Marina Serafini Marina Serafini (---.---.---.24) 1 novembre 2016 18:23

Caro Leandro, è sempre un piacere incontrare intelligenze disposte al dialogo, pronte a confrontarsi con l’altrui pensiero.

Si, ho capito il senso del tuo discorso, ma credo che - essendo proprio le intelligenze umane quelle che vanno a ricrearsi in "ambiente diverso", difficilmente possono riprodurre il proprio modo "in maniera più semplice". Le emozioni sono degli starter fantastici, ma anche pericolosi se accompagnati all’ignoranza o alla malversazione. La storia ci fornisce una quantità infinita di esempi in tal senso.
L’essere umano si manifesta nella sua complessità, e purtroppo e per fortuna difficilmente una macchina potrà mai identificarvisi. Blade Runner è un vecchio - seppur epocale - film di fantascienza...
Tu lasci intendere che l’evoluzione tecnologica potrebbe nascere dall’esigenza di compensare una carenza interiore, chissà... Facciamo tante cose in compensazione, senza nemmeno avvedercene! 
L’importante è che poi abbiano anche una certa utilità.

Primariamente dovremmo riflettere su noi stessi, su cosa ci appartiene e su cosa ci manca. Quindi sul perchè ci manca, e su cosa ci impedisce di afferrarlo e/o di cercarlo.
Da un pò frequento una scuola sulla lettura delle immagini, quelle mentali innanzitutto (ne parlo spesso sul mio blog), le proprie e quelle che altri ci propongono. Si tratta di flash, di sogni, di film, di quadri, di espressione artistica in generale. Ed è davvero interessante accorgersi di quanto veniamo condizionati attraverso di esse, e di quanto esse dicono al mondo di noi stessi.

Nel film in questione - Ex Machina - il robot è il vero personaggio vincente, in quanto utilizza le emozioni proprie della specie umana per ottenere ciò a cui anela: la libertà. 
Il ragazzo invece, cade proprio in quell’errore di compensazione a cui tu fai riferimento: s’innamora di quella che sembra una donna, pur sapendo che si tratta di una macchina. Dovrebbe testarne il livello di intelligenza e lo fa inconsapevolmente e a proprio discapito, perchè ne rimane ucciso.Un uomo non può amare una macchina, nel senso che può utilizzare i modi che gli sono propri solo con i suoi simili. Una macchina ne ha altri, non li condivide. Al più può simularne la condivisione per fini ulteriori. 
Ed ecco che l’errore diviene fatale: il ragazzo perde la possibilità di tornare al suo mondo.
Per distinguere la simulazione dalla realtà occorre utilizzare strumenti di rilevazione e controllo propri della specie umana: questi si formalizzano attraverso il linguaggio universale delle immagini. Si tratta di una forma di computazione biologica, che l’uomo sperimenta da sempre in modo così frequente da dimenticare spesso di dargli la dovuta importanza.

 "Un sogno...Che vuoi che sia! Un flash...vabbè, chissà che mi è preso.."

Ma quelle immagini, le stesse che un artista ripropone nelle sue opere sono prodotte proprio da quella persona e in quel modo, in quel dato momento. Niente avviene per caso. Un altro individuo non potrebbe mai fare lo stesso nello stesso identico modo, proprio a causa della nostra individuale unicità.
Anche il corpo, per come si espone, rivela l’immagine di noi stessi...

Un linguaggio articolato ma condiviso con la nostra natura da sempre. Un linguaggio che conviene apprendere...




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