Ottimo articolo. Non posso che condividere pienamente il concetto fondamentale qui espresso: non è editoria. E grazie al cielo, aggiungo.
In ogni caso trovo che:
1. Si dia troppo peso al concetto di "a pagamento". Pubblicare con - ad esempio - Lulu è gratuito al 100% per l’autore, con tanto di ISBN. Dov’è il pagamento? Certo, giusti i riferimenti a Youcanprint, ma a ben vedere si tratta di servizi in surplus, non si è obbligati a pagarli. Diversi i casi di Narcissus e Lampi di Stampa, ma vi è libertà di scelta tra diversi portali, no?
3. E l’ISBN? E il deposito legale? Qui non difendo il PoD ma lo ammonisco gravemente. Alcuni siti si pongono come tipografi, si spacciano per pseudo-editori, ma la legge parla chiaro: il deposito legale (le famose 4 copie, o 2 se tiratura di meno di 200 copie) è a carico dell’editore. Ma l’autore cos’è? Editore di sé stesso? Non mi è capitato di leggere un regolamento di PoD che affermi con chiarezza "Tu e il tuo deposito legale arrangiatevi alla grande" oppure "Stia tranquillo, ci pensiamo noi!". La situazione continua a non essermi chiara; se qualcuno potesse chiarirmi la questione mi farebbe un favore.
In ogni caso, credo che i risultati migliori del Print-on-Demand non riguardino affatto l’autopubblicazione. Mi sembra che si tratti di un ponte, un ibrido in attesa della digitalizzazione della lettura e, in particolare, del self-publishing. Potrebbe essere interessante invece lo sviluppo nei casi del prestito interbibliotecario, delle edizioni universitarie (si veda il caso dell’Università di Firenze), delle ristampe di out-of-print.
Chi vivrà vedrà.
Cordiali saluti.
Matteo Bianco ([email protected])
Lasciare un commento
Per commentare registrati al sito