdogan, il Sultano turco e del suo regime totalitario.

Accusati di «appartenenza a una organizzazione terrorista» cioè il DHKC-P (Devrimci Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi) o comunque di fare propaganda per il terrorismo, i Grup Yorum vengono arrestati e incarcerati in trenta. Solo due componenti del gruppo musicale sfuggono all’arresto.

La cantante Helin Bölek e il chitarrista Ibrahim Gökcek, provvisoriamente in libertà, il 16 maggio 2019 iniziano uno sciopero della fame in nome della libertà di pensiero e di espressione; pochi giorni dopo si unisce a loro anche un terzo, Mustafa Kocak detenuto con la condanna provvisoria all’ergastolo.

La loro protesta viene censurata, il mondo non parla, i media tacciono, l’indifferenza internazionale è evidente, tanto forti sono gli interessi nel mondo legati al regime turco e al suo ruolo nei conflitti (e nella fuga dei profughi) in Medio Oriente.

Il 3 aprile, dopo 288 giorni di sciopero della fame e ormai ridotta a pelle ed ossa, muore a soli 28 anni Helin Bölek.

Il 23 aprile – dopo uno sciopero della fame durato 297 giorni – muore anche Mustafa Kocak, coetaneo di Helin.

Chiedevano un equo processo.

Mustafa è morto il giorno dopo che sua madre aveva cominciato il suo sciopero della fame, per aiutare il figlio e tutte le vittime della ferocia assassina di Erdogan. Per rivendicare pace, democrazia e libertà.

Ora si teme per la vita di Ibrahim Gökcek – 310 giorni di “astinenza dal cibo” – le cui condizioni appaiono disperate.

Le potenze internazionali sono conniventi. E complice, con i suoi silenzi, è anche l’Italia.

Non si può stare in silenzio davanti a questi crimini.

Così deve aver pensato Pati Luceri – già professore al liceo di Lanusei in Sardegna e noto per il suo impegno internazionalista e le sue battaglie civili – quando a Martano nel suo Salento, decide di unirsi a quegli scioperi della fame nello stesso giorno, forse le stesse ore della morte di Mustafà

Il suo messaggio è forte, è chiaro, è giusto! Ed è imperativo: non possiamo non prendere posizione!

Intanto si possono inviare adesioni, prese di posizione, autoscatti con un cartello di protesta – per esempio «solidarietà al Grup Yorum» o «Salvate la vita a Ibrahim Gökcek» – a questo indirizzo mail: [email protected]

Ascoltate e fate girare il concerto:

https://www.youtube.com/watch?v=OMnaLL8JkKg

Qui cantano Bella Ciao durante un grande concerto a Istanbul:

https://www.youtube.com/watch?v=Qwbh6ZHEiUc

IN “BOTTEGA” VEDI Helin Bölek: Bella Ciao per sempre

AGGIUNGO QUANTO TROVATO SCRITTO SU IL MANIFESTO

«Il mio nome è Mustafa Kocak, ho 28 anni. Ho vissuto con la mia famiglia a Istanbul fino all’arresto. Come uno dei quattro figli di una famiglia povera, ho passato la mia infanzia e la mia giovinezza lavorando qua e là. La mia vita è cambiata quando sono stato arrestato, il 23 settembre 2017».

Inizia così la lettera che Mustafa ha lasciato ai suoi avvocati e pubblicata dall’agenzia Bianet. Mustafa è morto 20 giorni dopo Helin Bolek, era ridotto a pesare 29 chili.

I due membri del gruppo marxista turco Grup Yorum, in sciopero della fame da mesi contro la durissima repressione scagliata contro il loro progetto artistico e politico dal governo, se ne sono andati uno dopo l’altra, ridotti pelle e ossa da una protesta estrema.

Mustafa Kocak si è spento ieri dopo 297 giorni di cibo rifiutato: chiedeva un processo equo, denunciava le torture subite.

«Tutto quello che chiedeva era un processo giusto, non gliene hanno dato la possibilità – ha commentato Omer Faruk Gergerlioglu, parlamentare del partito di sinistra pro-curdo Hdp – È diventato l’ultima vittima di un sistema ingiusto».

Nata nel 1985, con all’attivo 23 album, la band è da anni sottoposta al divieto di esibirsi in pubblico, mentre il loro centro culturale a Istanbul è stato perquisito e chiuso dieci volte negli ultimi due anni. Sei dei suoi membri sono tuttora in prigione.

Per l’accusa di aver passato armi a un’organizzazione terroristica (il marxista Dhkp-C) in violazione della costituzione, Mustafa è stato condannato all’ergastolo aggravato sulla base delle testimonianze di persone soggette a tortura, senza ulteriori prove, video, foto, impronte digitali.

«Il risultato di un processo pieno di illegalità, ha trasformato il suo resistente sciopero della fame in un digiuno fino alla morte – ha detto ieri uno dei suoi legali, Aysul Catagay – Lo hanno guardato morire giorno dopo giorno. Abbiamo perso Mustafa ma i digiuni fino alla morte continuano: gli avvocati Abru Timtik e Aytac Unsal non mangiano da 113 e 82 giorni, un altro membro del Grup Yorum, Ibrahim Gokcek, da 312».

È l’ultima ed estrema forma di protesta scelta da alcuni prigionieri politici nelle carceri turche, inascoltati da procure e tribunali prima, dalle autorità carcerarie poi.

Chiedono processi giusti, un’utopia nella Turchia del presidente Erdogan, soprattutto dopo il tentato golpe del 2016 che ha avviato una stagione di epurazioni, repressione e battaglia al dissenso che si è tradotta in un numero spropositato di detenzioni. Trentamila stimati su 300mila detenuti totali.




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