Sequenzialità >
Il responso delle urne ha diviso il Parlamento in tre forze politiche equipollenti.
Bersani ha avuto il compito di trovare una maggioranza di governo (alternativa al centro destra) con cui attuare il suo programma di “cambiamento” in 8 punti.
Quindi doveva cercare il dialogo con i tanti “delusi” del PD confluiti nelle file di Grillo.
D’altra parte Napolitano è al termine del mandato e non può certo “lasciare” con la nomina di un governo di minoranza. Dopo l’esito “burrascoso” dell’esperienza Monti, non poteva neppure riproporre un governo del Presidente.
Da qui l’impasse istituzionale che finirà con l’elezione del nuovo Capo di Stato.
Il nuovo Presidente, ove necessiti, potrà (sentiti anche i “saggi”) definire i contenuti di un suo “mandato” diretto a risolvere le “urgenze”.
Un’agenda puntuale e vincolante che peserà la “responsabilità” dei partiti.
Ciascuna forza politica sarà chiamata a “rielaborare”, in autonomia, i propri obiettivi e priorità in funzione del superiore interesse del paese. Pena un nuovo scioglimento delle Camere.
Cosa ben diversa dal chiedere a Bersani e al PD di andare a cercare, oggi, un “compromesso” politico con gli avversari di ieri.
C’è di più.
Con il ritorno alle urne toccherà a Grillo “convincere” il suo elettorato che M5S deve astenersi dal concorrere a risolvere i problemi della gente finchè non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti.
Ogni cosa ha il suo momento.
Come governare il paese non è performance da teatrino di Pantomima e Rimpiattino …
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