lunedì 19 luglio 2021 - Giovanni Pulvino

Whirpool: a pagare sono sempre e solo i lavoratori

La vicenda Whirpool di Napoli è emblematica. La delocalizzazione delle fabbriche italiane non è una novità. È solo l’ultimo episodio di una lunga serie

La multinazionale americana disattendendo l’accordo stipulato due anni fa ha annunciato l’inizio delle procedure per il licenziamento collettivo di 327 dipendenti della sede di via Argine a Napoli.

Per questo motivo i lavoratori hanno deciso una serie di proteste con cortei e persino con il blocco temporaneo dell’aeroporto di Capodichino. 

La vicenda per loro non è conclusa e come potrebbe esserlo.

Nonostante due anni di lotte e di scioperi la Whirpool ha dato inizio alla procedura di licenziamento che durerà 75 giorni. A nulla sono valsi i tentativi di mediazione del Governo. L’azienda ha ricevuto circa cento milioni di euro di aiuti pubblici per continuare a produrre nella città campana. Ed altri poteva riceverne, ma nulla è riuscito a far cambiare opinione agli amministratori dell’azienda produttrice di elettrodomestici.

La vicenda della fabbrica di Napoli è solo l’ultima di una lunga serie. Le imprese italiane ed estere acquisiscono i marchi più famosi del Made in Italy, approfittano degli aiuti statali ma poi delocalizzano. Spesso si tratta di aziende che producono utili, ma, nonostante ciò, si trasferiscono all’estero.

È la logica del capitalismo, è la logica del profitto a tutti i costi. L’obiettivo degli imprenditori non è il benessere dei lavoratori e delle comunità dove le aziende hanno la sede e gli stabilimenti, ma l’arricchimento dei proprietari.

Con la globalizzazione per le imprese è più conveniente produrre nei paesi dove il costo del lavoro e delle materie prime sono più bassi.

Niente di nuovo. Un’altra fabbrica del Sud sta per chiudere i battenti. Centinaia di lavoratori si ritroveranno senza un’occupazione stabile. 

Questa vicenda è l’ennesima sconfessione dell’efficacia del Decreto Dignità introdotto dal governo ‘Pentaleghista’, in particolare dall’allora ministro dello sviluppo Economico, Luigi Di Maio.

Ed è la dimostrazione dell’inutilità delle politiche di incentivi statali alle imprese private. I finanziamenti e le agevolazioni concesse per garantire i posti di lavoro non bastano, occorrono politiche industriali e piani di investimento pubblico nel medio-lungo periodo. Fino a quando la logica sarà solo quella dell’accumulazione del capitale, le delocalizzazioni continueranno, specie nel Sud Italia ed a pagarne le conseguenze saranno sempre e solo i lavoratori.

Fonte REDNEWS

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Foto da fiom-cgil.it



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