(---.---.---.234) 3 ottobre 2012 18:35

Cara signora, ad una prima lettura, non si può non essere d’accordo con quanto scrive. Quanti di noi, infatti, si sono posti le stesse domande, sentendo interviste preconfezionate e, soprattutto, selezionate in modo tale da instillare in modo quasi subliminale il dubbio sulla autenticità della crisi? E già, percepiamo a livello inconscio l’assurdità della povera vedova con 500 euro di pensione che ne paga 400 solo di affitto, ma siamo così arrabbiati e prevenuti, che neghiamo alla ragione di trarne le debite conseguenze. In un certo senso, il suo articolo mette un po’ a nudo il lettore, gli toglie qualche fetta di prosciutto dagli occhi, se così posso esprimermi. 

E naturale quindi, come è giusto che sia quando si legge qualcosa o qualcuno ci costringe a riflettere, si cerca di approfondire, per capire come mai non ci eravamo resi conto di tanta evidenza!  Il fatto è che la vera crisi, prima che essere economica, è morale, come tutti i giorni siamo purtroppo costretti a prendere atto, ma soprattutto è una crisi di valori, che non sono solo quelli etici, pur importanti.

Meglio di me può risponderle Alexis de Tocqueville, in un brano illuminante che credo ben chiarisca il vero significato della parola CRISI, nel nostro caso, e forse valido non solo per noi. Molti cari saluti.

“Può tuttavia accadere che un gusto eccessivo per i beni materiali porti gli uomini a mettersi nelle mani del primo padrone che si presenti loro.

In effetti, nella vita di ogni popolo democratico, vi è un passaggio assai pericoloso. Quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente della civiltà e dell’abitudine alla libertà, arriva un momento in cui gli uomini si lasciano trascinare e quasi perdono la testa alla vista dei beni che stanno per conquistare.  Preoccupati solo di fare fortuna, non riescono a cogliere lo stretto legame che unisce il benessere di ciascuno alla prosperità di tutti.  In casi del genere, non sarà neanche necessario strappare loro i diritti di cui godono: saranno loro stessi a privarsene volentieri...  Se un individuo abile e ambizioso riesce a impadronirsi del potere in un simile momento critico, troverà la strada aperta a qualsivoglia sopruso. Basterà che si preoccupi per un po’ di curare gli interessi materiali e nessuno lo chiamerà a rispondere del resto.

Che garantisca l’ordine anzitutto!

Una nazione che chieda ai suoi governanti il solo mantenimento dell’ordine è già schiava in fondo al cuore, schiava del suo benessere e da un momento all’altro può presentarsi l’uomo destinato ad asservirla. Quando la gran massa dei cittadini vuole occuparsi solo dei propri affari privati i più piccoli  partiti possono impadronirsi del potere.
Non è raro allora vedere sulla vasta scena del mondo delle moltitudini rappresentate da pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o disattenta, che agiscono in mezzo all’universale immobilità disponendo a capriccio di ogni cosa: cambiando leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi, tanto che non si può fare a meno di rimanere stupefatti nel vedere in che mani indegne e deboli possa cadere un grande popolo.”


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